La parola che si è scelta mostra come i grandi concetti, quelli che sono immediatamente percepibili, anche se non subito spiegabili, abbiamo bisogno di poche parole per essere trasmessi.
Se ci rivolgiamo come di consueto al dizionario, scopriamo che la saggezza richiede poche righe per essere spiegata. Potremmo dire ne richiede molte di più per essere compresa. Il termine deriva da saggio ed indica appunto, l’essere saggio. Si potrebbe sottolineare: ma guarda un po’? Allora è così semplice? Nel suo significato delinea la capacità di seguire la ragione nel comportamento e nei giudizi, moderazione nei desideri, equilibrio e prudenza nel distinguere il bene e il male, nel valutare le situazioni e nel decidere, nel parlare e nell’agire, come dote che deriva dall’esperienza, dalla meditazione sulle cose, e che riguarda soprattutto il comportamento morale e in genere l’attività pratica. Il vocabolo può essere riferito alle persone, al parlare e all’agire, a qualcosa di cui si dia prova. Si fa riferimento alle parole che ne denotato la presenza, o ancora a quella antina spesso tradotta in aforismi, modi di dire, piccoli concentrati di un bagaglio che viene da lontano, basato sull’esperienza e via dicendo, Saggio può essere un consiglio, una decisione, un provvedimento. Singolare l’impiego che se ne è fatto in passato come sinonimo di giudizio in riferimento a quella parte dell’arco dentario che in età matura occorre aver quasi sempre eliminato per evitare le conseguenze sovente difficoltose della loro presenza nella nostra bocca.
Sempre dal dizionario apprendiamo che di seggezza si parla per indicare, nella nozione più moderna, e nella sensibilità contemporanea, qualcosa che si connette spontaneamente all’idea di un’esperienza accumulata nel corso degli anni e concretizzata in un atteggiamento di prudenza, equilibrio, moderazione, profondità di giudizio. L’origine del termine è da ricercare nell’antico francese (e provenzale) sage, a sua volta derivato dal latino sàpere (attraverso un colloquiale sapium) nel senso di «avere senno», «avere intelligenza» (da cui sapiens, mentre il nostro «sapiente» si connette piuttosto all’idea di «avere conoscenza»).
Approfondendo un po’ lo scenario scprimao che l’idea non è stata affatto estranea alla cultura greeca. Sin da Omero, vecchiaia e saggezza appaiono associate e tutta l’antichità greco-romana connetterà la facoltà deliberativa (e in genere l’idea dell’autorità sapienziale) alla nozione di un’esperienza acquisita con l’età. Ricordando quel concentrato di saggezza antica ed umana in genere che si traduce nelle affermazioni di Esopo: si osserva che «l’azione è dei giovani, la decisione è degli uomini maturi, la preghiera è dei vecchi»).
Un altro spunto per parlare di saggezza è che essa non è legata alla conoscenza e alla cultura in senso proprio, ma è frutto anche dell’esperienza e di quel misterioso e per molti non comprensibile “saper vivere”. Diversa cosa è quel concentrato di saperi e di conoscenza che identifica quello che in greco si definisce il sophos, ovvero quello status di autocontrollo e di rispetto delle regole che delineavano nell’antichità il modus vivendi sociale.
Ma già nel corso dell’età arcaica la connotazione ‘specialistica’ veicolata da sophia tende a slittare verso un significato più ampio, e sophos non è più soltanto l’artista o l’artigiano in quanto maestro di una téchne, ma anche il ‘maestro di saggezza’, il ‘maestro di verità’. L’ambiguità del termine sophía rimane invariata per tutta l’età classica, pur vedendo progressivamente prevalere la nozione più recente di ‘sapienza’ su quella arcaica (e, in parte, ‘sinistra’) di ‘competenza esoterica’, strettamente connessa al campo di quell’intelligenza magica e per molti aspetti a-razionale o a-logica che i Greci chiamavano mêtis.
Sin qui il dizionario, per quel che compete a queste riflessioni possiamo aggiungere che il compito che spetta all’umanità e a coloro che in essa assumono o si apprestano a farlo, compiti di alto valore, di governo, è di grandissimo valore. Oltre la tecnica, la conoscenza specializzata, l’animo umano, la tendenza di esso ad altalenare, a vivere di emozioni spesso contrastanti, deve e non può essere altrimenti a conoscenza di quanti si avvicinano a quella che pomposamente si definisce la res publica, che in realtà siamo tutti noi nel nostro insieme organizzato e sociale.
Il governo della cosa pubblica è quindi il risultato sempre provvisorio ma necessario per il quale si assumono responsabilità, ci si presenta al giudizio dei cittadini, si affrontano e si cercano di capire ed orientare le possibili soluzioni. Una miscela altamente complessa e rischiosa che mette allaprova proprio la capacità di osservare gli avvenimenti nel mentre essi si producono cercando di trovare in essi il nesso, la logica che possa essere sensibile alle soluzioni.
La saggezza dunque è in sostanza la capacità pratica di guardare le cose, immaginare le soluzioni e provare ad applicarle consci della complessità dell’agire umano, dell’intrecciarsi delle idee, diverse, a volte antitetiche che devono però essere ricondotte ad una sintesi diversa e se possibile superiore, nel comune interesse di tutta la società, la convivenza e il cammino comune!