La dura legge dell’economia si scontra contro velleitarismi e buonismi
Solo in apparenza la riflessione sembra spostarsi dalla guerra onnipresente da cento giorni nella nostra quotidianità agli altri problemi, peraltro, ad essa intimamente connessi. Così nel titolo la parola non ricorre, ma solo in modo volutamente causato. Per procedere infatti nell’analisi di essa occorre tenere conto e di essa non si può fare tristemente a meno.
Abbiamo indicato come antitetici due termini, il realismo e il vagheggiamento. Di fronte alla dura legge della guerra essi indicano due direzioni divergenti. Da un lato vi è quello che la cronaca ci fornisce con durezza, dall’altro immaginare quasi in un impeto romantico, di poter cambiare le cose immaginando che così esse possano mutare. Non soltanto pia illusione, ma anche dannosa. Se è vero che occorre far di tutto perché lo scontro finisca al più presto e si imbocchi la strada della trattativa e dunque l’impegno anche di chi combatte è trovare una via di uscita, immaginare che gesti personali o meno, ma in aperta divergenza con le necessarie scelte imposte ai governi dalla realtà cogente, possano costituire vie di uscita o di aiuto questo appare ed è assoluta velleità.
La storia della fine dello scorso millennio e i primi anni del nuovo ci hanno fornito vari esempi di personalizzazione dei problemi o di quella che è stata definita diplomazia personale, quasi che il lavoro di tessitura, di raccordo, di freno che il personale diplomatico compie da decenni ben consapevole della reale situazione di scenario potesse essere superato da strette di mano, incontri in splendide tenute o in dacie sperdute ma opulente, di personaggi a loro agio, in abiti di svago e intenti anche a sport di alto rango, alla faccia si potrebbe dire di chi aspetta risposte e tutto questo non ha. Populismo si direbbe a buon mercato nel criticare questi atteggiamenti. Assoluto realismo invece perché gli eventi sociali, bellici, storici potremmo dire non cambiano perché ci si incontra simpaticamente lontano dalle crisi ma sotto i riflettori.
La dinamica dei salvatori della patria, di coloro che vorrebbero incarnare il governante illuminato ma solo, l’autocrate duro ma comprensivo, il presidente dirigista a suo agio con chi ignora la democrazia e contro chi essa invoca per dirimere in pace le controversie, sono tutti fenomeni gravi, dimostrazione di regressione dei rapporti mondiali, tra gli stati, tra i popoli e al loro interno. C’è chi è contento di questo e pensa di poterne usufruire per realizzare malcelati intenti gabellati però per vere e proprie visioni guarda caso a favore dei popoli che se osannanti meglio è! È abbaglio pericoloso e foriero di gravi conseguenze future. La democrazia è considerata a buona ragione il sistema anche esso imperfetto ma di gran lunga il meno peggio di quelli disponibili sul “mercato”. Dimenticare anche per un momento questo è l’anticamera di errori che a cascata possono divenire valanga. Pensare che viaggi o tentativi personalizzati, anche se immaginati come atti di buona volontà possano essere utili è come andare in autostrada contro mano: bene che vada ci si salva ma a che prezzo non è dato sapere.
Chi guida il governo ha il dovere di arrivare alla sintesi delle posizioni al suo interno e nel paese e quando questa sintesi diviene operativa ogni atto divergente rischia di divenire pericoloso e dannoso oltreché mostrare più di ogni altra cosa il segno della divisione che a stento si cela perché parte di quella stessa maggioranza che sostiene l’esecutivo. Che questo avvenga alla luce del sole se è positivo per chi valuta i comportamenti dei singoli è negativo su ogni altro fronte. Scambiare lucciole per lanterne o immaginarsi ambasciatori di buona volontà mentre la sola logica imperante è quella della forza rischia di avere come risultato un ringraziamento formale per l’impegno che si vuole profondere da una parte ma zero risultati concreti nella pratica.
Se sforzi si vogliono porre in essere è opportuno procedere con la consultazione ampia di chi governa perché se accettato quello sforzo possa essere sostenuto e non un atto isolato. Altrimenti siamo al velleitarismo condito di visionari ed improbabili scenari. Soprattutto agire da liberi battitori mentre il paese è impegnato in una dura realtà anche economica frutto di scelte belliche altrui e quindi reazioni non attacchi, appare indicativo di divergenze sul senso stesso del perché si sta nella maggioranza che governa.
Tanto è vero che le reazioni negative a certe scelte vengono proprio dall’interno della forza politica della quale si è leader. Evidente avviso di una discrasia tra quello che si assicura un giorno e si critica il giorno dopo oltreché dimostrazione di malessere più generale dove si scorgono i problemi interni, locali, amministrativi, persino referendari alla ricerca di una fisionomia politica distinguibile in un agone che si mostra molto sfaccettato e in movimento su tutti i versanti.
La diversità di vedute, la propria particolarità politica devono essere armonizzate e non in contrasto continuo ed aperto con le scelte strategiche accettate e sostenute. A meno che non si vogliano assumere decisioni di rottura che in una stagione come l’attuale oltreché essere suicide potrebbero anche essere assolutamente dannose e inaccettabili per il paese.