Il senso di straniamento di una campagna elettorale senza capo né coda
Se tutti vogliono il bene del Paese, se tutti vogliono eliminare le diseguaglianze, le discriminazioni, se tutti vogliono ricondurlo su un sentiero di crescita che si materializzi in un nuovo benessere generale fatto di servizi efficienti, se tutti vogliono far valere i diritti e far rispettare i doveri e via dicendo, potremmo coprire l’intera pagina, allora che cosa ci sta a fare la crisi di governo e la chiusura anticipata della legislatura?
Qualcuno ha compreso con chiarezza che cosa sia successo e perché si sia arrivati a questa conclusione? A sentire i nostri politici di ogni colore, le spiegazioni sono lì davanti a tutti, la colpa è sempre di qualcun altro, i cittadini sapranno capire la differenza e decidere di conseguenza per assicurare al paese una guida politica rappresentativa. Parole, parole, senza costrutto e senza senso. Il nocciolo sta nella stagione irta di difficoltà ma anche piena di positive evoluzioni che le risorse che l’Italia troverà a sua disposizione nel cammino stabilito in sede europea potranno far divenire reale crescita e reale razionalizzazione di un paese confuso ma ricco di iniziativa.
Cosa fatta capo ha! Questo dice l’antico adagio. Fatta la frittata non si possono recuperare le uova. Quindi occorre tristemente guardare in avanti, in questo dopo fatto di incongruenze, di folli dibattiti, di confronti al color bianco su questioni certo importanti e divisive, ma secondarie nel momento in cui è la sorte della nazione nel suo insieme è in gioco e mai come oggi la situazione internazionale pesa come un macigno su quanto ogni stato deve decidere ed attuare al proprio interno.
Se in filigrana si guardano le fibrillazioni dell’arco politico che hanno preceduto la crisi, troviamo sulla strada scontri furibondi sugli stabilimenti balneari, sulle questioni attinenti al trasporto pubblico, taxi e simili, oltre che una congerie infinita di problemi locali, particolari, eletti però a paradigma di soluzioni indicate come necessarie pena che cosa? …… la crisi politica e di governo ovviamente.
Occorre ricordare che Al Capone non fu arrestato e condannato per i suoi omicidi, ma per evasione fiscale. Dunque le concessioni balneari e le fibrillazioni che ottomila chilometri di coste hanno potuto creare nel tessuto politico e amministrativo appaiono in tutto il loro valore, strumentale certo, ma reale!
E’ in questo ambito, in questo scenario, che problemi anche secondari, anche da decenni lasciati sullo sfondo sembrano essersi trasformati in altrettanti punti irrinunciabili dell’azione politico di questo o di quello. Come nei saloni del Titanic, mentre sullo sfondo della prua si comincia a intravedere la mole immensa dell’iceberg, così la nostra politica si interessa de minimis per non affrontare i nodi strutturali.
Qualcuno ha detto di recente che governare significa saper dire dei sì, ma soprattutto saper dire dei no! L’esatto contrario di quello a cui stiamo assistendo. Per non arrivare a dover decidere insieme, con i costi anche in termini di rappresentanza, i passi necessari al paese per ricostruirsi e tornare normale, nel momento nel quale le riforme, da tutti indicate, sottolineate, come irrinunciabili dovevano entrare nel difficile terreno delle scelte, si è preferito fermare tutto e aprire la solita stagione elettorale di sempre, il solito teatrino di sempre, dove ormai neppure si finge ma ci si comporta tranquillamente per quello che si è. Ed utilizzando i vecchi attrezzi, i vecchi argini, le vecchie distinzioni e diciamo così anche i vecchi e i nuovi arnesi!
Quale garanzia hanno gli italiani dinanzi al solito gioco dell’oca, al solito teatrino dei pupari, al solito dramma dei personaggi in cerca di autore di Pirandello? La risposta, se onesta, potrebbe essere devastante, dirompente e comunque negativa per la nostra collettività nazionale.
Ma tant’è, il 25 settembre andremo al voto, cosa della quale si sarebbe fatto a meno volentieri, e proveremo ancora una volta ad indicare qualcosa che i detentori della politica, un minuto dopo la chiusura delle urne e l’esito del voto, ricominceranno a fare, a disfare, a unire, a dividere, a distinguere, senza ritegno e senza vergogna, come da decenni questo paese è destinato a vivere. Ogni tentativo di modificare questa triste realtà si infrange sempre con le reali volontà, meglio ancora con le spinte ad ondate che la politica ci ripropone sempre le stesse, pur nel mutamento e nell’alternarsi apparente dei soggetti che intendono rappresentarla.
Ecco perché far ritrovare gli italiani alle prese con quel diritto al voto che resta una garanzia di esercizio democratico ma come accaduto per lo strumento del referendum rischia una crisi di fondo esistenziale, è grave responsabilità. Far apparire il Paese come nave senza nocchiero in gran tempesta, come una comunità che guarda al proprio ombelico mentre quello in gioco è l’ombelico del mondo, è una gravissima scelta della politica politicante. Impedire il cammino di riforme, di provvedimenti attesi e positivi, o quanto meno rallentarne la marcia in modo strumentale pensando al dopo, è comportamento indefinibile e gravido di elementi negativi. E da qualsiasi parte si guardi politicamente, un’inutile e stolta perdita di tempo!