La parola

Cabala

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Il significato del termine sul quale si vuole dipanare la riflessione è certamente più ampio e culturalmente rilevante del senso che al termine si annette in modo comune e che si attaglia al ragionamento di queste settimane e di questi giorni nella nostra vita quotidiana .

Dunque “càbala (o càbbala) è vocabolo che deriva dal sostantivo femminile ebraico qabbālāh, che vuol dire propriamente «ricezione, tradizione». Con esso si intende il complesso delle dottrine mistiche ed esoteriche ebraiche circa Dio e l’universo, che si asserivano rivelate a un numero ristretto di persone e tramandate da generazione a generazione. In tale accezione il termine è usato non prima del 13° sec. (da Isacco il Cieco).

Nello studio e nella pratica della dottrina si possono distinguere in essa: una letteratura mistica in senso stretto, che tratta principalmente dell’esperienza diretta del divino e del conseguimento dell’unione con Dio attraverso tecniche varie (tra le quali ha particolare rilievo la kawwānāh, che è una forma di concentrazione meditativa); una letteratura più propriamente iniziatica (non sempre distinta dalla prima), in cui l’accento è posto sul carattere segreto ed elitario degli insegnamenti e dei riti; e, infine, una letteratura a carattere magico e occultistico. Gli stessi cabalisti hanno sentito la necessità di distinguere una c. ‘speculativa’ e ‘teoretica’ da una c. ‘pratica’ o ‘teurgica’. 

La parola non è solo appannaggio dell’ebraismo. Esiste anche una corrente cristiana, un movimento che ebbe inizio nel 15° sec. in ambiente extragiudaico e sul quale influì direttamente il pensiero di Ebrei convertitisi al cristianesimo. Assurse a grande notorietà con Pico della Mirandola che aveva appreso l’ebraico da Flavio Mitridate e in alcune delle sue 900 tesi volle dimostrare che in essa cabala era contenuta la prova della divinità di Cristo. Pico esercitò notevole influenza sull’altro grande rappresentante del movimento, Johannes Reuchlin, che espose le sue teorie in proposito nelle due opere De verbo mirifico e De arte cabalistica, e poi ancora su Egidio da Viterbo e Francesco Giorgio Veneto. Al francese Guillame Postel (16° sec.) si devono le traduzioni dei due maggiori testi cabalistici, loZōhar e il Sēfer Yĕṣīrāh, grazie alle quali la loro conoscenza uscì dall’ambiente limitato del giudaismo. L’esempio di Postel fu seguito, nel Seicento, da Christian Knorr von Rosenrot (autore di una Kabbala denudata) e da Athanasius Kircher.  Successivamente le dottrine della cabala cristiana influenzarono in maniera notevole l’esoterismo francese, soprattutto quello di tipo martinista e massonico. 

Sin qui le fonti del dizionario che completiamo con altre due definizioni. Quella di arte che presume d’indovinare il futuro per mezzo di numeri, lettere, sogni. In particolare del lotto, serie complessa di operazioni aritmetiche attraverso le quali si pretende d’indovinare i numeri che si estrarranno; anche i libri che suggeriscono i numeri da giocare al lotto.

Ancora per qualche indicazione si parla di cabala come di raggiro, di imbroglio, di subdolo maneggio.

Nel linguaggio popolare, la percezione è quella descritta poco fa di arte che presume d’indovinare il futuro. Ecco allora che siamo giunti al nucleo del ragionamento rapportato ai tempi che ci capita di vivere. Sia che si concluda in modo positivo o si protragga per altro tempo, la cosiddetta corsa verso il Quirinale, rischia di assumere le caratteristiche proprio di questo ultimo significato.

Non è una descrizione impietosa o ipercritica. Ma la sensazione che si prova dinanzi al passare delle giornate seguendo il cammino periglioso e incespicante della scelta del futuro presidente della Repubblica.

Da un lato abbiamo le regole costituzionali, i meccanismi che prevedono votazioni e maggioranze necessarie immaginando un paese equilibrato, normale, dove la decisione sull’alto magistero di rappresentanza del popolo ha quasi un valore “sacrale” al quale si annette l’importanza dovuta e il valore concreto del ruolo che l’eletto andrà ad esercitare.

Dall’altro, lo spettacolo a dir poco surreale che troviamo ogni giorno e che l’impatto mediatico fa vivere esattamente come lontano dalla realtà ed inspiegabile per un paese in ben altre faccende affaccendato. Il cittadino tipo, quello che si vorrebbe mediamente informato, capace di capire il momento, rischia di non capire che cosa esattamente stiano facendo i 1009 delegati in rappresentanza delle istituzioni. Le prime votazioni e l’apparente dialogo tra sordi che si è manifestato, le divinazioni di giornalisti e commentatori alla ricerca dell’ubi consistam del momento, ci mostrano una sorta di teatrino poco appetibile, contornato di conciliaboli, riunioni, dichiarazioni, diktat, anatemi, ukase, veti e ogni altra mirabolante dote di strumenti che sembrano tesi più a far mancare l’interesse del paese che a suscitarlo. E’ questo forse il lato più drammatico di quanto accade dove per così dire la cabala, intesa nel senso più popolare, quello che a Napoli si direbbe la “smorfia”, potrebbe esercitare in pieno il suo valore (o disvalore a seconda di punti di vista)!    

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