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A fine settembre abbiamo appreso di una polemica sorta sull’elezione dei Comites che ha coinvolto i senatori ed il Governo. Il grande pubblico degli italiani residenti in Italia non sa neanche cosa siano i Comites, Comitati degli italiani all’estero, mentre gli oltre 3 milioni di italiani residenti all’estero dovrebbero ben sapere cosa siano questi comitati ed a cosa servano.
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A fine settembre abbiamo appreso di una polemica sorta sull’elezione dei Comites che ha coinvolto i senatori ed il Governo. Il grande pubblico degli italiani residenti in Italia non sa neanche cosa siano i Comites, Comitati degli italiani all’estero, mentre gli oltre 3 milioni di italiani residenti all’estero dovrebbero ben sapere cosa siano questi comitati ed a cosa servano.
Nel 1985 una legge istituì i Comitati dell’emigrazione italiana (COEMIT). Successivamente, nel 1990 un’altra legge ne modificò sia il nome, trasformandoli in Comitati degli italiani all’estero (Comites), che le funzioni.
In sostanza, si tratta di organismi rappresentativi delle collettività all’estero, istituiti presso circoscrizioni consolari ove siano almeno 3000 connazionali residenti, con il compito di promuovere iniziative di carattere sociale, culturale scolastico e sportivo per la comunità italiana. Oltre a ciò, i Comites hanno compiti di vigilanza e consultivi sulle richieste di contributi avanzate dalle associazioni residenti sul territorio di competenza.
Nel 2001, a seguito dell’approvazione di una legge costituzionale, fu introdotto il “voto all’estero”, che prevede l’elezione nella circoscrizione Estero di 12 deputati e 6 senatori.
Come molte altre polemiche, anche quella sorta nell’ambito del Senato col Governo sui tempi e le modalità delle elezioni dei Comites si è risolta con la presentazione di un ordine del giorno approvato con 162 voti (4 contrari e 49 astenuti), accolto dal Governo come raccomandazione per individuare insieme ai senatori del collegio estero soluzioni adeguate a salvaguardare la regolarità delle elezioni dei Comites.
Abbiamo rivolto a Prospero Sapone, presidente della FAIC, Federazione delle Associazioni italiane di Cordoba (Argentina) alcune domande.
D. Presidente, il bilancio del Ministero degli Esteri 2014/2016, garantisce ormai ben poco all’associazionismo in termini di contributi per iniziative di carattere sociale, culturale scolastico e sportivo per la comunità italiana: parliamo di meno di 11milioni di euro all’anno, 3 euro procapite. Cosa riuscite a fare con tale importo?
R. A noi direttamente non arriva alcun contributo. La Faic, Federazione di Associazioni Italiane a Córdoba, non riceve nessun contributo da parte del governo italiano, sebbene negli anni scorsi abbiamo fatto richiesta di contributi per realizzare progetti a favore della comunità italiana. La risposta è stata chiara da parte del consolato: nessun contributo alla FAIC.
D. Quali attività siete riusciti ad organizzare nel corso dell’anno?
R. Siamo riusciti a fare attività in forma particolare, con finanziamenti propri e l’aiuto e la collaborazione della comunità. Abbiamo organizzato un evento culturale, il 15 di agosto di quest’anno, un Concerto di Organo nella chiesa della madonna del Carmine, aperto a tutta la comunità.
Nel mese scorso è stato organizzato un pranzo solidale per il Coasit, Comitato di assistenza agli italiani, in condizioni di bisogno, al quale è intervenuta buona parte della comunità, che ha testimoniato la vicinanza agli anziani in condizione di bisogno.
Siamo presenti in ogni occasione che si presenta, anche se l’attività delle associazioni è molto contenuta, anche perché c’è crisi nel nostro paese e tutto si fa sulla base della collaborazione di persone e industrie. Per esempio quest’anno, le attività metalmeccaniche, fino a ieri trainanti nell’economia della provincia, sono in profonda crisi e sicuramente non potranno aiutarci, nemmeno a pubblicare il prossimo calendario per il 2015. Stiamo facendo l’impossibile per poterlo fare e così darlo alle scuole di italiano senza costo alcuno. E venderlo a un prezzo basso alle associazioni che lo richiedono.
