Esteri

L’Iran e la maratona di un potere a corto di fiato e di consensi

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Non poteva che accadere che in Iran. Da quelle parti vivono tutto evidentemente con distacco.

Mentre il mondo rischia un conflitto mondiale e guerre locali infiammano il pianeta, lì ci si preoccupa invece di perseguire i responsabili di una maratona che si è tenuta nella città di Kish. L’accusa sarebbe di non aver vigilato in modo che più o meno 5000 donne partecipanti all’evento corressero con il velo prescritto da legge. Arrestarle tutte sarebbe stato complicato e quindi se la sono presa con gli organizzatori dell’impresa sportiva.

Il giudizio non avrà tempi lunghi, non sarà una maratona processuale. Per mettere ordine occorre sbrigarsi, anche se il Presidente Pezeshkian, non del tutto conforme al potere dei magistrati, è più aperto a che non si porti alcuna pezza in testa, tanto più nel corso di un cimento sportivo. Il fatto è accaduto fatalmente a Kish, un nome che presta il fianco a mille significati tra cui sembra, in ebraico, anche quello di “Arco” o “trappola”.

Ecco che si è evidentemente tesa troppo la corda e si è abusato della pazienza dei giudici della morale di quel paese e si è caduti fatalmente in un tranello destinato a lasciare conseguenze. Quando si promuove un evento del genere è necessario essere accorti e stare non solo nelle regole sportive ma anche della tradizione meglio ancora della disciplina religiosa. Del resto occorre provvedere ad un immediato recupero di nitidezza lì dove la confusione di comportamenti non è ammessa. Tanto più quando si è zoppi fin dall’origine.

La maratona prende il nome della omonima città da cui mosse un emerodromo ateniese per portare ad Atene la notizia della vittoria sui Persiani. Percorsa la lunga distanza, non appena riferito il messaggio morì. A quel tempo a quella sorta di postini era imposto correre con tanto di armatura a rivestirli e tanto più con la temperatura del tempo lo sforzo portò alla fine per crepacuore del povero Filippide, questo il nome del nuncius reso famoso dalla storia.

Eppure sembra che le cose non stiano esattamente in questo modo perché Erodoto e Aristofane riportano invece il nome di un certo Fidippide, forse in seguito errori di trascrizione da parte di Luciano e compagni o invece scambio di persona. E’ sempre complesso essere esatti, definire i protagonisti dei fatti e degli accadimenti. Mentre si bruciano chilometri il fiato dei corridori crea una nebbia, una fumosità che non fa bene intravedere con chi prendersela in quel gruppo di tanti sulla strada, come interpretare gli eventuali sputi a terra che potrebbero essere interpretati come possibile oltraggio al regime.

La cosa non è sopportabile perché, l’emerodromo, l’uomo che corre per un giorno, potrebbe prenderci gusto e ripetersi per altre volte ancora. Il sudore potrebbe essere il visibile pianto di protesta contro un potere che tutto vuole coprire anche con l’hijab in modo che nulla sfugga al controllo e pensieri e respiri restino ben compressi. Di fondo preoccupa un allarme nei vertici politici di quel paese, tutto scorre anche il potere.

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