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L’abbaglio delle avanguardie

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Gli scontri ai cortei no vax, le minacce e i rischi di una stagione di tensione 

Quello al quale abbiamo assistito in molte città italiane e le continue notizie di iniziative parziali, locali, ma sullo stessa falsariga, organizzate in nome di un malinteso senso di libertà e di una sorta di dottrina no-vax, stanno mostrando pian piano, e neppure tanto, il vero problema che questi eventi manifestano nel nostro tessuto sociale: il rinnovarsi artificiale e provocatorio di iniziative che inserendosi in un tessuto di protesta sociale spingono verso altri lidi.

La stura a comportamenti simili ha un “illustre” epigono: Donald Trump. L’ex presidente americano ha infatti giustificato e quindi spinto le proteste che hanno portato all’attacco al Campidoglio degli Stati Uniti ma non nel solo senso materiale, ma nell’attacco a quel Parlamento ormai a lui non congeniale. Un atto eversivo che la storia analizzerà nel futuro ma che nel presente ha posto molti di fronte a qualcosa che da tempo non era all’ordine del giorno: la volontà di presunte avanguardie di diversa estrazione di inserirsi nelle proteste che nella società, in quella dei paesi democratici in primo luogo, appaiono nello svolgersi della vita del paese di fronte a problemi, questioni, nodi da sciogliere e in primo luogo affrontare.

Si tratta di un abbaglio patente perché ogni volta queste frange si impadroniscono di una sorta di parola d’ordine, la ammantano di tutti i valori da loro ritenuti importanti in quel momento come libertà e democrazia e la fanno diventare strumento per contrastare il sentire e il volere della maggioranza. Per far questo alzano il tono dello scontro non solo verbale e approfittano di circostanze della cronaca per uscire allo scoperto, inquinando in molti casi, le proteste altrimenti frutto di disaccordo, di scontro ma all’interno del sistema.

E’ un copione vecchio come il mondo si potrebbe dire, nel quale progressisti si comportano da reazioni e questi ultimi voglio gabellarsi come i primi nel senso di battersi per principi che tutti condividono. L’unica cosa che appare sempre evidente è che il punto di vista che rumorosamente e con violenza viene portato avanti è solo il pretesto per regolare vecchi conti, per tentare improbabili assalti alle istituzioni. E’ accaduto nel passato con le innumerevoli sigle della sinistra extraparlamentare, poi con quelle terroristiche e sempre con il contraltare degli estremisti di opposto coloro, cioè della destra estrema dai toni e dai simboli apertamente fascisti,

Nel primo caso, si è lungo parlato e discettato sui compagni che sbagliano attribuendo a questi movimenti seguìti di popolo inesistenti ma i cui fini apparivano realizzare improbabili forme di rivoluzione. Il risultato è stato la stagione pesante e di piombo come si dice del terrorismo brigatista e di estrema sinistra, una sorta di tentativo fallito per la reazione popolare e delle forze democratiche di assalto al palazzo di inverno in salsa italica.

Nel secondo caso assistiamo invece ad una sorta di fiume carsico che dalle origini della Repubblica, meglio ancora dalla dissoluzione del fascismo, hanno immaginato in molti modi di condizionare con la violenza e la sopraffazione il cammino delle istituzioni del nuovo stato e hanno punteggiato e continuano a punteggiare in diversi modi le diverse stagioni che il Paese sta affrontando. Una sorta di primatismo malinteso, ma violento. Le ultime forme in cui questo fiume carsico su sta manifestando sono le infiltrazioni non casuali nelle proteste dei no vax e contro il green pass.

Abbiamo parlato di abbaglio delle avanguardie ed è questo il senso da attribuire a quanto accade – accanto a tutte le forme democratiche e legali di contrasto al fenomeno che le istituzioni debbono mettere in atto senza se e senza ma, prevenendo e non  reprimendo. Per la sinistra si tratta di combattere al proprio interno quelli che sono movimenti o istanze eversive tout court. Per la destra di applicare con fermezza e con estrema chiarezza quelle che sono le norme costituzionali che impediscono la rinascita sotto qualsiasi forma del partito fascista. Ed anche in questo caso agire per contrastare idee di revanscismo e di eversione.

Le “avanguardie” hanno in comune la convinzione di rappresentare sempre la consapevolezza delle storture e delle cose da cambiare che altri non capiscono. Vivono in un costante ed onirico mondo dove la primazia del loro credo appare scontata e aliena da qualsiasi critica. In realtà hanno quelle che si dicono le traveggole, o scambiano come diceva l’antico detto “lucciole per lanterne”.

La responsabilità del loro proliferare è certamente in primo luogo non in chi le mette in essere ma in chi nelle istituzioni deve agire ai primi segnali del loro manifestarsi. E’ una vecchia questione e una altrettanto vecchia analisi. Nell’Italia dal dopoguerra sino alla Unione Europea, si è consentito in vario modo che questi mondi isolati e parziali crescessero di mezzi e consistenza sino a rappresentare pericoli da arginare. E proprio questo agire ha consentito la loro permanenza.

A ben guardare, sia da sinistra che da destra, si manifesta sempre un approccio morbido alle rispettive frange nella superficiale convinzione che possano da un lato essere usate ai propri scopi dall’altro che in caso di pericolo le si condanni fermamente. Per decenni questo è stato il copione. Oggi nell’Italia democratica di questi anni ci appaiono per quello che sono i conati di una forma di protesta che sotto sotto continua ad esistere ma che la politica in senso alto ha sempre saputo come affrontare, depotenziare, se necessario stroncare. La crisi della politica di oggi sta mostrando tutti i rischi ancora presenti che non possono essere soltanto combattuti con prese di posizione o con ukase di interventi autoritativi, ma con la consapevole azione nel paese per far capire e convincere delle necessarie forme di intervento a favore della società nel suo insieme e sminare così quel territorio opaco dove le cosiddette avanguardie tentano di pescare e proliferare.

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