Le elezioni europee hanno riservato non poche sorprese. Un dato preoccupante che riguarda l’Italia è l’astensionismo record. Per converso, si è consolidata la consapevolezza dell’urgenza di rafforzare il processo federativo che, tra molti ostacoli, va lentamente affermandosi. È necessario portare la UE verso una maggiore integrazione eliminando i due maggiori ostacoli: l’unanimità di voto e il decentramento decisionale, il cui potere è ancora concentrato nel Consiglio dei ministri, cioè nei rappresentanti degli Stati.
La comprensione delle motivazioni alla base delle dichiarazioni e degli slogan lanciati dai politici non attenua il loro stridore con la realtà dei problemi e con le potenzialità di sviluppo dell’Unione Europea.
Il proposito di voler rafforzare l’Europa perché tenga più conto delle identità e delle reali esigenze degli Stati, oltreché antitetico, finisce per acuire i contrasti nazionali inabissandoli nel pozzo dei conflitti, delle radicalizzazioni.
Non occorre aver partecipato ai lavori comunitari per sapere che essi nelle diverse riunioni – definite lungaggini burocratiche – perseguono faticosamente un soddisfacente compromesso fra le richieste dei singoli Stati. Non è necessaria nemmeno una conoscenza approfondita della storia e delle modalità di lavoro degli Organi comunitari. Banalmente è sufficiente aver partecipato a una riunione di condominio per capire le difficoltà di superare le istanze individuali in modo da pervenire ad una soddisfacente decisione finale. Il salto dal microcosmo condominiale ad un consesso di 27 Stati fa comprendere facilmente la complessità di raggiungere un consenso, specie se necessariamente unanime. Difficoltà accresciuta proprio dalla reticenza di cedere porzioni di sovranità, ma ancor più dalla resistenza a rinunciare a privilegi (fiscali, monetari, industriali), nonostante gli evidenti vantaggi di soluzioni comuni. Si creano quindi ogni sorta di ostacoli, si ritardano decisioni per poi criticarle perché troppo generaliste o troppo specifiche (zucchine, disciplinari dei prodotti agricoli, polifosfati, ecc.). Problemi che, visti in un’ottica comparata e più ampia, anche nazionale, potrebbero essere accolti valutando soluzioni finali, complessive, più vantaggiose. Quindi, in sintesi, non si tratta assolutamente di trascurare gli interessi nazionali, ma di operare, mediante personale ben preparato, e di lavorare per trovare un consenso a livello comunitario.
In prossimità delle elezioni del Parlamento Europeo una pletora di commentatori, di segugi, si è scatenata a fare le pulci delle spese di vari organismi comunitari. C è da augurarsi che la stessa sagacia e pervicacia siano poi rivolte alle spese nazionali. ministeriali, regionali e dei diversi settori di intervento , anche in relazione al PNRR. Nessuno spreco o inefficienza di denaro pubblico è giustificata, ma forse una maggiore coerenza non guasterebbe, riservando primariamente l’attenzione a casa propria. Sarebbe, inoltre, più equilibrato un approccio che mettesse in evidenza i meriti conseguiti grazie alla UE.
Dare per scontato l’aver goduto di settanta anni di pace non è solo qualunquistico, ma anche irriguardoso verso l’intelligenza e la lungimiranza di statisti che, ben a conoscenza del Manifesto di Ventotene, hanno ritenuto, dopo gli immani disastri della Seconda guerra mondiale, di superare i nazionalismi puntando su un livello di cooperazione superiore. Hanno trovato l’accordo proprio sull’eliminazione delle cause principali dei conflitti: Carbone e acciaio. Un accordo che ha portato alla costituzione della CECA, EURATOM e poi con i Trattati di Roma del 1957, istitutivi della CEE, che ha assorbito le altre. Gli statisti con i quali ogni critico dovrebbe confrontarsi sono: Jean Monnet, Alcide de Gasperi, Konrad Adenauer, Robert Schumann, Paul Henry Spaak, Joseph Beck e lo steso Altiero Spinelli.
Per contribuire a un giudizio ponderato è utile ricordare che i nazionalismi dal 1911 al 1945 ci hanno posto di fronte a quattro catastrofiche guerre. La vituperata Europa ci ha gratificato di settanta anni di pace, di conquiste come un’unione doganale, l’abolizione delle frontiere, la moneta unica, la laboriosa realizzazione di Organizzazioni comuni di mercato nel settore agricolo, superando il contrasto fra Prodotti continentali (carne, latte, cereali), considerati essenziali e prodotti mediterranei (ortaggi, frutta, vino). Senza arrivare a citare le conquiste in campo monetario (Eurobond) e di gestione comune della pandemia Covid, e, apprezzatissimi dai giovani, l’Erasmus, l’Interrail. Per tali ragioni, se si guarda al futuro, alle nuove generazioni, occorre rafforzare i poteri della Commissione e del Parlamento europeo. Occorre eliminare gli ostacoli che si frappongono allo sviluppo della UE verso una maggiore integrazione eliminando i due maggiori ostacoli: il voto all’unanimità, il potere decisionale, ancora concentrato – come dicevo – nel Consiglio dei ministri, cioè nei rappresentanti degli Stati. L’art 11 della nostra Costituzione nella prima parte ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli, mentre nella seconda parte “consente, a condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo”.
Ritengo opportuno chiudere questa invocazione a riflettere sull’importanza dell’Unione Europea al di là degli slogan elettorali, mirati a offuscare il periodo di pace, le conquiste individuali e nazionali del nostro paese, povero di materie prime, ma capace di esprimere eccellenze individuali nell’inventiva, nella tecnologia, manifattura, arte, paesaggio, gastronomia. Qualità che non possono prescindere da un clima pacifico, dal commercio estero, dal turismo.
La chiusura è affidata ad una parafrasi di Italo Calvino “lezioni americane”: l’inferno è su questa terra. C’è chi ci sguazza, ne trae vantaggio e chi opera per contrastarlo. Occorre decidere da che parte stare.
. le altre parti le quali hanno raggiunto un accordo, dichiara
conclusa la mediazione per intervenuto accordo.
le altre parti le quali hanno raggiunto un accordo, dichiara
conclusa la mediazione per intervenuto accordo.