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Questa volta non è servito a nulla nascondersi sotto i banchi o dietro la lavagna. La furia dei talebani li ha colpiti ovunque, nelle aule, nei corridoi, nel cortile, lasciando sul terreno oltre 140 vittime, quasi tutti ragazzi di età compresa tra i 7 ed i 18 anni, alunni dell’high school di Peshawar, figli di militari che operano nella zona.
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Questa volta non è servito a nulla nascondersi sotto i banchi o dietro la lavagna. La furia dei talebani li ha colpiti ovunque, nelle aule, nei corridoi, nel cortile, lasciando sul terreno oltre 140 vittime, quasi tutti ragazzi di età compresa tra i 7 ed i 18 anni, alunni dell’high school di Peshawar, figli di militari che operano nella zona.
Una strage tra le più brutali della storia recente di questo tormentato paese, per buona parte controllato da milizie locali in aperta ostilità con il governo centrale. La città di Peshawar, al confine con l’Afghanistan, è da giorni al centro di un’imponente offensiva dell’esercito pakistano, che sta cercando di riconquistare questa regione settentrionale, per riportarla sotto la giurisdizione delle autorità di Islamabad.
Il massacro degli studenti è dunque la risposta dei signori della guerra talebani all’avanzata dei militari pakistani. Una vendetta annunciata, che si è concretizzata alle 10 del mattino di martedì scorso, quando un commando di 9 talebani ha fatto irruzione nel liceo di Peshawar, sparando all’impazzata quando era da poco cominciata la giornata di lezioni.
Un’azione premeditata, che oltre al drammatico bilancio di vite umane, ha messo nel mirino le istituzioni scolastiche, baluardo indispensabile per consentire ai giovani di affrancarsi dalla mentalità tribale che li vuole schiavi di un destino già scritto. Proprio qualche giorno fa l’assegnazione del premio Nobel per la pace alla studentessa pakistana Malala Yousafzai e all’attivista indiano per i diritti dei bambini Kailash Satyarthi, aveva voluto essere un segnale per tutti coloro che vogliono riportare questa regione dell’Asia ad assurde logiche medioevali di convivenza, dove i giovani e le donne sono devono sottostare alla volontà dei capi clan.
I talebani sanno benissimo che il loro nemico più pericoloso non sono gli eserciti stranieri o gli uomini inquadrati negli apparati di sicurezza governativi, ma coloro che cercano attraverso l’istruzione, di emancipare i più deboli da un futuro di sottomissione. La strage di Peshawar, colpendo uno dei pochi plessi scolastici attivi nella regione, aveva proprio questo scopo. E poco importa se ora l’esercito regolare risponderà con durezza a questo disegno di morte. Quel che conta infatti è non abbandonare gli esponenti della società civile che, con immenso coraggio, stanno combattendo la guerra per la diffusione della cultura e per una società più giusta.
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::autore_::di Diego Grazioli::/autore_:: ::cck::315::/cck::