Attualità

Un panorama sospeso nel trapasso tra un esecutivo e l’altro

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La cesura tra realtà ed aspettative

Se ve ne fosse bisogno e, certamente, ce n’é, questi giorni che separano il voto del 25 settembre dalla riunione delle nuove Camere e dall’insediamento del nuovo esecutivo, se commisurate al quadro internazionale e alla crisi economica che minaccia di degenerare, dimostrano quello che ognuno pensa ma non riconosce: c’era veramente necessità di questa discontinuità dinanzi ad un quadro di riferimento drammatico ma immutato? La risposta in queste righe è certamente no!

Non potendo, non avendo e non essendo però in grado di influire su alcunché occorre porsi dinanzi alle cose come si sono venute evolvendo e prendere atto che siamo in una nuova legislatura, con un nuovo Parlamento, con un nuovo governo in arrivo del quale si attende non eufemisticamente ma praticamente la formazione per cominciare a comprendere dove l’Italia dirigerà la sua azione sia interna che estera, inserita come è nel sistema europeo e internazionale in grande fermento.

A contraltare di questo dato per così dire necessitato, previsto dalle norme e dalle procedure costituzionali abbiamo però un quadro di riferimento politico che solo a riflettere un po’ non può far correre i brividi sulla schiena, E questo non perché siano in pericolo i fondamenti della democrazia o per essa esistano rischi, ma perché il quadro politico ci si mostra in tutta la sua tela lisa e fatiscente. 

Non ci si fermi su chi vince o su chi perde o su chi può dirsi in bilico su questo crinale, ma sulla fotografia generale del Paese e del suo Parlamento. Non si può negare che molto sia cambiato nella rappresentanza politica rispetto a soltanto qualche settimana fa. Non si può negare che con legge “ordinaria” si sia compiuta una modifica costituzionale come se nulla fosse e per motivi che con la rappresentanza non hanno avuto a che fare, ma con non meglio precisate volontà di risparmio nelle rappresentanze parlamentari. Solo che il nuovo Parlamento è statao votato con leggi vecchie, vituperate e lontane nel tempo in modo siderale, da quel rinnovamento auspicato. 

La furia iconoclasta del taglio dei numeri ha rinserrato infatti le fila di coloro che non “potevano” uscire dalle Camere a scapito di coloro che si ritenevano al di fuori di questo rischio. Il risultato è una strana commistione tra soliti noti garantiti e soliti ignoti in arrivo. Non un elemento di grande soddisfazione per chi si poneva l’obiettivo di cambiare tutto. Nel paese del gattopardo questo è possibile soltanto se non cambia realmente nulla. In questo riferimento non si vuole indicare una realtà in particolare e soprattutto geograficamente identificabile con il grande romanzo in questione, ma una novità, questa sì rilevante, che caratterizza proprio le nuove rappresentanze, frutto di alchimie politiche e di dosaggi come sempre accade da decenni. L’impossibilità di esprimere preferenze se non nel quadro già previsto dai partiti, dalle loro liste e cristallizzati nelle schede di voto. Non un avanzamento ma un parcheggio nella nostra difficile situazione politica.

Ma un parcheggio che si va a calare in una condizione difficilissima e rischiosa nel quadro internazionale in termini strastegici, energetici, economici e via discorrendo. 

Se mettiamo in relazione questa condizione con il nuovo quadro politico la sensazione è molto complessa da descrivere. I numeri usciti alle urne dicono infatti qualcosa che sembra chiaro: chi ha vinto di misura, chi ha perso meno di misura, chi galleggia e vivacchia senza potersi porre come elemento dirimente. Entrambi gli schieramenti principali infatti ed anche quel coacervo che sono le aree meno identificabili, il fantomatico terzo polo e la galassia alla sinistra della sinistra, con in più l’incognita di cosa sarà il movimento cinquestelle del “descamisado in pochette” all’opposizione di tutto e di tutti, con parole d’ordine univoche ed insostenibili anche per il meno acculturato dei votanti e questo per la difficoltà di concepire proposte che ad occhio sono solo giustapposte e polemiche, non mostrano capacità di comprendere e spiegare in modo comprensibile il da farsi. 

Come sovente si ripete, il dopo elezioni sembra il proseguimento della campagna elettorale sotto mentite spoglie, appesantito dalla evidente condizione di crisi di chi deve leccarsi le ferite ma non smette di porsi quale unica alternativa avendo meno di un sesto dei voti degli italiani, da chi in condizioni dimezzate rispetto a ieri pensa di dettare legge nelle future coalizioni o al governo. Emerge in questo quadro di aggiustamenti progressivi, che denotano come sanno ormai tutti un gran fermento dietro le quinte, il dato di chi ha vinto di misura e si misura, si perdoni la ripetizione, con un passaggio che per la propria classe dirigente è certamente storico ed epocale. Un passaggio fatto di riservatezza e di consapevolezza, di come non sarà facile far tornare i conti di alleati già sulle barricate e dinanzi ai dubbi e alle misure che a livello internazionale si stanno prendendo nei confronti di quello che sarà il nuovo governo per la prima volta guidato dal partito formalmente schierato alla destra degli emicicli di Camera e Senato.

Da decenni un unicum che speriamo sia foriero di maggiore equilibrio e lungimiranza politica di accozzaglie spurie come gli esecutivi gialloverdi e giallorossi ci hanno condotto per necessità ed insipienza al governo di unità nazionale presieduto dal premier Draghi ed oggi al benservito e alla nuova pagina di cui nessuno conosce la trama! 

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