Attualità

Una democrazia “sbloccata” ma ancora senza precisa identità

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A quando un paese finalmente maturo?

Il Parlamento ha varato la legge di bilancio a tempo di record dopo una formazione di governo  dai tempi incredibilmente brevi ed una crisi del precedente esecutivo anche essa a grande velocità. Dal 25 settembre in poi i tempi della vita politica e parlamentare sembrano aver accelerato in modo esponenziale. Mai nel nostro paese si è assistito a tutta questa serie di cambiamenti in un periodo temporale così ristretto.

Quello che è successo, però, realmente al Paese è molto più complesso e potrà avere conseguenze importanti e comunque rilevanti comunque la si pensi. E’ accaduto che dopo una legislatura turbo con mutamenti di governo e di colore politico di esso assai marcati ed una parentesi sulla quale molti cittadini hanno contato come un momento di sana riflessione, il governo Draghi, anch’esso però risucchiato nel vizio nazionale secondo il quale nessun esecutivo può lavorare e portare a compimento il suo lavoro in pace, si è giunti alle elezioni anticipate e ad un risultato assolutamente nuovo e diverso persino dall’arrivo inconcludente e irrazionale del movimento cinquestelle.

Gli italiani, mostrando ancora una volta di essere più saggi dei propri politici, hanno liquidato senza mezzi termini l’esperienza pentastellata nonostante il vociare querulo e a tratti “messianico” di chi si è oggi erto a suo profeta unico e intoccabile, avendo però come unico intento politico quello di attaccare certo il nuovo governo, ma soprattutto il partito democratico in crisi gabellandosi senza ritegno a rappresentante vero della sinistra. Solo che lui stesso e tutti coloro che lo seguono, non hanno mai saputo realmente di cosa parlano provenendo da una formazione e una tradizione politica neppure sufficiente allo zero. Non sanno chi sono e non sanno che cosa vogliono fare, ma sanno e vogliono essere a tutti i costi determinanti nell’opposizione, cavalcando qualsiasi cosa serva per opporsi a tutto e a tutti. 

Dal voto è emerso un quadro assolutamente inedito. La riduzione del numero dei parlamentari ha in parte minimizzato ma non serve molto per comprendere che qualcosa è cambiato e molto. Il partito della destra da sempre all’opposizione e per decenni relegato a comparsa almeno fino all’alleanza con Berlusconi, è uscito vincente dalle urne distaccando di quasi dieci punti il Pd. Nonstante la forte battuta di arresto delle Lega sotto alle due cifre e la sostanziale staticità di Forza Italia, la coalizione guidata da Fratelli d’Italia ha raggiunto una maggioranza assolutamente ampia, anche se non straripante. Tutto questo ha messo le basi per una legislatura che potrebe rivelarsi lunga e nel segno di questa novità: la destra alla guida saldamente di una coalizione di cento destra, fatto mai verificatosi nelle complicate alchimie alle quali la vita repubblicana ci ha abituati con dispendio di formule, aggiustamenti, alchimie difficilmente catalogabili. L’unica debolezza è potremmo dire in re ipsa, ovvero la possibilità di crisi risiede soltanto nei gruppi che fanno parte della maggioranza e del governo. Per il famoso adagio andreottiano secondo il quale il potere logora chi non ce l’ha, si può ritenere che la vita dell’esecutivo sia per ora sicura. 

Dove invece non vi è nulla di sicuro e la confusione e il disordine regnano sovrani è nel centrosinistra o per meglio dire nel partito democratico che mostra i segni evidenti di una consunzione totale della sua stessa ragion d’essere. Un rischio per la stabilità democratica del paese del quale i suoi esponenti non sembrano ancora sufficientemente consci e come mostra il cammino precongressuale non sembrano neppure pronti nell’affrontarlo. In questo spazio si inserisce come una sorta di pirata il leader cinquestelle che trova la propria ragion d’essere nel fare la mosca cocchiera di ogni posizione “anti” intessuta del vuoto pneumatico dal quale il movimento proviene, formatosi nel vaffa ed ora arrivato ad un estremismo verbale sconsiderato e pericoloso.

E’ assai augurabile che la leadership democratica sappia coniugare le posizioni al suo interno ricostruendo le ragioni dello stare insieme ricordando che la tanto osannata governabilità, l’equilibrio democratico si ottengono e difendono con competenza, chiarezza, senza fumisterie o derive lontane dall’imprinting iniziale: quello di una forza politica capace di coniugare le due grandi tradizioni originarie all’insegna della responsabilità e della credibilità nei confronti dei cittadini. Il voto ha mostrato chiaramente che questo imprinting si è affievolito a tal punto da mettere in crisi l’esistenza stessa e facendo emergere distinguo e prese di posizione che sia detto con chiarezza nessuno si può permettere a cuor leggero davanti alla prospettiva più drammatica. In poche parole, o qualcuno rinsavisce e il partito si ricompatta attorno ad un disegno chiaro e credibile per una società democratica, pluralista, governabile oppure una traumatica conclusione di questa esperienza aprirebbe scenari al momento  non identificabili con il rischio evidente di aumentare la divaricazione del sistema e  questo nel momento di maggior criticità. 

L’equilibrio del nostro sistema politico dipende da un’innegabile costante: la necessità di convergenza verso il centro, ossia verso un atteggiamento rigoroso, coerente, affidabile nelle gestione dei problemi, delle emergenze come anche dell’ordinaria amministrazione. Ogni scelta che allontani da questo parla di una concezione della politica incapace di sintesi, spinta da forme di ideologismo e settarismo che sono sempre state il male di ogni sinistra mondiale. 

Il quadro che abbiamo delineato si complica se possibile non soltanto per l’ipoteca vuota dei cinquestelle, ma per la presenza verso quel centro dello schiaramento di una piccola ma coesa formazione che viene definita terzo polo, ma che altro non è che la versione più moderata e riformista di quella che dovrebbe essere una grande forza aggregatrice. Farsi la guerra nel proprio campo è la garanzia migliore per continuare ad essere sconfitti e in difficoltà!

Potremmo dire, anche se riferito al sistema italiano appare eccentrico, che forse un po’ di normalità non guasterebbe! Perché la nostra democrazia e il paese possano dirsi finalmente maturi, occorre che si concluda ogni tentazione di revanscismo, ogni primazia vera o presunta nel concreto svolgersi della vita del paese in nome di concezioni di ogni parte che lo sviluppo democratico ha manifestamente superato. E’ ora che le menti si concilino con la realtà e si parli il linguaggio della concretezza!  

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