Cultura

Italiani ostili alle tecnologie

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Cabling. Foto Massimo Predieri22 milioni di italiani non usa internet. Risulta da un indagine ISTAT pubblicata il 18 dicembre scorso. In base alla percentuale di chi non ha mai usato internet, siamo terzultimi in Europa.

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22 milioni di italiani non usa internet. Risulta da un indagine ISTAT pubblicata il 18 dicembre scorso. In base alla percentuale di chi non ha mai usato internet, siamo terzultimi in Europa. Solo il 64% delle famiglie ha acceso alla rete.Tabella Diffusione Internet in Europa. Fonte: Istat
Più che alla debolezza economica o alle carenze infrastrutturali, il ritardo nell’utilizzo di Internet dipende da una ostilità culturale tutta italiana. Lo si nota persino nelle parole usate dal telegiornale per dare la notizia dei dati ISTAT: “Il 54,3% degli italiani sono internet–dipendenti” (RaiNews24 del 18 dicembre 2014). Dipendenti da internet, cioè equiparati ai tossico dipendenti, ai dipendenti da farmaci, insomma una accezione negativa dei poveracci che utilizzano il mezzo informatico. Nessuno parlerebbe di telefono-dipendente per chi ha un telefono in casa, o di treno-dipendente per quelli chi viaggiano sulle ferrovie. Invece, per quel giornalista che ha scritto il pezzo di RaiNews24, chi usa la rete è uno sfortunato internet-dipendente.
A vent’anni anni dalla nascita di internet, gli italiani sono ancora riluttanti a considerare gli aspetti positivi di questo mezzo di comunicazione. Un atteggiamento molto diffuso nella leadership politica ma anche in quella imprenditoriale, nei media, e addirittura in quella accademica. Si tratta soprattutto di una ostilità culturale e filosofica.
La diffidenza verso le materie scientifiche e tecnologiche per alcuni osservatori si deve a Benedetto Croce e all’influenza che ha avuto sul pensiero e sulla politica in Italia. Il filosofo del neoidealismo riteneva che matematica e scienza non fossero vere forme di conoscenza, liquidando i concetti scientifici quali pseudoconcetti. “Gli uomini di scienza […] sono l’incarnazione della barbarie mentale, proveniente dalla sostituzione degli schemi ai concetti, dei mucchietti di notizie all’organismo filosofico-storico” (Benedetto Croce da Il risveglio filosofico e la cultura italiana, n. 6, 1908, pp. 161-168). Croce sottomise il pensiero scientifico alla filosofia dello spirito, sancendo così la supremazia delle scienze umanistiche. Oggi il principe italiano contemporaneo, contrariamente a quello rinascimentale, guarda dall’alto in basso, con sufficienza e malcelato fastidio i progressi tecnologici dei nostri tempi.
Non è improbabile che la sconfitta subita all’inizio del Novecento dagli esponenti del pensiero scientifico e positivista determinino ancora fortemente le scelte delle odierne classi dirigenti in Italia.

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