Attualità

Il sistema mentale bloccato che attanaglia e frena la nostra politica

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Tesi, antitesi e … sintesi 

Non è certo intenzione il misurarsi né da un lato con la filosofia hegeliana né poi con le evoluzioni successive sino al marxismo. Tuttavia l’impostazione fatta propria dal grande pensatore (secondo alcuni tratta dal pensiero di alcuni che lo hanno preceduto) e da lui poi portata alla piena maturazione, appare quanto mai interessante e utile al confronto con l’eterno dilemma che sembra avvolgere la dialettica se così possiamo chiamarla propria del nostro mondo politico, avvinto, avviluppato si potrebbe dire, nelle spire di un meccanismo infernale che dalla sua nascita rende bloccato e anelastico il confronto. Questo poi in un paese pieno di mille contraddizioni ma che riesce a camminare e a muoversi in equilibrio instabile sul terreno della democrazia.

Il nocciolo dell’oggi, all’indomani di un’elezione post ferragostana, di una formazione di governo autunnale e di una decisa accelerata pre invernale condizionata dai tempi e dai modi della legge finanziaria e della sua compatibilità in sede europea e mentre vanno svolgendosi i tempi di attuazione del Pnrr, è semplice: per chi ha vinto è forte la sensazione di assumere decisioni in aperto contrasto con la prassi a cominciare dall’etimologia di certe competenze ministeriali e di connotare la propria azione in modo decisamente conservatore in coerenza con le posizioni del partito di maggioranza relativa solo in parte calmierate dalle esigenze dei partner peraltro ammaccati; per chi ha perso ed in modo non prevedibile e per chi perdendo due terzi del proprio elettorato ha tuttavia mantenuto una minoranza di blocco, la ricerca dell’ubi consistam e di cosa fare in questa nuova situazione sta per ora seguendo binari inconcludenti e poco lungimiranti. E soprattutto in esclusiva demandati ad un essere contro a priori, senza nessuna analisi reale ma soltanto con la contrapposizione costante e si vorrebbe ideologica. 

Un atteggiamento che è connotato esistenziale di ciò che resta dei cinquestelle totalmente privi di ideologia politica e dell’estrema sinistra para ambientalista ma soprattutto mosca cocchiera di ogni antagonismo possibile ed immaginabile. Non si è lontani dal vero nell’immaginare nel pensiero di alcuni corifei di queste parti una sorta di situazione “resistenziale” (anche rischiosa), di contrapposizione anche violenta, nei confronti di cosa? Ma del fascismo diamine? Quello che vorrebbero sempre avere a ragione strutturale del loro agire congelato nel secolo passato e nelle sue tragiche contraddizioni, senza saper riconoscere con chiarezza che cosa è divenuto anche grazie a loro il paese che vorrebbero rappresentare e difendere da codesta minaccia.

Un atteggiamento, invece, che pur essendo caratteristica dell’impostazione di sinistra anche moderata, di quel centrosinistra mai nato nel nostro paese, ha trovato in molti casi una declinazione più moderna e più consapevole alla guida del paese da parte del partito democratico e di quelle aree che ad esso si richiamano o si richiamavano. Consentire che il riflesso condizionato, il comodo riflesso di sempre, impedisca di perseguire un confronto dialettico con il governo, fermo nelle posizioni da difendere ma costruttivo sulla sostanza dei problemi, e rifluire nel gorgo dell’antifascismo militante soltanto perché gli italiani hanno mandato alla guida del governo il partito più a destra nel paese, appare quanto mai discutibile, poco lungimirante proprio per consolidare e rafforzare la propria capacità di opposizione capace di tornare a vincere.

Il 2022 non è il 1922, occorre tenerlo ben presente sempre. Il paese di oggi non è – pur con le sue carenze e contraddizioni – l’Italietta che cadde nelle mani del duce. Di duci non vi è neppure l’ombra e continuare a foraggiare l’immaginazione in tal senso è stupido e incosciente. Quello che occorre è contemperare i diritti con i doveri, riequilibrare la ricchezza, aiutare i più svantaggiati ma non abbassando, semmai alzando l’asticella, creare le condizioni del lavoro, formare al lavoro quelle intere generazioni oggi allo sbando o in fuga. Non ci si deve beare delle belle e coraggiose parole progressiste se non sono in grado di sostenere il progresso perché non sono ancora comprese da fasce non certo piccole della nostra società. 

Ecco il punto: capire cosa è divenuta nel bene e nel male la nostra società nazionale, peraltro immersa nel sistema internazionale, individuare le sue criticità, i suoi punti di crisi, ma anche le sue potenzialità. Non dimenticare che chi oggi è al governo è sempre stato all’opposizione e dunque è sempre bene aver presente che le responsabilità di governo erano di altri, di molti altri, in molte e diverse stagioni politiche. Così dunque cercare di capire che cosa è divenuto il paese deve essere anche un’analisi coraggiosa di cosa si è fatto e soprattutto di cosa non si è fatto. Se il voto non premia occorre interrogarsi sul perché, non crogiolarsi nella comoda convinzione che gli italiani hanno sbagliato e vanno aiutati a capire. E’ un sillogismo vetusto e autoritario che non ha altro risultato che creare le condizioni nelle quali oggi ci troviamo. Gli italiani siamo tutti noi, la responsabilità è sulle spalle di tutti noi come singoli e come popolo. I distinguo non servono a crescere ma rischiano di congelare ogni crescita.

La riflessione ha avuto inizio con l’ambizioso riferimento hegeliano. Per rimanere con i piedi per terra va ricordato che il pensatore tedesco vedeva positività nel meccanismo della dialettica basata sulla proposizione di una tesi, dalla formulazione di una antitesi e poi nella risoluzione concreta della sintesi delle diverse posizioni. Quindi, anche solo a voler essere scolastici, fermarsi e rimanere ancorati alla propria tesi, rifiutare in radice ogni antitesi, quindi non misurarsi, non può portare ad una sintesi ma soltanto all’eterno riproporsi di tesi e antitesi in conflitto tra loro senza fine e senza costrutto. Una considerazione che riguarda certo i principali contendenti politici da destra a sinistra senza distinzioni, ma che in questo momento chiede all’opposizione un qualcosa di più del semplice contrapporsi e nel becero e inconcludente rimestare nel passato! E, questo, sto vale per tutti! 

O si arriva anche con fatica ma con equilibrio e saggezza ad una sintesi oppure il nostro povero paese non riuscirà mai a crescere e a liberarsi di retaggi e catene secolari!   

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