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Nell’immaginario collettivo, Dio è un vecchio barbuto straordinariamente saggio e potente, ma le sue caratteristiche, almeno da un punto di vista filosofico e teologico hanno a che fare con un concetto molto più difficile da maneggiare: l’infinito.
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Nell’immaginario collettivo, Dio è un vecchio barbuto straordinariamente saggio e potente, ma le sue caratteristiche, almeno da un punto di vista filosofico e teologico hanno a che fare con un concetto molto più difficile da maneggiare: l’infinito.
Dio è infinitamente sapiente, infinitamente potente, infinitamente buono e così via.
In breve, come diceva Anselmo d’Aosta nella sua ‘Prova ontologica’, Dio è qualcosa di cui non possiamo pensare nulla di più grande, ma siamo sicuri che se pensiamo qualcosa di talmente grande da non poterne pensare una maggiore, non ne esiste un’altra ancora più grande che non possiamo neanche immaginare?
Una domanda del genere sarebbe stata considerata quanto meno superflua fino al XVIII° secolo, ma verso la fine del secolo successivo, qualcuno sospettò che l’infinito potrebbe essere molto più infinito di quello che crediamo.
Il qualcuno in questione era un matematico tedesco di origini ebraiche: Georg Cantor. Cantor partì da una semplice considerazione: i numeri naturali. I numeri naturali, per intenderci, sono quelli che usiamo per contare, cioè uno, due tre, ecc., sono infiniti
Ora, una delle prime scoperte fatte dall’uomo in campo matematico è che dato un numero, ne posso ottenere uno maggiore, semplicemente aggiungendo uno.
Siccome questo processo non ha limite, i numeri naturali devono per forza essere infiniti. Ma i numeri con cui contiamo non sono gli unici esistenti.
Ad esempio, se dividiamo tre per due otteniamo un numero frazionario, cioè con la virgola e Cantor dimostrò che i numeri frazionari sono infiniti quanto i numeri naturali, cioè, li posso contare.
Ma a questo punto arriva una scoperta insospettata.
Già gli antichi greci scoprirono che la diagonale di un quadrato non è commensurabile con il suo lato, cioè dividendo la diagonale per il lato ottengo un numero non intero, con infinite cifre dopo la virgola.
La stessa cosa accade se divido la lunghezza della circonferenza di un cerchio per il suo diametro. Il rapporto, come abbiamo studiato a scuola è un numero chiamato pi – greco. Questi numeri si chiamano ‘irrazionali’ perché non posso esprimerli con delle frazioni, cioè pi- greco, per intenderci, non si può ottenere dividendo un numero per un altro. Fin qui, non c’è nulla di sconvolgente, ma Cantor dimostrò che questi numeri, sono talmente infiniti da non poter essere contati, cioè, sono più infiniti dei numeri che usiamo per contare.
Cantor chiamò l’infinito dei numeri naturali con la prima lettera dell’alfabeto ebraico, con uno zero per indice: aleph – zero, mentre l’infinito dei numeri irrazionali lo chiamò con la lettera ‘c’ scritta in stile gotico. Dimostrò anche, che se elevo il numero due ad aleph – zero, ottengo ‘c’, cioè 2 aleph – zero = c.
Ma a questo punto qualcuno particolarmente perspicace si domanderà: “Che succede se elevo due alla ‘c’?” La risposta è semplice: ottengo un infinito ancora maggiore di quello dei numeri irrazionali. Siccome il processo può continuare senza limite, succede un fatto straordinario e cioè che esiste una infinità di infiniti ed ogni infinito che ottengo con il giochetto dell’elevamento a potenza del numero due è più infinito di quello che lo precede. Siamo sicuri che un giorno, un matematico particolarmente dotato e creativo non scoprirà che esiste un infinito ancora più infinito degli infiniti ottenibili in questo modo? Ovviamente no.
Dal momento che non può esserci limite all’infinità di Dio, in Lui devono essere contenuti tutti i possibili infiniti, anche quelli che non riusciamo neanche ad immaginare e quelli che non abbiamo ancora scoperto. Cioè, il Creatore deve essere infinitamente infinito. Molto di più di quello che una qualsiasi mente umana possa concepire. Il giochetto di ricondurre il problema dell’esistenza di Dio a pure speculazioni logiche non ha quindi molto senso.
La mente umana non riesce a comprendere l’infinito, figuriamoci una infinità di infiniti.
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::autore_::di Riccardo Liberati::/autore_:: ::cck::207::/cck::