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Ci voleva il maltempo per mettere in ginocchio l’unica filiera economica ancora attiva nel nostro Pese e marchio di qualità nel mondo delle nostre eccellenze: i prodotti agroalimentari.
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Ci voleva il maltempo per mettere in ginocchio l’unica filiera economica ancora attiva nel nostro Pese e marchio di qualità nel mondo delle nostre eccellenze: i prodotti agroalimentari.
Quest’anno dobbiamo, purtroppo, aspettarci un calo fino al 50% della disponibilità sui banchi dei mercati. La Coldiretti ha, infatti, stilato un elenco dei prodotti più commerciali con minore disponibilità nei mercati: al primo posto, l’eccellenza per antonomasia, l’olio d’oliva con una produzione calata del 35%, attorno alle 300mila tonnellate, seguono gli agrumi del 25%, il vino del 15%, la più scarsa dal 1950 che potrebbe scendere fino a 41 milioni di ettolitri, e del 50% il miele nostrano.
La produzione di castagne, altro prodotto d’eccellenza, è addirittura ai minimi storici: un raccolto al di sotto dei 18 milioni di chili registrati lo scorso anno e pari ad appena 1/3 di quella di 10 anni fa.
“Rischiano quindi di mancare dalle tavole quei prodotti base della dieta mediterranea che – spiega l’ufficio studi della Coldiretti – sono considerati indiscutibilmente come essenziali per garantire una buona salute“.
Oggi scontiamo la politica miope di non aver voluto incrementare una agricoltura nazionale scegliendo la via meno difficile di comprare derrate alimentari all’estero con il bel risultato che alla prima crisi economica, meteorologica o politica queste risorse possono essere bloccate.
Un esempio di mancanza d’investimenti macroscopico è certamente la produzione italiana di pasta che dipende ormai del 40%, e oltre, dall’acquisto di grano duro dall’estero. Se in Italia i raccolti di frumento duro hanno subito una leggera flessione, -4%, un calo consistente del 10% si è verificato invece nell’area dell’Unione Europea e un crollo maggiore del 27% si è registrato in Canada, il nostro principale granaio.
Complessivamente, secondo le stime dell’International Grains Council, la produzione mondiale dovrebbe attestarsi sui 34 milioni di tonnellate, meno 15%.
Non va meglio per un ortaggio simbolo della nostra cucina come il pomodoro, per il quale si registra un calo di produzione per ettaro ed è solo grazie all’aumento delle superfici coltivate che la produzione rimane in linea con la media stagionale dell’ultimo quinquennio.
Una situazione certamente difficile anche perché, oltre alla dipendenza dall’estero dei nostri prodotti base, il consumatore si trova esposto all’acquisto di falsi prodotti italiani.
Un pericolo crescente, non solo per la qualità, ma, soprattutto, per la loro composizione non sempre in linea con i nostri requisiti per un sano prodotto alimentare come conferma lo stesso presidente della Coldiretti, Roberto Moncalvo “Con il crollo dei raccolti nazionali aumenta il rischio di portare in tavola prodotti spacciati per Made in Italy ma provenienti dall’estero, spesso di bassa qualità”.
Un motivo in più, spiega ancora la Coldiretti, per fare maggior attenzione all’origine in etichetta, almeno per prodotti come l’olio, il miele e gli agrumi freschi dove ormai è in vigore l’obbligo di individuare la provenienza, cercando sulle confezioni, quando è possibile, il caratteristico logo del Dop-Igp, quello, per chi non lo conoscesse, a cerchi concentrici blu e gialli con la scritta per esteso nella parte gialla Denominazione di Origine Protetta o Indicazione Geografica Protetta, mentre nella parte blu compaiono le stelline rivelative all’Unione Europea.
A questo punto il semplice consumatore può legittimamente domandarsi se sia ancora utile continuare una politica di importazioni dall’estero o, forse, meglio tornare alla sana coltivazione sul territorio delle nostre eccellenze e non solo? Purtroppo per noi, anche le cose più evidenti diventano complicate e, come in questo caso, economicamente suicide.
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::autore_::di Sergio Brizzi::/autore_:: ::cck::386::/cck::