::cck::384::/cck::
::introtext::
L’esempio storico più significativo è certamente quello previsto nel sistema elettorale degli Stati Uniti d’America, dove le elezioni primarie (o semplicemente primarie) sono quelle indette nell’ambito interno dei partiti al fine di designare il candidato alle presidenziali e i delegati alle elezioni per il rinnovo della Camera e del Senato;
::/introtext::
::fulltext::
L’esempio storico più significativo è certamente quello previsto nel sistema elettorale degli Stati Uniti d’America, dove le elezioni primarie (o semplicemente primarie) sono quelle indette nell’ambito interno dei partiti al fine di designare il candidato alle presidenziali e i delegati alle elezioni per il rinnovo della Camera e del Senato; successivamente, osserva il dizionario si sono affermate anche in alcuni paesi europei per designare, all’interno di uno schieramento politico, e attraverso il voto popolare dei cittadini, come forma di «democrazia dal basso», il candidato o i candidati che concorreranno alle elezioni vere e proprie.
Partiamo dal significato dunque. Le primarie costituiscono un procedimento elettorale utilizzato per permettere agli elettori di scegliere i candidati a cariche pubbliche o interne al partito. Il loro scopo è quello di coinvolgere attivamente i cittadini nel processo decisionale superando la logica della nomina dei candidati imposta dai dirigenti dei partiti organizzati. Praticate in alcuni stati degli Stati Uniti già a metà dell’Ottocento, in Italia sono state introdotte solo nell’ultimo decennio come tentativo di riqualificazione dell’azione pubblica e di riavvicinamento dei cittadini alla politica. A farsene promotore è stato lo schieramento di centrosinistra che le ha utilizzate per la prima volta nel 1999 per scegliere il candidato sindaco di Bologna, e in seguito, in forme diverse, in occasione delle elezioni regionali del 2005 in Calabria e in Puglia. A dare particolare visibilità a questo strumento politico sono però state quelle svoltesi su scala nazionale e indirizzate a tutti gli elettori italiani di centrosinistra, tenutesi nell’ottobre 2005 quando l’Unione ha chiesto ai suoi elettori di scegliere il candidato alla presidenza del Consiglio per le future elezioni politiche. Nonostante il crescente successo, non hanno in Italia una regolamentazione legislativa e si svolgono nell’ambito della dimensione volontaristica e privatistica e, di conseguenza, non hanno valore vincolante.
Questo quanto si può evincere per capire il senso della parola e il valore del procedimento che si intende perseguire.
Se andiamo poi al concreto dispiegarsi, soprattutto nel nostro paese, di questo tipo di scelta dato agli elettori o agli iscritti, constatiamo che il cammino è ancora lungo e, come dimostrano le polemiche in Liguria di questi giorni, anche piuttosto intricato per il tipo di critiche e di complessità che le accompagnano.
Se infatti, icto oculi, il significato e il valore delle primarie, appaiono chiari e semplici, nel concreto abbiamo assistito troppe volte, nel nostro paese, ad assurdità e incomprensibili evoluzioni tanto da far dubitare dell’effettiva programmabilità e applicabilità dello strumento.
Sono soprattutto i rischi di “inquinamento” da parte di elettori non della parte che le promuove a creare difficoltà. Le accuse, anche fuori tono e con i soliti riflessi condizionati postcomunisti sulle minacce “fasciste”, nelle primarie liguri la dicono lunga. E stupisce che una personalità come l’ex segretario della Cgil candidato in Liguria, non abbia trovato di meglio di fronte alla sconfitta che denunciare brogli, elettori non del Pd, cittadini non elettori del Pd e addirittura inquinamento di destra per contestare la sua sconfitta e mettere in discussione il risultato, per poi uscire dal partito!
Al di là della situazione specifica e delle decisioni individuali, risulta quanto meno singolare aprire le primarie agli elettori – senza cioè poterli identificare come tali per ragioni di pura e semplice libertà democratica – e, nel momento in cui il risultato non è favorevole, lanciare accuse di brogli – sui quali deciderà la magistratura – e immaginando inquinamenti “fascisti” e questo tanto per far scattare il riflesso condizionato “anti”, incuranti del fatto che molti elettori “democratici” potrebbero essersi espressi liberamente contro la proposta risultata minoritaria e che così accusando si da loro per estensione del fascista così, solo per comodità verbale invece di guardare alle proprie parole, proposte, indicazioni elettorali.
Quest’ultima esperienza dimostra come le primarie in salsa italica abbiano ancora molta strada davanti e abbiano sostanzialmente tradito la finalità primaria di espressione diretta dei cittadini. Ripensarle dunque, o lasciar perdere!!
::/fulltext::
::autore_::di Roberto Mostarda::/autore_:: ::cck::384::/cck::