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La Nigeria nord-occidentale è in fiamme. L’ennesima offensiva dei Boko Haram, ha lasciato cumuli di macerie fumanti nei poveri villaggi devastati dalla furia distruttrice dei miliziani islamici.
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La Nigeria nord-occidentale è in fiamme. L’ennesima offensiva dei Boko Haram, ha lasciato cumuli di macerie fumanti nei poveri villaggi devastati dalla furia distruttrice dei miliziani islamici.
Dopo il massacro di Baga, cittadina sul lago Chad, costato la vita ad oltre duemila persone, questa volta a farne le spese sono state le località di Maiduguri e di Potiskum, predate dei pochi abitanti sopravvissuti, che sono andati ad ingrossare la folta schiera di ostaggi nelle mani dei ribelli anti-occidentali.
Dallo scorso mese di maggio, quando l’offensiva dei Boko Haram è cominciata su vasta scala, sono migliaia le vittime dei terroristi prelevate e nascoste nelle impenetrabili foreste di questo angolo di Nigeria. A poco è servita la campagna internazionale #bringbackourgirls, promossa dalla first lady americana Michelle Obama, che si era spesa personalmente per riportare a casa le studentesse rapite, primo atto della campagna di terrore della formazione islamista africana affiliata allo Stato Islamico.
Un impasse che ha nel presidente nigeriano Goodluck Jonathan il maggiore responsabile, sia per l’inadeguatezza della risposta militare messa in campo per riportare la pace nella regione, sia per il cinismo dimostrato mutuando la campagna mediatica per la liberazione degli ostaggi, diventata lo slogan per la sua riconferma nelle elezioni presidenziali che si terranno tra breve in Nigeria. #BringBackGoodluck2015 è infatti l’hashtag coniato da Jonathan in vista della campagna elettorale, un atteggiamento stigmatizzato dalla comunità internazionale, sempre più scandalizzata per la mancanza di coraggio dimostrata dalle autorità nigeriane.
Sicuramente meno accondiscendente con i ribelli di Boko Haram sembra essere il presidente del Camerun Paul Biya, che ha inviato nella regione dove operano i ribelli, un contingente di militari con il compito di fare piazza pulita delle basi oltre confine dei miliziani. La mossa del presidente camerunense sembra essere il primo passo verso la mobilitazione di una forza multinazionale dell’Unione Africana che possa mettere alle corde gli uomini di Aboubakar Shekau. Un contingente che, con tutta probabilità dovrà fare a meno delle unità speciali occidentali.
È andato a vuoto infatti il tentativo del presidente francese Francois Hollande di costituire una coalizione internazionale che possa dare una risposta globale adeguata alla sfida lanciata dai Boko Haram. Il veto posto da Washington ad una partecipazione diretta delle forze statunitensi, ha per ora fatto naufragare il progetto. L’ennesima prova della strategia dell’autodeterminazione voluta da Barak Obama, contrario all’impiego all’estero dei propri uomini, a meno che non vengano toccati interessi diretti degli Stati Uniti. E lo stupro di bambine e il rapimento di minori commessi dai ribelli Boko Haram in Nigeria e in Camerun evidentemente non rientrano in questa categoria.
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::autore_::di Diego Grazioli::/autore_:: ::cck::375::/cck::