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Il terremoto politico scatenato dall’esito delle elezioni greche svoltesi il 25 gennaio scorso, non ha ancora finito di riverberare le sue scosse di assestamento.
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Il terremoto politico scatenato dall’esito delle elezioni greche svoltesi il 25 gennaio scorso, non ha ancora finito di riverberare le sue scosse di assestamento. La trionfale vittoria di Alexis Tsipras e del suo partito Syriza è alla prova dei fatti.
I prossimi mesi ci diranno se la sfida alle politiche economiche messe in atto in questi anni dall’Unione Europea, avrà qualche possibilità di successo. Un auspicio che non viene solo dall’elettorato greco, ma anche da tanti cittadini europei, che hanno visto ridurre il proprio potere di acquisto a causa della crisi e dell’austerity imposta dalle istituzioni di Bruxelles.
Nelle ore successive allo spoglio dei voti, che ha decretato la vittoria del partito della sinistra radicale ellenica, politici europei di ogni colore e schieramento hanno manifestato la propria soddisfazione per l’esito della tornata elettorale. Da Matteo Renzi a Francois Hollande, passando per gli spagnoli di Podemos, per arrivare a Marine Le Pen oppure agli euroscettici britannici dell’Ukip, è stato tutt’un coro di apprezzamento per la messa in discussione delle politiche di rigore che hanno impoverito milioni di cittadini in tutto il continente.
Che la situazione fosse insostenibile soprattutto per le nazioni della sponda sud era chiaro da tempo. Una consapevolezza diffusa persino in quei circoli legati alla Bundesbank ed al suo governatore Jens Weidmann, massimo alfiere della strategia del rigore e dei tagli nei settori strategici delle economie dei paesi in crisi. Non a caso il politico più importante dell’Unione Europea, la cancelliera tedesca Angela Merkel, ha appoggiato il presidente della Bce Mario Draghi nel varo della strategia di acquisto di titoli di stato delle banche centrali nazionali, nonostante i critici sostenessero che tale decisione rischi di rallentare le misure di risanamento necessarie per ridare linfa all’economia del vecchio continente.
Tornando alla Grecia, vero epicentro di questo tsunami destinato a cambiare la recente storia economica europea, la sfida lanciata da Alexis Tsipras, appare ardua e carica di rischi. A partire dalla situazione interna. L’ingresso nella maggioranza di governo del partito di destra Anel responsabile del dicastero della difesa, serve a tranquillizzare quei settori legati all’esercito, preoccupati per la salita al potere di un politico di estrema sinistra. Non per nulla la prima visita all’estero del nuovo premier greco si è tenuta a Cipro, isola contesa con la Turchia, particolarmente cara ai nazionalisti ellenici.
Più difficile invece appare la questione legata alle esenzioni fiscali concesse da sempre ai grandi armatori greci e che Tsipras vorrebbe mettere in discussione. Nel mirino del neo premier c’è in particolare l’articolo 89 della costituzione greca che garantisce la totale esenzione fiscale per i profitti degli armatori ottenuti all’estero. Sarà questo il primo banco di prova destinato a determinare le possibilità di vittoria della strategia di Tsipras e del suo governo. Vincere la partita contro la lobby più potente del paese, rappresenterebbe un successo dall’immenso significato simbolico. L’abolizione di uno degli assurdi privilegi che hanno portato la Grecia sul baratro del default, consentirebbe di essere più credibile anche agli occhi di quei partner europei, particolarmente scettici sulla possibilità della Grecia di onorare i prestiti ricevuti.
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::autore_::di Diego Grazioli::/autore_:: ::cck::402::/cck::