La scelta del termine questa volta oscilla tra due concetti sintetizzati in due parole in qualche nmodo collegate logicamente ma non coincidenti. In senso logico si può dire che venga prima preconcètto, poi pregiudizio. In entrambi i casi si coglie il senso negativo delle due accezioni se confrontate con quello che dovrebbe essere un confronto scevro da condizionamenti e raggiutno soltanto sulle cose concrete.
Il primo vocabolo, sostantivizzato, è in realtà un aggettivo composto dal prefisso pre e dal termine latino conceptus (part. pass. di concipĕre «concepire»). Seguendo il dizionario si sottolinea che in modo immediato il significato che si evidenzia è “concepito prima”. Se parla in presenza di idee o giudizî sopattutto quelli che vengono formulati in modo irrazionale, sulla base di prevenzioni, di convinzioni ideologiche, di sentimenti istintivi, spesso per partito preso e senza una esperienza personale: opinioni personali in sostanza che derivano da antipatia, avversione, ostilità.
Si parla infatti di una presa di posizione preconcetta, ovvero di un convincimento, un’idea, un’opinione privi di giustificazioni razionali o non suffragati da conoscenze ed esperienze dirette. Spesso si sente dire “il tuo ragionamento parte da un preconcetto erroneo; bisogna giudicare senza preconcetti; talvolta viene impiegato in luogo di pregiudizio, che con questo significato, è un vocabolo di uso più comune, più frequente nella lingua parlata. Va detto però che in questo caso si verte più su una opinione che viene dedotta da una valutazione, quindi pregiudizio rispetto a preconcetto si mostra come una fase in qualche modo successiva alla formulazione preconcetta per assumere i connotati di una posizione senza spirito critico.
Pregiudìzio, a sua volta è anch’esso termine formato dal prefisso pre e dal tremine latino iudicium, ovvero giudizio. Ed infatti la formulazione positiva di riferimento è nel diritto romano nel quale si specifica come azione giuridica precedente al giudizio, e tale da influire talvolta sulle decisioni del giudice competente. Nel senso di gran lunga più diffuso e connesso come detto al preconcetto si qualifica come idea, opinione concepita sulla base di convinzioni personali e prevenzioni generali, senza una conoscenza diretta dei fatti, delle persone, delle cose, tale da condizionare fortemente la valutazione, e da indurre quindi in errore. Pregiudizi si possono avere nei riguardi di qualcuno, su qualcosa; si può essere definiti pieni di pregiudizî. O ancora si può giudicare senza (o con l’animo sgombro da) pregiudizî. Oppure si dice che molti continuano ad avere pregiudizi. Si possono avere su tutto quello che ci riguarda e trovano piena esplicazione nella vita sociale potndo riguardare ogni ambito personale, professionale e via dicendo della viota di relazione. Si possono avere quelli di casta; morali, razziali, religiosi, sociali, politici, campanilistici e così via. Pregiudizio può essere anche una convinzione, una credenza superstiziosa o comunque errata, senza fondamento.
Un altro significato è quello di danno che può derivare agli interessi di una persona da un atto che pregiudichi, cioè comprometta l’esecuzione di una eventuale decisione favorevole del giudice competente. Per estensione e fuori del linguaggio giuridico, indica un danno in genere. Così si dice essere di pregiudizio, anche grave per la salute, per la reputazione. Lo si può recare e dunque danneggiare qualcuno o qualcosa.
Una lunga analisi che ruota si potrebbe dire tra i due termini quasi in un testacoda dove l’uno precede o segue l’altro, che ci porta ad alcune considerazioni su ciò che ci circonda nel nostro paese.
E’ evidente che il risultato elettorale e soprattutto la formazione del nuovo governo diretto dalla leader della destra si sia scontrato sin dal suo nascere, anzi potremmo dire prima ancora che nascesse, con l’apodittico e poco democratico a dire il vero, preconcetto e pregiudizio di essere collegato in qualche misura con un passato che la nostra democrazia si è messo alle spalle. La pregiudiziale, anzi per alcuni, l’ostracismo immediato è stato quello di sollevare accuse e critiche sull’aspetto storico teorico che secondo alcuni sarebbe il connotato principale della compagine dell’esecutivo.
Un riflesso condizionato certo, ma un atteggiamento poco lungimirante per due ragioni: il voto si è svolto in modo libero e democratico, gli italiani si sono espressi in modo netto ma non plebiscitario con ciò lasciando intendere che il credito che viene dato alla coalizione vincente e al partio in essa maggiore, non è incondizionato ma legato a quello che si saprà fare alla guida della nazione, dopo una legislatura bislacca e schizofrenica tutta giocata sull’irrazionalità della componente maggioritaria pentastellata, sul protagonismo poco sedimentato del leader leghista e poi sulla troppo compassata gestione del Pd, quale fosse depositario unico della volontà popolare. Infine con il governo di larga maggioranza composita di Draghi. Miopia quella del pd? Forse no, più probabilmente autoreferenzialità sempre meno referenziale e giocata sull’andare al governo spesso senza elezioni. Di qui la sorpresa poco accettata e cocente di un ben magro risultato che ne fa sì la prima forza per ora della sinistra, ma con grandi difficoltà identitarie e tallonato da un movimento senza identità e senza retroterra che si definisce di sinistra ma non sa neppure cosa sia!
Ecco perché sarebbe saggio non pensare in questo momento che l’unica identità possibile sia quella di sinistra perché intere praterie verrebbero lasciate agli altri e al tempo stesso si perderebbe quel lascito di governabilità acquisito nel tempo ma ormai molto ammaccato e da rivedere. Il pregiudizio frutto del preconcetto non vanno d’accordo con la razionalità e con il senso quello sì innato negli italiani di democrazia e libera scelta. Un dato che andrebbe tenuto in considerazione e non soltanto quando arridono le fortune elettorali o le circostanze fortunose!