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Chissà cosa avrebbe detto il grande Eduardo se fosse stato presente all’accorata arringa difensiva dell’avvocato Donato Laino.
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Chissà cosa avrebbe detto il grande Eduardo se fosse stato presente all’accorata arringa difensiva dell’avvocato Donato Laino. Con alcune “perle” in dialetto napoletano il legale, variando i toni di voce, ha cercato anche di mettere in ridicolo quanto sostenuto dai pubblici ministeri affermando testualmente: “Si è preso per buono persino quanto raccontato dalla signorina Domnica Cemortan, quando ha detto che la velocità della nave è stata diminuita per permettere di finire il dessert. Ma – dico io – quale credibilità può avere? La signorina è venuta in questa aula sotto giuramento ed ha raccontato delle cose. Fuori, ai giornalisti, ne ha raccontate altre, di elicotteri e quant’altro… Possiamo dare credito a queste affermazioni? Per la procura si, perché tutto serve a creare l’immagine di Schettino quale ‘corsaro nero’ alla conquista dell’isola del Giglio”.
“La procura – continua Laino – ha voluto sostenere che il comandante, nel momento dell’emergenza, si stava grattando la pancia al telefono con Ferrarini. Non è vero: cercava di capire cosa fare e, la sua esperienza di navigazione, gli suggeriva che, mettere in mare 4.200 persone, era la cosa più pericolosa: la nave è sempre la ‘scialuppa più sicura’. Solo quando ha capito che la Concordia era morta, irrecuperabile, ha dato il comando di abbandonare la nave”.
Il legale si è anche soffermato sull’errore del timoniere Jacob Rusli Bin che, perdendo minuti preziosi, (secondo lui) ha influito certamente sul naufragio.
Donato Laino sostiene che il suo cliente è stato “ghettizzato processualmente” poiché il PM Navarro, durante l’incidente probatorio, non aveva neanche ravvisato la necessità di iscrivere il timoniere sul registro degli indagati e, quando è stato fatto, non è stato più possibile rintracciarlo.
Indubbiamente il difensore svolge il suo lavoro e, da buon napoletano, lo fa anche con esplicita passione, ma, sembra assurdo, chiedere a gran voce le prove della responsabilità di Schettino. La voce delle vittime è, senza dubbio, più forte di qualunque arringa difensiva, in qualunque aula di tribunale. Quella voce dice che il comandante, sulla sua nave, è il “deus ex machina” e, come tale, si deve comportare, assumendosi le colpe della tragedia, anche se a questa possono aver contribuito fattori a lui estranei. Scendere poi dalla nave, quasi per primo, non sembra una grande assunzione di responsabilità quando si hanno 4.200 vite da tutelare. Chissà come si sarebbe comportato in questo caso un corsaro nero che, a quanto risulta dai racconti dei pirati, era solito seguire la sua nave fino in fondo al mare!!
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::autore_::di Luisanna Tuti::/autore_:: ::cck::417::/cck::