::cck::442::/cck::
::introtext::
Dopo la minaccia di annientare il Vaticano, questa volta la propaganda jihadista ha preso di mira il Colosseo. In un’immagine apparsa sul sito internet della fazione libica dello Stato Islamico
::/introtext::
::fulltext::
Dopo la minaccia di annientare il Vaticano, questa volta la propaganda jihadista ha preso di mira il Colosseo. In un’immagine apparsa sul sito internet della fazione libica dello Stato Islamico, appare lo storico monumento romano sormontato da una bandiera nera, vessillo simbolo dei miliziani del califfato.
L’ennesimo capitolo della sfida contro l’occidente, accusato di interferire nella guerra, che dalla caduta di Mu’ammar Gheddafi, si sta combattendo nelle sabbie libiche. Un conflitto che sta opponendo diverse formazioni, a loro volta divise in bande e gruppi tribali, il cui unico scopo è quello di depredare le immense risorse del paese.
Una frammentazione che sta mettendo a dura prova le capacità diplomatiche della Lega Araba e dei mediatori internazionali, che stanno tentando di mettere insieme una piattaforma di forze politiche e militari in grado di esercitare l’autorità ed il controllo del territorio. Al momento le formazioni più significative sono gli islamici moderati di Alba Libica, che controllano la città di Misurata e diversi quartieri della capitale Tripoli oltre alla quasi totalità della regione denominata Tripolitania. Sono state queste unità combattenti a riconquistare la città di Sirte, caduta nei giorni scorsi nelle mani degli uomini del califfato.
Secondo le intelligence occidentali, Alba libica avrebbe messo le mani su parte dell’arsenale chimico di Gheddafi, il che farebbe aumentare sensibilmente la pericolosità di questo gruppo, peraltro indicato come il vero responsabile della gestione dei migranti in attesa di imbarcarsi verso le coste dell’Europa meridionale.
La seconda entità, in ordine di forza sulla scena libica, è il cosiddetto governo legittimo con base a Tobruk, la città al confine con l’Egitto che ospita il parlamento eletto nelle elezioni dello scorso giugno dopo la fuga da Tripoli a seguito della conquista di quest’ultima da parte delle milizie di Misurata. Il governo di Tobruk al momento gode delle simpatie occidentali e soprattutto dell’appoggio del generale Al-Sisi, che dall’Egitto ha lanciato un’offensiva senza quartiere alle roccaforti dello Stato Islamico.
Le milizie di Tobruk sono le uniche formazioni di matrice laica rimaste sulla scena libica, molte di loro sono ex quadri dell’esercito di Gheddafi riciclatisi dopo la caduta del rais quattro anni fa. Solo passando attraverso un’alleanza tra queste due entità la battaglia contro gli uomini del califfato avrà qualche speranza di successo.
Un’opzione di difficile realizzazione, che ha bisogno del supporto occidentale ma soprattutto dell’appoggio dei paesi arabi per avere qualche possibilità di riuscita. Per questo negli ultimi giorni Stati Uniti ed Europa stanno esercitando pressioni affinché gli sponsor arabi delle due formazioni anti IS trovino un accordo che consenta un’unità di intenti.
La risoluzione della crisi libica si sta dunque giocando nei palazzi di Ankara e del Cairo, ai ferri corti dopo la defenestrazione dei fratelli musulmani dalla guida dell’Egitto. Solo la ricomposizione dei rapporti tra i due giganti del mondo arabo potrà stabilizzare la situazione in Libia e nel resto della regione.
::/fulltext::
::autore_::di Diego Grazioli::/autore_:: ::cck::442::/cck::