Pace e pacifismo, ovvero un fine nobile ed un’ipocrita degenerazione
Ormai (mai si dovrebbe cominciare un articolo così) è chiaro che quanto sta accadendo nel nostro paese, di fronte alla tragedia di una guerra insensata nell’orizzonte dell’Europa, indotta dalla follia lucida di chi ritiene di avere verità che noi non conosciamo, mostra, e non ve ne era certamente bisogno, che il popolo italiano dovrebbe cominciare a pensarsi come tale e non come corifeo di questo o quello. L’analisi spassionata della nostra quotidianità, l’immensa congerie di dichiarazioni, di ricostruzioni, di narrazioni del tipo “ecco perché accade questo, vi diciamo la verità sui fatti che accadono, la verità vera” e altre baggianate similari ci restituisce la fotografia deformata di un paese che non capisce più che cosa debba e voglia essere nel concerto delle nazioni. Non che crisi epocali o di identità non stiano cogliendo in giro per il mondo anche altre comunità, ma certamente per noi quello che appare è devastante, sintomatico di una involuzione impazzita!
Più che un paese siamo un caleidoscopio nel quale si riflettono posizioni, concezioni di ogni tipo, inconciliabili tra di loro, su piani diversi e tutti però corresponsabili della divaricazione tra ciò che è necessario ed opportuno e ciò che invece non lo è! La guerra ha attraversato il nostro territorio poco più di settanta anni fa. Un periodo lungo certo ma che non sembra trascorrere mai. Non nel senso che i fatti di allora non siano ormai sufficientemente conosciuti, ma per la considerazione immediata che il senso di quei fatti non viene impiegato per dare senso al nostro essere oggi, ma per rimarcare divisioni, differenze che furono e che oggi non hanno neppure più fondamento. Ma tant è!
Il dibattito politico sembra emergere come risultato di un frullatore. Dobbiamo decidere il nostro comportamento dinanzi alla guerra, sulla posizione che il Governo ha preso nel quadro delle alleanze non in nome di arbitrarie decisioni ed in condivisione di una visione europea, ma ci occupiamo del catasto, del reddito di cittadinanza, o di altre questioni che appaiono marginali di fronte a quello che accade. Ma per i nostri politici, quasi in fuga dalla realtà, tutto fa brodo. La sensazione di straniamento si accentua perché il confronto si sposta su tutti i territori meno che su quelli che servirebbero. Con il risultato che anche un nodo come quello del termovalorizzatore immaginato per la capitale diviene più importante della solidarietà, degli aiuti a chi soffre.
Sì, ma anche! La formula veltroniana immaginata con ben altri valori e visione viene piegata ad ogni piè sospinto dove serve. Un quadro deformato e deformante per ogni tema e per ogni scelta vi sia da fare.
Si dice ed è difficile scacciare questo dubbio, che le elezioni siano imminenti e lo sono quelle amministrative e sullo sfondo anche quelle politiche del prossimo anno. Proviamo ad immaginare che cosa arrivi al cittadino medio del confronto in atto sui grandi temi o su quelli più vicini! Orientarsi diviene una fatica di Sisifo.
Il partito democratico è a favore del governo ma deve tenere conto che alla sua sinistra si agitano pacifisti (ovvero la degenerazione di chi vuole la pace), ex comunisti o similari con il loro corredo di distinguo e di divisioni. Un variegato orizzonte di concezioni senza se e senza ma contro ovviamente ogni imperialismo che venga da occidente, quello da oriente è diverso, va compreso e analizzato (sic)! Per i dirigenti dem la sfida è certamente difficile: mantenere una connotazione di affidabilità e di governabilità, ma senza perdere del tutto i collegamenti con la maionese impazzita che si trova alla sua sinistra per la quale quel sol dell’avvenire non appare come quello che è: una gigantesca e tragica illusione per tutta l’umanità.
I cinquestelle appaiono sempre più prigionieri della loro stessa indeterminatezza. L’ex premier che li vorrebbe dirigere è schiacciato tra i governisti e il popolo del vaffa e per apparire cool ovviamente sposa ogni atteggiamento diverso, contrario, critico. Un po’ per celia e un po’ per non morir dice e si contraddice su ogni tema, lancia anatemi, accuse e rimbritti, ora come descamisado, ora come avvocato del popolo in giacca e cravatta. Il guru è silente ma intanto si sta riappropiando del controllo dei mezzi di comunicazione e sostentamento per poter così orientare da lontano il microcosmo impazzito in cui la sua creatura è finita. Ma forse il suo tempo è finito, solo che nessuno lo ha avvertito.
Il centrodestra è sempre più in crisi di identità tra le tre anime che sembrano inconciliabili e il cui unico collante sarebbe andare al governo insieme. Per Forza Italia, in galleggiamento ma ineliminabile per equilibrare il governo, il gioco è quello di esistere e contare per riaffermare il proprio ruolo di cerniera e di parte moderata tra la Lega in grave difficoltà identitaria e Fratelli d’Italia che ormai si immagina alla guida del variegato popolo conservatore almeno seguendo i sondaggi. Il carroccio è forse nella fase più difficile della sua storia recente e l’appannamento del leader comporta atteggiamenti di governo e di opposizione insieme che rischiano di essere indigesti ora ad una ora all’altra parte della gente leghista. Per gli eredi di quella che fu An e depositari di molta parte della storia della destra postfascista, il nodo è sempre uscire da questa sorta di limbo. Il che richiede però idee nuove e coraggiose e non ammiccamenti di qua e di là. L’affidabilità complessiva è un dato che non esiste di per sé, ma nel concreto svolgersi dell’azione politica.
Insomma, guardando lo scenario, la precisa sensazione è che troppe lucciole vengano scambiate per lanterne e viceversa!