Il pensiero di due filosofi francesi, van Middelaar e Pierre Manent
Quando si parla dell’Europa – intesa come Bruxelles – e dei suoi ideali (sempre se ce ne siano ancora, ndr), dei suoi valori materiali, economici e politici, ci si pone una semplice domanda per verificare quanto c’è di vero: “C’è ancora qualcuno in questo nostro Continente disposto, Dio non voglia, a difende questi ideali anche con la propria vita? “
Non sono un sondaggista, ma son certo che la percentuale di risposte affermative si ridurrebbe a cifre assai esigue; e anche con tanti zeri d’avanti.
No, siamo sinceri, nessuno morirebbe per questa Europa di tecnocrati e banchieri; semplicemente perché manca, a questa realtà fondata a Roma nel lontano 1956, una cosa fondamentale: l’anima.
Parola, quest’ultima, ormai vetusta, a cui probabilmente in pochi ormai credono, ma che pur tuttavia esiste e continuerà ad esistere perché è il fondamento di ogni cosa: togli all’uomo l’anima e l’uomo muore.
Ed è l’anima quello che manca alla nostra Europa, un ideale in cui credere, ritrovarsi, sentire le proprie radici. Diversamente, come è successo in questi ultimi tempi, si rischia di brancolare nel buio, in scelte politiche a cui non si sa o non si può intervenire; come, ad esempio, la recente fuga precipitosa e indegna dall’Afghanistan, dopo vent’anni di morti, di sperpero di miliardi, di una gestione statale confusa; tutto deciso, fatto e subìto senza fiatare; senza alcuna analisi e nessuna proposta seria. Fatti che dimostrano, senza tante chiacchere, di che pasta è fatta oggi l’Europa.
Tempo fa, un amico che vive in Francia, mi ha inviato un lungo articolo ripreso da una testata assai conosciuta nell’ambito della sinistra radicale, Le Grand Continent, legata ai laicissimi valori d’Oltralpe.
Leggendo rimasi sbalordito; parlava niente meno di ritrovare l’identità cristiana per l’Europa, troppo presto messa in disparte nella sua Costituzione.
Affermazioni e risoluzioni che nascono da un dibattito che ha trovato spazio nel giornale tra due dei più prestigiosi esponenti della intellighentia francese e non solo: il politologo Luuk van Middelaar e il filosofo Pierre Manent.
Entrambi gli studiosi dichiaravano favorevoli all’idea di riscoprire e valorizzare le nostre radici cristiane, estromesse stupidamente dai paladini del laicismo europeo, e ridare una identità che il Vecchio Continente sembra ormai aver perso da troppo tempo.
Una identità di valori che certamente il cristianesimo ha in sé e che può fare da argine ad un nazionalismo ottuso sempre nascente e dall’altra parte a quelle forme di neo-globalizzazione prive di una vera prospettiva sociale e né tanto meno culturale.
Ci siamo illusi, come tante “anime belle”, che la globalizzazione economica era ormai la strada maestra da cui non poter tornare indietro, la vera soluzione a tanti problemi, la via per la democrazia nel mondo e altre amenità del genere poi è arrivato al potere in Cina, Xi Jinping e ci si è risvegliati davanti a una economia certamente florida, ma dentro una dittatura con cui bisogna fare i conti e farli anche molto bene.
I ‘Sogni muoiono all’ alba’, diceva l’unico film realizzato da Indro Montanelli, e così, dopo anni di amorosi sensi con la globalizzazione, la delocalizzazione e le leggi del mercato, ci siamo risvegliati in un mondo completamente da rifare.
Per dare una risposta convincente e per ‘rimboccarsi le maniche’ bisogna, secondo i due filosofi, avere un collante credibile che faccia battere i cuori; per usare un modo di dire assai efficace, bisogna riscoprire la propria storia e l’Europa ne ha sicuramente a iosa; ed è proprio questa particolarità che diventa: “Il carburante di qualsiasi forma di organizzazione politica ed è ciò che l’Europa avrebbe maggiormente a disposizione, rinunciando ad usare. Un carburante che non può non essere la percezione del retaggio cristiano della cultura del Vecchio Continente” afferma van Middelaar.
“L’Europa è la storia delle nazioni cristiane – risponde Manent – che, a un certo punto, hanno fatto la scelta di limitare il posto della religione, di sopprimere il potere di comando della Chiesa. Tuttavia, il rapporto dell’Europa con il cristianesimo è una parte essenziale di questa storia”.
I due studiosi si dicono poi assai critici verso a coloro che hanno affermato che la storia dell’Europa comincia dall’illuminismo, come se prima ci fosse stato solo il nulla; oppure, ancora peggio, portare la nascita europea iniziando solo dai primi trattati di Roma negli anni Cinquanta del secolo scorso, “sarebbe addirittura autolesionista”.
Ritrovare la sorgente dell’identità cristiana offrirebbe all’Europa di tornare alle sue radici per una solida costruzione politica e dare una prospettiva geopolitica a questo estremo lembo di Asia, chiamato Europa, ma che ha dominato il mondo, è la terra che ha dato pensatori nell’ambito di una visione politica, economica, filosofica e sociale più ampia e unica nella storia dell’umanità grazie proprio al cristianesimo.
L’attestazione di questa realtà, chiude Manent, renderebbe l’Europa più forte e di fatto più adatta al dialogo con altri contesti: “Se fossimo un po’ più orgogliosi della nostra storia, sarebbe molto più facile far parte di un mondo plurale con civiltà che incarnano altri modi di vivere”. Fin qui tutto condivisibile, il problema è che oggi la Chiesa cattolica in primis dovrebbe farsi promotrice di queste istanze, così rivoluzionarie per i difficili tempi in cui viviamo, ma non è, purtroppo, più la Chiesa di Pio XII, forte nei suoi dogmi e con una gran massa di fedeli in tutti i continenti.
Oggi è una Chiesa sempre più laicista, sempre più legata alla rincorsa della modernità con tutto il vuoto che si lascia dietro dei suoi aspetti più sacri e identitari che ne indicano la sua autenticità e tutto viene gettato via per sposare idee sempre più lontane dalla sua storia.
Se i presupposti filosofici, non solo dei due pensatori francesi, potrebbero essere una svolta al pensiero dominante, manca, dunque, – ma è una mia personale visione – una Chiesa atta a prendere le redini di un nuovo Rinascimento europeo e non solo religioso, ma politico, culturale e, dunque, sociale come fu nei secoli passati.
Non vedo tempi maturi per questa svolta, ma il cammino della storia è talmente lungo che sicuramente arriverà il momento opportuno affinché la speranza di una Europa cristiana si possa finalmente avverare.