La parola della settimana
È consuetudine ormai assodata che il cambio dell’amministrazione federale degli Stati Uniti sia sempre seguita dalla prassi di sostituire man mano i dirigenti e gli alti funzionari con donne ed uomini di provata fiducia dei nuovi inquilini della Casa Bianca. Sempre ad ogni elezione commentatori ed interpreti delle cose d’Oltreoceano si sperticano nell’analisi di quello che viene definito spoils system, termine inglese quasi comprensibile anche per la nostra lingua neolatina. Negli Usa tale prassi viene considerata quasi naturale, anche se le difficoltà e i sussulti della quotidianità politica americana in questi ultimi decenni hanno fatto intravedere qualche scricchiolio. Ed infatti è avvenuto che qualche avvicendamento non vi sia stato al cambio del presidente.
Un po’ di storia come sempre può aiutare. Lo spoil system è come detto una consuetudine nata negli USA tra il 1820 e il 1865 e poi ampiamente andatasi diffondendo in altri paesi, in virtù della quale gli alti dirigenti della pubblica amministrazione si alternano con il cambiare del governo. A partire dal 1990, con l’affermarsi dei sistemi elettorali maggioritari, l’espressione è entrata anche nel linguaggio politico italiano e sta a indicare l’insieme dei poteri che consentono agli organi politici di scegliere, solitamente ma non necessariamente (come previsto dalla legge n.145/15 luglio 2002), tra soggetti già dipendenti dell’amministrazione pubblica, figure di vertice quali segretari generali, capi di dipartimento, segretari comunali, ecc.
A partire dagli anni novanta, con l’affermarsi in Italia dei sistemi elettorali maggioritari (legge Mattarella) per il Parlamento e legge 25 marzo 1993, n. 81 (per comuni e province), l’espressione è entrata in uso anche in italiano, per indicare l’insieme dei poteri che consentono agli organi politici di scegliere le figure di vertice come segretari generali, capi di dipartimento, segretari comunali, ecc.
Lo spoils system, nel nostro paese è regolato dalla citata legge 15 luglio 2002, n. 145 e dalla successiva legge 24 novembre 2006 n. 286 (di conversione del decreto legge 3 ottobre 2006 n. 262), che prevede la cessazione automatica degli incarichi di alta e media dirigenza nella pubblica amministrazione passati 90 giorni dalla fiducia al nuovo esecutivo (cioè la nomina di un nuovo governo); un sistema simile è operante verso enti e/o società controllate dal settore pubblico. L’istituto ha come ratio legis la necessità di fiducia e armonia fra l’amministrazione e la politica quale elemento necessario per il buon andamento della pubblica amministrazione.
Dunque, di fronte al problema il nostro ordinamento ha provveduto con un testo legislativo (si sa la legislazione nel nostro paese è invasiva, ipertrofica e spesso inefficace pur esistendo). Si noti poi che la Corte costituzionale, nella nota sentenza 233/2006, ha confermato la validità del sistema dello spoils system, affermando come la necessità del buon andamento della pubblica amministrazione sia in effetti prioritario rispetto al principio di imparzialità, il quale in teoria escluderebbe vertici amministrativi “parziali” verso l’esecutivo.
La Corte ha però anche affermato come tale sistema non possa infrangere lo spazio riservato all’indipendenza della pubblica amministrazione (generalmente, quello più strettamente legato all’attività della stessa, con la politica incaricata solo di fornire gli obiettivi e le linee guida per raggiungerli), limitando quindi lo spoils system solo alle posizioni apicali ed escludendo la media dirigenza ed i vertici delle società pubbliche; la Corte affermò anche come il sistema non potesse concretizzarsi in una precarietà inaccettabile della dirigenza escludendo quindi il possibile azzeramento dei vertici delle amministrazioni, cosa che creerebbe anche una pericolosa dipendenza dell’amministrazione verso la politica.
Sin qui una spiegazione sufficiente per cercare di capire come mai nel nostro paese ogni cambiamento in nome di quelle norme codificate venga affrontato sovente come un tradimento, una lesa maestà, con stuoli di “rimossi” desiderosi soltanto di compensazione al prossimo turno o cambio di maggioranze e di esecutivi. Ancora l’applicazione del “sistema delle spoglie” per così dire, incaglia anche con la protesta naturalmente vibrata e delle formazioni politiche perdenti che vedono sguarnirsi le posizioni di donne ed uomini di loro fiducia che, proprio per questo motivo risultano non graditi a chi assume le redini del potere. Ovvero, in Italia si assiste ad una sorta di dramma collettivo malcelato condito sovente anche di accuse più meno velate su volontà distruttive nell’operato dei precedenti governi e a volte di “vendette” mascherate da avvicendamenti.
Tutto questo è abbastanza stucchevole considerando che sino ad ora il pendolo di chi entra e chi esce è spesso impazzito. La ragione primaria di questa “assurdità” è l’assenza nell’insieme delle nostre istituzioni – eccezion fatta per il Quirinale – di un vero senso dello Stato e delle sue istituzioni e soprattutto di una regola non scritta ma importante e fondante che è quella di non andare avanti e indietro ad ogni cambiamento politico in una sorta di interminabile e dannosa “tela di Penelope”. La moglie di Ulisse usò quel sistema per veder riapparire l’eroe senza mettere in difficoltà la sua fedeltà coniugale, ma possiamo dire erano altri tempi e forse anche tempi mitici! Oggi lo spoil system viene preso a pretesto ed impiegato soprattutto per premiare, far avanzare propri fedelissimi della prima ora, prime, seconde e terze file delle organizzazioni politiche o altro e soltanto si potrebbe dire in un caso su mille, forse un milione, per affidare un settore importante a persone competenti e non solo colorate politicamente!
Questa considerazione ci porta ad un’altra: una tale prassi avrebbe valore e significato in un paese che prepara, forgia, costruisce la propria classe dirigente a livello amministrativo nel più alto e completo dei modi. Allora per così dire tra “pari” il sistema avrebbe il suo senso positivo e non quel sapore di revanscismi che ogni volta vanno in onda per settimane come se si fosse sempre di fronte a palingenesi miracolose e non all’alternarsi di competenze nei luoghi e nei posti dove la funzionalità delle istituzioni deve travalicare e rendere stabile e forte il fronte più delicato quello della quotidiana amministrazione della cosa pubblica. Quando sarà questo il quadro che si metterà in moto sarà sempre tardi per il nostro disilluso e sfortunato paese dove la normalità rischia sempre di essere vista come un’eccezione!