Esteri

Un’economia di guerra all’orizzonte

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Chi scrive è nato otto anni dopo la fine della Seconda guerra mondiale e nei primi ricordi di infanzia che si affacciano alla memoria rammenta racconti e narrazioni sul paese in pezzi e sugli orrori ancora freschi dello spaventoso conflitto che sconvolse il mondo, senza confini. Racconti di orrore, di violenza, di cattiveria umana senza limiti, e narrazioni di quello che si faceva per sopravvivere senza più nulla o quasi. Tempi lontani si dirà, ricordi di un tempo che fu e del quale forse non si vuol neppure sentire parlare troppo per non rovinare la beata incoscienza di oggi, fatta di opulenza, di merci di ogni tipo, di garanzie di un tenore di vita mediamente sopportabile. E, come inconscio risultato di questo il non voler vedere, o sapere, quello che accade, il volerlo quasi incasellare in qualcosa che è lontano, di cui non siamo responsabili. Abbiamo tanti problemi noi, il motivo conduttore, non possiamo certo immolarci per quello che accade a qualche migliaio di chilometri da casa nostra. Aiutiamo, sì certo, mandiamo aiuti, svuotiamo i nostri armadi, riempiamo qualche sacchetto al supermercato o in farmacia. Ci ingegniamo a trovare qualcosa di utile e poi lo affidiamo ai volontari che come sempre si muovono e si mobilitano la dove c’è bisogno, c’è sofferenza e dolore. Ma vorremo tanto che tutto finisse e presto senza altri danni per noi.

È umano potremmo dire. Eppure, qualcosa stona come sempre. Quello che sta accadendo – è accaduto da oltre quaranta giorni – in Ucraina deve vederci molto più attenti e pronti. Anche nel 1915 e poi nel 1939, dopo la provocazione e le prime offensive militari di invasione molti si ponevano le stesse domande di oggi su quanto durerà e così via. I tempi cambiano ma il modo di avviare una guerra potremmo dire è sempre lo stesso. Si comincia a parlare di spazio vitale, di confini del proprio popolo, si nega il nemico, lo si considera minore, sacrificabile per l’obiettivo primario della propria popolazione. Poi lo si accusa di provocazioni, di offese secolari o protratte nel tempo e quindi pian piano si dà corpo al perché (soltanto in senso letterale) dell’attacco, dell’invasione e via dicendo.

La guerra scatenata dalla Russia e dal suo presidente – perché di guerra si tratta contro un paese sovrano – sembra provenire dal passato, dal secolo scorso. Sembra tutto perfettamente inserito nel ventesimo secolo, quello definito breve e fonte di dolore, sofferenza e morte per decine di milioni di persone in ogni angolo della terra. E proprio seguendo questo copione, ogni atto successivo viene definito come centodieci anni fa e come oltre ottant’anni fa. È come se il mostro che ha devastato oltre la metà del secolo passato, sia rinato dalle sue ceneri. Quello che lo rende diverso in parte è quanto è prodotto dalle nuove tecnologie. In quel lontano passato erano dagherrotipi, primordiali fotografie e riprese prima in bianco e nero poi alla fine a colori a cercare di fissare quanto accadeva, per ricordo e per testimonianza. Così fu documentato l’indicibile dell’Olocausto e dell’eliminazione finale nazista e molte altre atrocità. Da allora sempre di più però le documentazioni sono aumentate e hanno svelato le violazioni dei diritti dell’uomo.

Oggi con i social e con i collegamenti internet può capitarci di vivere un bombardamento in diretta come anche la morte in diretta pur trovandoci a migliaia di chilometri di distanza. Quello che non cambia è la iattanza, la protervia, l’ottusità di chi organizza e compie il male e poi ne attribuisce le responsabilità sempre agli altri, il nemico in primis e poi quanti lo aiutano. Così ogni cosa sembra divenire “normale”. I bombardamenti delle città: propaganda del nemico; le uccisioni per strada, negli ospedali, nei palazzi: propaganda del nemico! Le esecuzioni per le strade delle città occupate: messe in scena con figuranti e comparse. E ancora, la reazione all’invasione: provocazione di bande di estremisti senza seguito popolare; gli attacchi ai militari russi: biechi attentati terroristici contro i liberatori!

Se non avessimo registrato in queste settimane che cosa sono stati capaci di affermare molti esponenti russi: dal presidente, al suo portavoce, al ministro degli esteri, avremmo qualche difficoltà a comprendere. Invece sono stati proprio costoro che ci hanno dato per la logica dei contrari la prova di quanto accaduto. E la tracotanza e l’ironia riferendosi a giornate di violenza, di scontri, di atrocità. Persino la morte di migliaia di propri soldati, naturalmente nascosta al proprio popolo, è stata considerata effetto collaterale sopportabile e infatti se non fosse per una sorta di samizdat perenne nella cronaca russa a Mosca, a Pietroburgo, ma anche a Krasnodar, a Novosibirsk e via dicendo, non si saprebbe ancora nulla. Migliaia di giovani poco più che maggiorenni mandati a morire senza sapere perché!

Di fronte a tutto ciò, dalle nostre parti si reagisce allo stesso modo di sempre, pensando alle prossime amministrative, a cosa fare questa estate e a tutte le questioni correlate. Voglia di normalità da un lato, assenza di veri danni ancora percepibili dall’altro. Persino l’aumento dei carburanti e del gas, diretta conseguenza di quanto accade e da mesi prima dell’invasione (mentre lo “zar” si preparava) sembra la scontata e noiosa ripetizione di qualcosa di già visto! Errore madornale.

Dal 24 febbraio 2022 il mondo è cambiato. Nulla sarà più come prima. I rapporti tra le nazioni, gli accordi, i commerci, tutti gli aspetti di una globalizzazione imperfetta saranno profondamente modificati. E soprattutto a mutare sarà il consesso delle nazioni e il modo di rapportarsi e di fare diplomazia: nessuno può prevedere come sarà il dopo, si possono fare solo supposizioni. Ma sarà un dopo, un nuovo ordine mondiale che tristemente ricorda molto quello vecchio dagli anni ’50 in poi. Molte cose sono cambiate, molte cose cambiano ogni giorno, ma la vera sfida è quella di impedire che logiche spartitorie tornino a condizionare la nostra vita e quella di tutti i paesi del mondo. Per questo la guerra dell’Ucraina che reagisce all’aggressione russa è una guerra per la democrazia e per la libertà, per la sovranità e per l’indipendenza!             

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