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E venne il giorno tanto auspicato. Il tanto atteso Quantitative Easing (acquisto diretto di titoli di stato) prenderà presumibilmente luce il 22 gennaio, dopo mesi e mesi di strategie, ricette ed ingredienti vari.
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E venne il giorno tanto auspicato. Il tanto atteso Quantitative Easing (acquisto diretto di titoli di stato) prenderà presumibilmente luce il 22 gennaio, dopo mesi e mesi di strategie, ricette ed ingredienti vari.
La conclamata deflazione che attanaglia molti Stati dell’Unione Europea fa tendere l’inflazione ad un modico 0.8% per l’anno 2015, ben lontano dal 2%, ritenuto il livello ottimale per il normale funzionamento dell’economia.
Dietro al pretesto ufficiale, appare palese che anche gli Stati più virtuosi ed intransigenti si siano aperti alle manovre straordinarie per risollevare le sorti di un’Europa che ha assistito, trimestre dopo trimestre, al progressivo peggioramento di tutti i dati economici, con produzione economica al minimo storico e disoccupazione record.
Le conseguenti intemperanze di alcuni Stati, Grecia in primis, seguite da Francia, Italia e Spagna, segnano un tentativo di prendere il tempo necessario per seguire un percorso politico di integrazione che cammina col singhiozzo, segno tangibile di una pietanza ancora indigesta per alcuni commensali Europei.
Nel merito, la manovra avrà l’obiettivo di immettere liquidità nel sistema attraverso l’acquisto diretto di titoli di stato dei vari paesi, garantendo di fatto tutti gli investitori ed i mercati, con una serie di auspicati effetti secondari: rendere meno onerosi gli interessi sui debiti sovrani, mutualizzare il rischio dei singoli paesi, accentrandolo presso la Bce e dare delle nuove risorse per nuovi investimenti a quei paesi che hanno maggiori difficoltà dal punto di vista strutturale.
C’è da chiedersi se replicare gli interventi già adottati dalla Federal Reserve Americana e dalla Bank of Japan in Giappone sarà la ricetta giusta in salsa Europea.
Il funzionamento e la struttura delle varie economie è molto diversa fra le varie aree del globo e non vi è certezza che la manovra abbia gli effetti desiderati. In un sistema europeo basato sul sistema bancario, come motore del credito, sembra difficile che le banche, già sottoposte alle diete imposte dalle regole di Basilea, inizino di nuovo a banchettare con l’elargizione di credito alle famiglie ed alle imprese, nonostante la costosa medicina dei tassi dei depositi negativi presso la Bce.
D’altronde, anche il menù riformista attuato in Italia, sia dal punto di vista della domanda (80 euro a 10 milioni di italiani), sia dal punto di vista dell’offerta (jobs act), non sta ottenendo i risultati sperati ed il livello dei consumi è andato via via sempre in picchiata.
I conseguenti movimenti antieuropeisti e la tendenziale anoressia di alcuni governi a riformare i propri paesi ed immetterli nel sentiero dell’equilibrio stanno movimentando la tavola, con i vari commensali che cambiano posto e comportamenti, in barba al galateo.
Demandare l’ordine alla politica monetaria è altresì rischioso: che il grande chef Mario Draghi metta sul tavolo un menù sapiente ed equilibrato non ci sono dubbi; che i Governi e gli Stati commensali lo trasformino in un brodino non è, e non sarà giammai, colpa del cuoco.
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::autore_::di Gianluca Di Russo::/autore_:: ::cck::374::/cck::