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La Chiesa sta cambiando; qualcosa, con il Concilio Vaticano II, si è interrotto per sempre, lasciando alla storia la sua tradizione secolare sia negli usi, considerati ormai superati, e sia, non senza qualche inquietudine, nei continui aggiornamenti della dottrina su cui poggia, è bene ricordarlo, l’intera struttura della Chiesa.
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La Chiesa sta cambiando; qualcosa, con il Concilio Vaticano II, si è interrotto per sempre, lasciando alla storia la sua tradizione secolare sia negli usi, considerati ormai superati, e sia, non senza qualche inquietudine, nei continui aggiornamenti della dottrina su cui poggia, è bene ricordarlo, l’intera struttura della Chiesa.
La domanda che ci si pone, davanti a questi mutamenti, è sapere se saranno un bene o un male per la fede, ma, come disse lo stesso Gesù, “L’albero si giudica dai frutti” e quelli di questa nuova Chiesa sono ancora troppo acerbi, per essere giudicati, occorre tempo, anche se poi la storia sembra dare agli avvenimenti un’accelerata.
Recentemente papa Francesco ha rilasciato un intervista al quotidiano argentino “La Naciòn“, dove, senza nascondersi nel politichese curiale, ha affrontato direttamente i problemi più sensibili che oggi sta vivendo la Chiesa e la società in genere, suscitando, però, non poche perplessità.
Pronunciandosi sul recente Sinodo ha lasciato da parte il suo noto buonismo, affermando che “Ci sono però alcuni (vescovi. ndr) che sono molto ostinati nelle loro posizioni. Ma – prosegue il papa – questo non mi preoccupa, bisogna pregare perché lo Spirito li converta, se ci sono stati alcuni di questi casi”.
È un modo ben strano di concepire i lavori sinodali dove ogni prelato deve essere libero di esprimere la propria posizione senza alcuna riserva, cosa che non può avvenire quando il papa, invece di elevarsi ad arbitro, scende in campo, per usare un espressione ormai nota, lasciando la sua neutralità e sposando gli interessi di una squadra contro un’altra leggendo l’intervista, mentre è dottrina che il papa, prendendo atto dei vari documenti presentati e dibattuti, emetta solo allora, in maniera magistrale e dottrinale, il suo insindacabile giudizio in merito all’argomento esposto.
Per quanto riguarda poi i divorziati o le coppie di fatto, l’argomento come è ormai noto, più discusso al Sinodo, il papa si rammarica che coloro che vivono una situazione di coppia non conforme alla Chiesa pur volendolo, non possono ricevere la comunione, non possono fare da padrini in un battesimo o in una cresima e così altre disposizioni.
“Allora, aprire un po’ di più le porte“, è l’invito del papa, un gesto di carità che lascia intendere, anche durante l’Angelus di domenica scorsa, che anche per queste coppie si possono aprire le vie dei sacramenti e di una vita piena e fattiva nella vita ecclesiale.
Bisogna però ricordare che per la Chiesa la carità non è assecondare i vizi o le debolezze degli uomini, ma di indicare dove è il male, cioè il peccato per i cristiani, che si commette non solo davanti agli uomini, ma soprattutto davanti a Dio.
Da decenni ormai la Chiesa non parla più di conversione, ma solo di accoglienza lasciando di fatto l’individuo in molti casi ad agire nello stato di peccato grave.
Accettando la possibilità che queste coppie possono partecipare alla vita sacramentale, è stato ribadito da molti esponenti della Chiesa, si commette l’errore di derubricare l’adulterio, perché è questo ciò che provoca il divorzio e la relativa convivenza, già condannato duramente da Gesù stesso, creando confusione tra i credenti.
Nel catechismo della Chiesa, ancora valido a tutt’oggi, al paragrafo 2390 si legge che: “Si ha una libera unione quando l’uomo e la donna rifiutano di dare una forma giuridica e pubblica a un legame che implica l’intimità sessuale. L’espressione è fallace: che senso può avere una unione in cui le persone non si impegnano l’una nei confronti dell’altra, e manifestano in tal modo una mancanza di fiducia nell’altro, in se stessi o nell’avvenire?” e prosegue “L’espressione abbraccia situazioni diverse: concubinato, rifiuto del matrimonio come tale, incapacità di legarsi con impegni a lungo termine. Tutte queste situazioni costituiscono un’offesa alla dignità del matrimonio; distruggono l’idea stessa della famiglia“.
Bell’esempio, verrebbe da dire, per chi, sempre secondo la dottrina dovrebbe vigilare ad esempio sulla condotta cristiana di un bambino battezzato, ma questa è la Chiesa odierna, vediamo in futuro se questi frutti acerbi matureranno o marciranno direttamente sulla pianta.
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::autore_::di Antonello Cannarozzo::/autore_:: ::cck::290::/cck::