Esteri

La nuova governance mondiale tra Biden e Xi-Jinping

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TRE MESI FA A SAN FRANCISCO AMERICANI E CINESI HANNO CREATO UN IMPORTANTE PRECEDENTE PONENDO LE BASI DI UNA POSSIBILE NUOVA GOVERNANCE MONDIALE. A PARTE LE PRIME SCHERMAGLIE POLEMICHE ED ALCUNE PUNTUALIZZAZIONI FINALI AD USO DELLE RISPETTIVE OPINIONI PUBBLICHE, I DUE CAPI DI STATO HANNO CONVENUTO DI SENTIRSI IN CASO DI PERICOLO, SVENTANDO COSI’ IL RISCHIO DI CRISI FUORI DEL LORO CONTROLLO.

Dopo circa un anno dal loro ultimo colloquio del novembre 2022 avvenuto in occasione del G20 di Bali, Biden e Xi JinPing si sono incontrati il 15 novembre del 2023 a San Francisco, a margine del Vertice dell’Organizzazione APEC (Asia-Pacific Economic Cooperation).
L’odg dell’incontro, preparato da tempo dalle rispettive diplomazie, prevedeva tra l’altro il ristabilimento dei contatti “mil-to-mil” tra i rispettivi stati maggiori per evitare incidenti imprevisti; l’accordo per una regolamentazione concordata sulla intelligenza artificiale; maggiori controlli da parte cinese sull’oppioide artificiale FENTANYL prodotto in Cina; la ricerca di un’intesa sulla lotta al cambiamento climatico; il confronto sulle rispettive posizioni in ordine ai vari scenari di guerra, con particolare riferimento a Ucraina e Israele; la puntualizzazione dei rispettivi punti di vista per il problema di Taiwan.

Dopo l’incontro a porte chiuse durato quattro ore e dopo il vertice con i rispettivi staff, Biden ha tenuto una conferenza stampa, mentre Xi JinPing ha avuto incontri con i principali imprenditori americani, per consolidarne l’intenzione a riprendere i loro investimenti in una Cina preoccupata di superare il momentaneo stallo (aumento del PIL di un misero 4 per cento l’anno) causato dalla nota crisi del settore immobiliare.

Nella conferenza stampa Biden ha definito l’incontro “costruttivo e positivo”. Nonostante le perduranti note divergenze sulla questione di Taiwan e sull’attrito che ha portato alle tensioni nell’Indo-Pacifico, Biden ha sostenuto di essere riuscito a convenire con il Presidente cinese che la competizione tra Cina e Stati Uniti possa continuare, ma “in modo responsabile”. Alla richiesta di Biden che la Cina non contribuisca ai conflitti in corso Xi JinPing ha ribadito che la Cina non intende partecipare ad alcuna guerra.

Resta poi lapidariamente scolpita la battuta del Presidente Cinese quando ha detto che “il mondo è abbastanza grande per il successo di entrambi”. Da quanto sommariamente esposto emerge abbastanza chiaramente il consolidarsi di un’ipotesi di governance mondiale a due fronti, l’uno che fa capo alla Cina e l’altro guidato dagli Stati Uniti.

Il primo, a guida cinese potrà comprendere, oltre alla Cina, l’India, la Russia, il Brasile ed il Sudafrica, con possibilità di allargamento al Venezuela ed a numerosi paesi africani. Da solo, questo raggruppamento di paesi (già oggi identificato nei BRICS) raccoglie quasi la metà della popolazione mondiale.

Il secondo, guidato dagli Stati Uniti, comprende la maggior parte dei paesi sviluppati, compresi noi Europei, legati agli USA o da alleanze militari come la NATO, o da forti vincoli economici, oltre che in genere dallo stesso modi di essere “democrazie”.

Se questa bipartizione si dovesse ulteriormente consolidare, potremmo assistere auspicabilmente ad un maggiore controllo dei rapporti fra i vari Stati, con riduzione del rischio di conflitti e con un aumento degli scambi commerciali in un mondo più consapevole della necessità di preservare e migliorare quanto il progresso ci ha fatto raggiungere, anziché accanirci ai distruggere con la guerra quello che abbiamo costruito.

In tale prospettiva, come sopra abbozzata, esistono due variabili che potrebbero leggermente mutare il quadro: si tratta della Russia e dell’Europa.

La Russia, con il suo territorio sconfinato e l’arsenale che ancora possiede di oltre ottomila testate nucleari, potrebbe non gradire di non essere lei il pilota. Ma trattandosi di un paese di 140 milioni di abitanti, con un PIL inferiore a quello italiano, dovrà ben riflettere prima di ripetere avventure come quella che ha tentato in Ucraina.

Per converso l’Europa, il cui PIL eguaglia quello cinese, potrebbe nel tempo accorgersi che unita, anche se in uno stato federale, può contare molto di più di quanto fa oggi.

Alla fine si renderà inevitabile comunque addivenire ad una nuova Yalta, che definisca le sfere di influenza da attribuire a ciascuno, con tutte le variazioni imposte dai tanti anni che sono trascorsi dopo la seconda, e ci auguriamo ultima, guerra mondiale.

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