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Nella 1° puntata si è ricordato il significato del termine MACCHERONICO attribuito a un modo di contaminare una lingua; vediamo così nell’italiano che succede in proposito.
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Nella 1° puntata si è ricordato il significato del termine MACCHERONICO attribuito a un modo di contaminare una lingua; vediamo così nell’italiano che succede in proposito.
Viene così fissato il concetto di maccheronizzazione, che trasportiamo all’italiano: termine che ho scelto con un pugno di sana perfidia (potevo anche scegliere inquinamento o contaminazione); ma mi piaceva immaginare con una certa perfida ironia che almeno un lettore arrivasse a dire a se stesso: “Ohibò! È vero! Ma chi ce lo fa fare a dire certe cose e… in che modo!?”, passando, quindi, dallo stupore ad una specie di sorriso, proprio dell’affacciarsi di riflessioni alla mente.
Se quel sorriso conterrà alcunché di amaro, sarà dunque buon segno, dato che stupore e amarezza preludono di solito ad una presa di coscienza su qualcosa, che, vuoi sotto i propri occhi, vuoi alle proprie spalle si è svolto o è stato fatto svolgere senza che uno non se ne accorgesse affatto, tanto da sentirsi poi preso per babbeo.
Così, assalito da ironia e sarcasmo, chi legge si trova stupito a considerare che la nostra lingua non si evolve più con gradualità e quella spontaneità, tali che, un qualsiasi settantaduenne si guarderebbe indietro, dicendosi:
“Toh, il modo di parlare è un po’ cambiato, rispetto a quando avevo sedici anni; per esempio, non si dice più difficoltà bensì ci siamo matematicizzati con il termine sessantottino problema, che alcuni saggi autori usano persino in quegli sceneggiati televisivi che si svolgono nel 18° secolo (1700!!), se non addirittura nel Medio Evo (molto prima!!). Ma nell’insieme, ci capiremmo ancora bene anche con i nonni”.
I suoi pensieri lo desteranno a nuova luce, facendogli accorgere che il linguaggio si è sovvertito letteralmente in poche decine d’anni e che viene artificiosamente fatto cambiare ogni settimana, con continue riedizioni aggiornate di vocabolari più in voga, i cui autori spianano velocemente la strada a quei grandi maestri, che si esibiscono nell’uso sempre più strettamente frequente di termini inglesi o, almeno, inglesizzanti, giocando d’astuzia sul termine “neologismo” o, addirittura, sul termine “semplificazione” (sic!!! Sarebbe meglio dire supercomplicazione) della lingua.
Ma, qui s’intromette un diavoletto interlocutore, interrompendo le riflessioni ad alta voce dell’anziano signore, con aria fra lo scandalizzato e il disgustato, obiettandogli, con fare neo-bigotto e isterico, che non si dice più sceneggiato televisivo, bensì fiction (pr. fìkcion): ed ecco che il vecchio signore, memore di pregressi studi liceali, dice a se stesso: “Ma questo termine inquinante buttato lì, assieme a parecchie altre centinaia di termini inglesi o inglesizzanti, mi ricorda … certo … mi ricorda la… Maccaronea!” e aggiunge sconsolato: “anche l’italiano è andato a maccheronizzarsi, però… caspita!… consgrammaticature, massacri di sintassi e accentature, il tutto… non proprio della vera sana antica Maccaronea”. Poi si chiuderà in casa, meditando solitario sui termini stranieri, soprattutto quelli inglesi e, peggio, inglesi italianizzati (maccheronizzazione propria) che da sessant’anni circa ci vengono propinati a valanga a velocità sempre crescente, suonandoci addosso come veri e propri calci nel di dietro: “o ti esprimi così o ti dovrai vergognare come un ladro!!”.
(continua)
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::autore_::di Luciano Torelli::/autore_:: ::cck::169::/cck::