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Parlare di un termine come quello scelto in questo numero richiama subito la necessità di essere accorti e chiari nella declinazione dei suoi significati. Partiamo dall’origine che già da sola ci dà la prima misura.
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Parlare di un termine come quello scelto in questo numero richiama subito la necessità di essere accorti e chiari nella declinazione dei suoi significati. Partiamo dall’origine che già da sola ci dà la prima misura. La parola responsabilità deriva dal latino responsum che vuol dire risposta. In buona sostanza si vuole indicare la “capacità di rispondere dei propri comportamenti, rendendone ragione e accettandone le conseguenze”. Entrato nell’uso politico e giuridico sul finire del Settecento, il concetto è stato usato, in ambito filosofico, soprattutto nelle dispute intorno al problema della libertà. Di particolare importanza, nel Novecento, è la distinzione, introdotta da Weber, tra etica delle intenzioni ed etica della responsabilità nonché la riflessione sul “principio di responsabilità” svolta da Jonas.
Nel senso attivo essa indica il fatto, la condizione e la situazione di essere responsabile, il che vuol dire assumersi la responsabilità, accettarla o meno. E può riguardare ogni comportamento da quelli più piccoli a quelli più grandi, anche se non muta il valore che essa deve avere. Particolarmente significativo è il senso della parola nel diritto per le conseguenze che possono derivare dall’avere o non avere la responsabilità. Essa è situazione giuridica di obbligo gravante su un soggetto e che si instaura o per inadempimento di un obbligo o per qualunque atto illecito doloso o colposo che abbia arrecato ad altri un danno ingiusto. Essa può essere in diritto privato, diretta, indiretta, oggettiva, secondo che l’illecito sia causato dal soggetto stesso oppure da altri di cui è tenuto giuridicamente a rispondere (incapaci, figli minori, soggetti sotto tutela, come anche animali, cose in custodia, attività pericolose, ecc.). Essa può essere in questo ambito civile, amministrativa o penale. In quest’ultimo è, diversamente dalla responsabilità civile, strettamente personale. Vi sono poi altri significati traslati come quello della responsabilità internazionale che attiene agli stati o alle organizzazioni sovranazionali o quella politica cioè la responsabilità di un titolare di una carica pubblica elettiva nei confronti degli elettori.
In generale la si può indicare come la dote e la caratteristica di essere responsabile, di comportarsi responsabilmente.
Ed è qui, in questa definizione semplice tutto il valore di questo termine. “Fatti non foste a viver come bruti, ma per seguire virtute e canoscenza” recita il canto ventiseiesimo dell’Inferno di Dante Alighieri. Poche parole che il sommo poeta dedica a tutti gli uomini e le donne (anche se la sua invettiva era forse dedicata ai fiorentini) e che rendono con la semplicità propria di una grande lezione, il senso della responsabilità che deriva dall’essere l’uomo l’espressione più alta e completa del creato tanto da non potersi trincerare dietro ferinità o animalità e cioè senza intelletto.
Dalla storia e dal suo insegnamento spostiamoci al nostro vivere di oggi, al nostro paese. Da molto, troppo tempo, l’essere responsabili (che porta con sé anche l’essere coerenti ed onesti) sembra essere più l’indicazione di un’ultima e mitica Thule da raggiungere e alla quale tendere che non semplice dato oggettivo e quotidiano. Invece, è proprio l’atto della responsabilità di ogni giorno, in ogni ambito che ci permette poi l’assunzione di responsabilità più grandi. Spesso si sente dire: che mi importa, fanno tutti così, perché solo io, dinanzi ad atteggiamenti potenzialmente illeciti o elusivi! E’ proprio qui il nodo e l’insegnamento del quale tutti dovremmo fare tesoro: essere responsabili è un onore e un onere al quale come soggetti dotati di non dobbiamo sottrarci.
Responsabilità è anche parola che andrebbe calata di peso nel nostro sistema sociale, civile e politico. Aspetti che andrebbero visti nel loro insieme per le interazioni continue che li contraddistinguono. Se diamo uno sguardo alla nostra Italia, la sensazione è quella di un grande disagio, dove l’essere responsabili sembra virtù recessiva e collaterale, non invece quel che dovrebbe: centrale!
Esistono milioni di italiani che vivono nella responsabilità, nella sua assunzione, nel suo fardello, ogni giorno, in ogni luogo! Quindi la fiamma è accesa. Occorre però che essa diventi un incendio per toccare e purificare tutti i nodi dove essa sembra invece virtù rara. Quante volte, dinanzi a responsabilità accertate sentiamo dire: non sapevo, come potevo sapere, non sono responsabile. E questo da soggetti ai quali si trasferisce la responsabilità politica, sindacale, amministrativa, sociale! I guasti che ne derivano sono come infezioni che sconfitte qui, si ripresentano là. Come abbiamo detto la responsabilità è un compito quotidiano, al quale non dobbiamo sottrarci e spingere l’altro a non sottrarsi. Il beneficio sarà per tutti!
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::autore_::di Roberto Mostarda::/autore_:: ::cck::313::/cck::