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Le divergenze di opinioni nell’affrontare la crisi Europea mettono in difficoltà i governi e le istituzioni Europee con fratture sempre più evidenti tra i paesi del Nord Europa, fautori dell’austerità e dei vincoli di Bilancio, e i paesi mediterranei, ormai relegati ad un ruolo subalterno e di sudditanza ogni qualvolta i dati economici presentano peggioramenti e negatività.
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Le divergenze di opinioni nell’affrontare la crisi Europea mettono in difficoltà i governi e le istituzioni Europee con fratture sempre più evidenti tra i paesi del Nord Europa, fautori dell’austerità e dei vincoli di Bilancio, e i paesi mediterranei, ormai relegati ad un ruolo subalterno e di sudditanza ogni qualvolta i dati economici presentano peggioramenti e negatività.
L’Italia e la Grecia, con la Spagna, hanno sempre rappresentato le mete di vacanza ideali per i popoli del Nord, sempre pronti a sottolineare le inefficienze e le storture dei nostri paesi, ma con quell’affetto tipico di chi si sente superiore e primo della classe.
Da quando il quadro economico è in peggioramento anche per paesi come la Francia, l’Olanda e la stessa Germania, gli echi da bagarre che provengono da Bruxelles ci danno la visione di un bel mercato rionale nelle domeniche d’autunno.
Rimanere al passo e coerenti con le impostazioni comuni dei Trattati costa sacrifici e impopolarità per tutti gli schieramenti alla guida dei Paesi dell’Unione e i sondaggi sono lì a ricordare che gli elettori cambiano spesso visione e pareri di fronte a condizioni sempre più difficili e povertà in aumento.
L’Europa monetaria fino ad oggi costruita mette in risalto tutte le divergenze strutturali dei vari paesi, con evidenti limiti con la realtà che si è andata creando negli ultimi cinque anni.
Pil negativi, deflazione e disoccupazione sembrano essere le uniche costanti della moneta unica, da sola non idonea a creare le condizioni di stabilità e progresso che i fondatori dell’Europa immaginavano.
Attraverso la Banca Centrale Europea si sta cercando a più riprese di dare sostegno alle economie, ma ad oggi tutti gli interventi sembrano non invertire il trend attuale.
Si è scelto di agire salvaguardando le Banche, fornendo liquidità al sistema bancario per permettere solvibilità a copertura dei buchi che la crisi del 2008 aveva generato.
I continui contrasti sulla fattibilità di un Quantitative Easing (acquisto di titoli pubblici) all’Europea ci allontana dall’analisi sull’effettiva efficacia dell’ultima leva da parte della BCE e dell’Europa. Seguire la stessa politica utilizzata in America, Giappone e Regno Unito quali effetti avrà in un’area priva di integrazione fiscale e politica? Portare ad un trilione di euro il bilancio della Bce, di sicuro normalizzerà i mercati e gli spread dei debiti pubblici dei vari stati, ma molti dubbi rimangono sull’effettiva spinta alla crescita economica ed allo sviluppo.
Assorbire in un solo triennio i milioni di disoccupati che la crisi ha parzialmente creato rimane il rebus maggiore.
L’obiettivo dell’inflazione al 2% può rimanere un miraggio, a meno di politiche fiscali comuni che introducano investimenti e manovre che agiscano sui paesi maggiormente in difficoltà.
Senza chi lavora e consuma, tutto il castello rimane di carta e ad oggi, in un’economia europea che perde continuamente produzione di beni e servizi, di carta ce n’è veramente troppa
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::autore_::di Gianluca Di Russo::/autore_:: ::cck::221::/cck::