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Molti giornali hanno spesso ridicolizzato Matteo Renzi per lo sfoggio del suo inglese approssimato durante i meeting internazionali, dando così un pessimo esempio di come si studiano le lingue in Italia.
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Molti giornali hanno spesso ridicolizzato Matteo Renzi per lo sfoggio del suo inglese approssimato durante i meeting internazionali, dando così un pessimo esempio di come si studiano le lingue in Italia.
Renzi, da persona di spirito, ha accettato la critica e infatti nelle visite ufficiali ora parla solo italiano.
Purtroppo, sono molti coloro che avendo visibilità politica e non solo, credono di essere più internazionali sfoggiando le lingue spesso in modo assai originale, tanto da ricordare i celebri Totò e Peppino a Milano.
Il guaio è che oltre a parlare male le lingue straniere, utilizziamo i loro vocaboli per esprimere concetti che possiamo tranquillamente esprimere nel nostro ricchissimo idioma.
Secondo Federlingue (Associazione Italiana Imprese di traduzione e formazione linguistica), in questi ultimi anni l’uso quotidiano delle parole anglosassoni è aumentato del 773%, molte delle quali, anche francesi, possono essere semplicemente tradotte in italiano. Qualche esempio: Brand, marca di un prodotto, flop, fallimento, fan, tifoso, killer, omicida, meeting, convegno e così in una lista interminabile. Inoltre ci sono parole che sono di origine latina come media usata per indicare le fonti di informazione di coloro che mediano da notizia e pubblico, computer da computare o server da servire e così via.
Si potrebbe obiettare che per anni è stato affermato che imparare l’inglese era una conquista importante e ora, per aver ecceduto ci troviamo la lingua italiana “contaminata” dall’anglosassone.
Nessuno, sia chiaro, vuole tornare ai tempi del fascismo che mise al bando ogni parola che non fosse italiana come mescita al posto di bar, anche se parola di origine latina, acquavite al posto di brandy o whisky, per arrivare alle ridicole espressioni di bevanda arlecchino o coda di gallo al posto di cocktail, cialdino per cachet, pallacorda per il tennis, ciò che è rimasto di quelle traduzioni è la parola sandwich con tramezzino.
Se questo è il passato non è giusto però esagerare e farci conquistare da altre culture. Studiando la storia vediamo che i popoli colonizzati hanno parodiato la lingua dei colonizzatori depauperando di fatto la propria cultura e le proprie radici perché è bene ricordare che la lingua italiana, come la lingua di ogni popolo, siamo tutti noi quando parliamo, quando esprimiamo un concetto, un’idea, quando lavoriamo o ci divertiamo, la lingua è come un lungo fiume dove scorre la nostra civiltà, deviarlo interromperlo inquinarlo significa spezzare anche una parte di noi.
Prendiamo il caso più appariscente dell’inglese; la lingua l’italiana, senza alcun sciovinismo, è nettamente superiore ad essa, riconosciuta dagli stessi sudditi di Sua maestà, sia dal punto di vista sintattico, fonetico e soprattutto per la ricchezza di vocaboli e ricordiamo a quegli italiani che pensano di essere internazionali usando i vocaboli inglesi che l’80%, più di tre quarti, dei vocaboli britannici è di origine latina e, dunque, in parte, anche, italiana.
Non si tratta di una crociata contro le lingue straniere, ci mancherebbe altro, né contro l’uso dei tanti vocaboli inglesi che certamente non hanno corrispondenti italiani efficaci e accettati come mouse a discount, da toast a software, bisogna solo suggerire che senza troppa fatica si può dire in italiano quel che, magari per abitudine o pigrizia, si dice ormai in inglese, e dare così un taglio allo stucchevole provincialismo italico.
Possiamo tradurre, solo per fare qualche esempio: poster con il nostro manifesto, party con festa, relax con riposo, scoop con notizia sensazionale, il recente workshop in laboratorio e così via.
Sfortunatamente, proprio chi dovrebbe difendere la lingua, la politica, ne fa un uso a volte sconsiderato, addirittura un ministero è stato chiamato del welfare al posto della nostra italiana assistenza sociale, per arrivare a question time per risposta del governo al Parlamento, impeachment, messa in stato d’accusa, devolution al posto di decentramento, bipartisan equidistante, authority per dire autorità di controllo per arrivare al recentissimo jobs act, semplicemente norme sul lavoro.
Queste sono solo alcune delle parole usate che spesso creano anche confusione in chi non conosce la parola straniera.
Ugo Foscolo, rifugiatosi a Londra agli inizi dell’800, scriveva ai suoi amici in merito alla conoscenza dell’italiano in Inghilterra che: “Moltissimi lo studiano, pochi lo imparano, tutti affettano o presumono di saperlo; ma i librai assicurano che appena esce un libro in italiano, anche classico, si vendono cinquanta copie in tre anni e di un libro inglese, di qualche nome, se ne vendono cinque e spesso seimila copie in due o tre settimane”.
L’interesse per la letteratura italiana in Gran Bretagna era certamente elitario, lingua dei poeti romantici vittoriani e delle persone di cultura che si appassionano all’italiano per conoscere i testi operistici, architettonici, letterari o anche semplicemente per i soggiorni in Italia, solo in un secondo tempo, senza che se ne accorgessero, anche le classi popolari ne furono conquistate.
Nonostante, come abbiamo già detto, il disinteresse di chi dovrebbe difenderla e diffonderla la nostra lingua è tra le quattro più studiate al mondo, bel record per chi è così trascurata in patria.
Il sondaggio statistico “Euro-barometro”, condotto dalla Commissione Europea su un campione di cittadini dei 25 stati dell’Unione, ha confermato nel 2006 quanto a numero di madrelingua comunitari al primo posto il tedesco con il 18% in seconda posizione l’italiano a pari merito con l’inglese 13%, e davanti al francese 12%.
Nel Canada anglofono l’italiano è la seconda lingua più studiata dopo il francese, mentre negli Stati Uniti e in Regno Unito è la quarta lingua straniera più studiata dopo francese, spagnolo e tedesco e per concludere il caso del Montenegro dove la lingua italiana è stata introdotta nel 1995 nel secondo ciclo della scuola dell’obbligo.
In Italia questa ricchezza, come i musei o gli scavi Pompei, è trattata con sufficienza dimenticando che la lingua è cultura, sapere, progresso e i risultati di questo atteggiamento sono purtroppo sotto gli occhi di tutti.
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::autore_::di Antonello Cannarozzo::/autore_:: ::cck::504::/cck::