di Giovanni Federico
Lo ha ribadito Prodi, obbedendo ad una consolidata ispirazione di Andreotti e Craxi. L’Italia come paese leader dell’area mediterranea e cerniera con l’Africa.
Il nostro Mezzogiorno è l’area vocata, non solo geograficamente, per questa lettura dei fatti. Nel nostro Sud istituire cinque grandi università che abbiano programmi e studi comuni con quelle dell’altra sponda del Mediterraneo in Giordania come in Marocco, che porti dall’Africa in Europa capitale umano e materie prime, e che porti in Africa un progetto solidale di sviluppo.
Questo è il tema dominante nel lavoro “Il mondo capovolto – Perché il nuovo Sud unirà (finalmente) l’Italia” un felice scritto di Roberto Napolitano che ci dice di utilizzare i fondi europei per far crescere una nuova classe dirigente africana che sappia andare sotto braccio ad una nuova classe dirigente del Mezzogiorno del nostro paese.
Per l’autore il Mediterraneo non è più una terra residuale del dominante asse Est-Ovest ma quello del Nord – Sud, la nuova direttrice su cui si gioca il futuro del mondo.
Il Mezzogiorno vanta capacissimi ingegneri e i migliori laureati in informatica gestionale e in agraria richiesti da più parti del mondo. La speranza è di costruire una inedita classe dirigente, in coerenza con la carta di Napoli presentata dal Governo negli ultimi giorni dell’anno scorso, che ha anticipato la proposta.
Le guerre in corso, e in particolare quella in Palestina, indicano la necessità di un nuovo dialogo che può fare affidamento sull’umanesimo, in generale dell’Occidente, ma in particolare dell’Italia, candidata ad essere l’anello fondamentale di congiunzione con i quattro mediterranei, con il Medio Oriente e con l’Africa, in primis.
Il Festival euro-mediterraneo dell’economia (FEUROMED) promosso l’anno scorso da “Il Quotidiano del Sud” segnala il primato tecnologico di Napoli, Bari e Catania che sforna una élite di informatici gestionali, medici e ingegneri, oltre ad pletora di esperti con elevata competenza in termini di intelligenza artificiale.
Se le cose stanno così, l’elettrodotto che porta energia rinnovabile che muoverà dall’Africa del Nord e dal nostro Sud, potrà dare linfa vitale e respiro alla manifattura italiana e tedesca.
Si parla di una energia eolica, solare, mare-motrice che dal Sud dirigerà verso il Nord e che può tradursi in preziosa energia industriale e dove avranno spazio l’elettronica di potenza, le nuove tecnologie, il capitale umano, l’economia di pace, l’agroindustria, e, perché no, la dieta mediterranea.
L’autore segnala opportunamente come questa sia l’unica strada per frenare un ulteriore colonialismo africano imperniato con le armi dei russi e i sodi dei cinesi.
Del resto l’Africa è una bomba ad orologeria che oggi ha la capacità di sfamare 600 milioni di persone. Entro breve la popolazione di quel continente si quadruplicherà con tutte le immaginabili conseguenze. Non casualmente il Papa ha invitato i paesi ricchi del mondo a cancellare il debito pubblico dei paesi poveri.
In Africa il debito pubblico in dieci anni è raddoppiato, L’Etiopia non ha potuto onorare il pagamento della cedola dei 33 milioni di dollari sul titolo di stato internazionale emesso. Il Ghana e lo Zambia bussano al FMI per chiedere ulteriori sostegni, la Nigeria destina il 100% dei recenti prestiti solo per pagare gli interessi su debiti precedenti. Da qui sottrarre questi paesi alla morsa cinese che dà loro soldi solo a condizione che possano lavorare in quelle terre esclusivamente imprese cinesi.
Nel luglio del 2023 la Conferenza internazionale su sviluppo e migrazioni, tenutasi a Roma, aveva messo a fuoco 6 settori prioritari di intervento: Agricoltura, energia, infrastrutture, educazione-formazione, sanità, acqua e igiene) candidandosi l’Italia ad essere naturalmente il grande hub mediterraneo che lega il continente europeo con quello africano. Non può trascurarsi che la Banca mondiale ha stimato in 3 trilioni di dollari i fondi necessari per sostenere l’economia dei 54 stati africani.
Se queste sono le dimensioni del fenomeno, occorre uno sforzo e una lungimirante politica di investimento di tutti e 27 gli stati europei, non potendo l’Italia soddisfare da sola ciò che occorre, ed essendo del tutto insufficienti i 305 miliardi stanziati dall’Europa, peraltro ancora congelati dal suo apparato politico e burocratico.
Noi Italiani ancora ci sappiamo fare. Roberto Napolitano annota come WEBUILD, società italiana, abbia realizzato in Etiopia la maggior parte della più significativa centrale idroelettrica. Sempre noi Italiani abbiamo costruito il porto di Gibuti e gli assi ferroviari e autostradali da Gibuti a Mogadiscio, come quello dal Cairo ad Alessandria d’Egitto e l’autostrada tra Tobruk e Tripoli e poi ancora le dighe di Arror, Kimwarer e Itare in Kenya. Si potrebbe andare avanti con questo elenco ancora per molto.
In questo ambito, a sentire Nomisma, nel Mezzogiorno d’Italia si registra una crescita delle piccole e medie imprese manifatturiere che eguaglia le migliori imprese del Centro Nord.
L’autore offre il proprio pensiero con cifre, dati e riflessioni di certo interesse. Sono spunti che propongono anche al lettore un approccio diverso su temi tropo spesso incagliati su stereotipi che non reggono più nel confronto con la nuova realtà di un mondo in veloce cambiamento.
Ultima notizia, l’apertura a Roma della Facoltà dell’Intelligenza Artificiale ad opera dell’Università della Pace dell’ONU.
Almeno questa volta non possiamo sbagliare.