D. Restando nell’ambito dell’assistenza e risalendo alle origini, la comunità italiana della provincia di Cordoba può andare orgogliosa di una istituzione che si potrebbe ben definire “storica”. Come nasce l’Ospedale Italiano di Cordoba?
R. Realmente sentiamo orgoglio per la presenza nella società di Beneficenza del Ospedale Italiano a Còrdoba, fondato il 22 di Novembre del 1903. In quel tempo, la situazione sanitaria nella città era molto precaria e la presenza di una grande comunità italiana in città e provincia era molto forte. Fu così che tutta la comunità, unita, decise di avviare la costruzione di un ospedale per ottenere servizi sanitari, altrimenti inesistenti: non solo ricoveri ospedalieri, ma anche interventi chirurgici: una struttura capace di servire non solo la comunità italiana ma anche gli altri residenti. Ma oggi siamo anche preoccupati e ci dispiace molto per il mancato rinnovo dell’equipaggiamento: una difficoltà che si ripete da tempo a causa della situazione economica del paese e che pesa sulla possibilità di disporre di macchinari ad alta tecnologia, impossibili da acquistare, ma assolutamente necessari per restare in vetta alla qualità del servizio alla salute.
D. Restando al bilancio del Ministero degli Esteri, una somma tutto sommato modesta (un milione e mezzo) risulta stanziata per il funzionamento dei Comites. Ma con l’introduzione del voto all’estero, che ha portato in Parlamento 12 deputati e 6 senatori scelti dagli elettori residenti all’estero, quale ruolo rimane ai Comites?
R. In primo luogo, vorrei raccomandare una consultazione popolare in Italia, per l’abrogazione della legge che ha consentito di scegliere diciotto tra Senatori e Deputati, che dicono di rappresentare noi e i nostri interessi fuori dall’Italia.
Vorrei domandare a qualche persona o immigrato, quali siano questi interessi, e quale il vantaggio di avere questi rappresentanti eletti. Credo si debba rivedere anche il ruolo dei Comites che sembrano ridotti a uffici elettorali utili a chi viene eletto, ma molto meno a tutti gli altri, mentre hanno perso il ruolo originario gravando, però sulle spalle dei lavoratori e del popolo italiano, profondamente in crisi per la mancanza di lavoro, tanto per giovani come per adulti.
Non dobbiamo anche dimenticare che, ormai, siamo rimasti pochi italiani originari, e se a questo punto vale la pena mantenere uffici dei Comites, come bisognerebbe chiedersi quali siano i problemi che gli eletti all’estero hanno contribuito a risolvere per l’Italia e per gli italiani, come anche quanto costi mantenere in piedi questa rappresentanza.
D. L’Italia attraversa un periodo a dir poco critico per la crisi che la attanaglia. Ma anche l’Argentina non se la passa bene, in particolare per i fondi “avvoltoio”. Il clima che respirate come italo argentini è di fiducia o aleggia un considerevole pessimismo?
R. Sono stato tre mesi fa in Italia, ho camminato per le sue strade, ho parlato con miei amici e anche con la gente e con amici che vorrebbero lavorare. I giovani anche sposati e con figli, non trovano posti di lavoro genuini, se ci sono, li trovano con un alto grado di precarietà e con bassi mensili. Nella stessa agonia si trovano anche persone mature, molti sospesi a tempo indeterminato, e sempre alla speranza di trovare un lavoro, passano giorni e mesi restando a casa, pregando che la ditta non chiuda.
L’Argentina è anche in difficoltà, come buona parte del mondo, e la stessa Europa. Alla crisi hanno contribuito i fondi avvoltoio, interessati solo ai propri affari: certamente il paese aveva bisogno di divise, e non poteva certo scegliere chi comprava o prevedere le conseguenze di quelle vendite.
Proprio per questo, noi crediamo che i nostri giovani nati in Argentina, che conoscono bene il Paese debbano fare politica proprio qui per cercare di risolvere i problemi del paese, perché qui viviamo tanto noi come nostri figli e nipoti. In Italia gli elettori non conoscono neanche i loro politici e saremmo tanto superbi da ritenere che possiamo fare meglio con dodici deputati e sei sanatori? Con una mano nel Cuore, penso propio di no…
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