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Ho sempre guardato con una certa invidia ai Paesi del Nord Europa per il loro senso civico, onestà nei rappresentanti istituzionali, un diffuso benessere insieme a libertà e tolleranza verso tutti i cittadini senza alcuna distinzione né di razza e né di ideologia.
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Ho sempre guardato con una certa invidia ai Paesi del Nord Europa per il loro senso civico, onestà nei rappresentanti istituzionali, un diffuso benessere insieme a libertà e tolleranza verso tutti i cittadini senza alcuna distinzione né di razza e né di ideologia.
Questo una volta, oggi, lo confesso, ho una profonda delusione.
Un esempio è la “civilissima” Olanda, una terra dove la tolleranza è ormai uno status quo nazionale, vedi l’uso delle droghe o della prostituzione, ma non per la vita umana in quanto tale, trattata, al di la di roboanti attestati di priorità, a livello di merce ed anche scadente.
Questa nazione ha il triste primato di aver depenalizzato più di venti anni fa, era il 1993, l’eutanasia con il risultato, confermato tra l’altro da una prestigiosa rivista scientifica come Lancet, che il 2,6% dei certificati di morte su 3.647 persone decedute, redatti in Olanda nell’anno 2001, otto anni dopo la legge, era da addebitarsi a pratiche legate alla cosiddetta “dolce morte”, ma c’è di peggio: in un quarto dei casi la morte era stata perpetrata senza consenso del paziente.
Una situazione che lascia a dir poco sgomenti, perché la legge per applicare il protocollo prescrive che per morire occorre che il soggetto sia cosciente e maggiorenne ed inoltre ne abbia espresso la volontà reiterata, ma solo per non subire più atroci sofferenze senza prospettive di miglioramento, con la firma di almeno due medici.
C’è però un particolare che lascia allibiti: il paziente può ricorrere all’eutanasia anche se non è in stadio terminale, ma per un malessere in generale, così, è solo una mia deduzione, chi è stanco della vita, invece di buttarsi sotto un treno, può scegliere di morire a spese dello Stato.
Si obietterà a questa mia osservazione che il soggetto deve avere almeno una patologia grave anche se solo psicologica; certamente, ma intanto negli ultimi sei anni i casi di eutanasia sono aumentati del 32%, sempre secondo la rivista Lancet. Una cifra che lascia almeno perplessi.
A queste percentuali va aggiunto anche il sospetto, come scrive il “New England Journal of Medicine”, che le cifre possono essere state ritoccate al ribasso semplicemente perché molti casi non sono stati denunciati.
Se questo tipo di legislazione è per noi assai criticabile, lo è ancora di più per quanto riguarda i minori in genere.
Anche loro, nella “civile” Olanda, hanno diritto, come gli altri cittadini, a poter usufruire dell’eutanasia.
Grazie ad Eduard Verhagen, un avvocato e direttore medico del reparto di pediatria presso l’università di Groningen, conosciuto soprattutto per il suo coinvolgimento in infantile eutanasia in Olanda per il quale ha elaborato nel 2002 il protocollo Groningen sull’eutanasia infantile. Un protocollo divenuto legge nel 2005 ed esteso ai bambini, con un’età non inferiore ai 12 anni.
Sempre Verhagen nel 2005 dalle colonne del “New England Journal of Medicine” ha dichiarato che il 60% dei bambini che muoiono nel loro primo anno di vita smettono di vivere per una pratica della dolce morte, dunque invece di combatterne le cause meglio approvarla per legge.
Le regole per uccidere i bambini sono quelle valide per gli adulti, solo che il minore dai 12 ai 16 anni ha bisogno dell’assenso dei genitori per farsi togliere la vita e dai 16 ai 18 devono almeno essere consultati.
Se si pensa che con questo tipo di legge si è toccato il fondo dell’umanità c’è ancora di peggio. Come abbiamo accennato in precedenza, la condizione necessaria per il paziente, minore o adulto, per poter accedere all’eutanasia in realtà non è quella di essere affetto da gravi malattie con dolori intollerabili, ma è sufficiente che il piccolo abbia, ad esempio la spina bifida o sia idrocefalo, malattie certo debilitanti, ma con le quale il paziente può vivere, ma non in Olanda.
Queste patologie sono quasi la metà dei casi registrati.
Secondo un report della Royal Dutch Medical Association il 64% dei medici ritiene di subire pressioni da parte dei familiari e non da parte del paziente per praticare l’eutanasia. Purtroppo, sono proprio i parenti più stretti, come i genitori o parenti prossimi, a chiedere di staccare la spina perché vogliono risparmiarsi l’iniziale sofferenza di accudire un figlio disabile.
In proposito, con una bella dose di ipocrisia, sempre il dott. Verhagen, ha scritto che «i dottori devono risparmiare ai parenti l’abominio di vedere morire nella sofferenza i propri figli».
Crediamo che non occorrono altre parole per indicare verso quale società stiamo andando: oggi è l’Olanda, ma domani, statene pur certi, anche noi italiani saremo davanti a queste atrocità in nome del progresso e delle conquiste civili, dovremo solo aspettare qualche anno.
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::autore_::di Antonello Cannarozzo::/autore_:: ::cck::409::/cck::