Esteri

Il genocidio dimenticato

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"Hrantdink" di Anil Ciftci, Makril - Opera propria. Con licenza Pubblico dominio tramite Wikimedia Commons - http://commons.wikimedia.org/wiki/File:Hrantdink.jpeg#/media/File:Hrantdink.jpegParlare di ieri per rivolgersi all’oggi. È stata probabilmente questa la motivazione che ha spinto Papa Francesco a ricordare il genocidio compiuto nel 1915 dai turchi ottomani ai danni della comunità armena e delle chiese cristiane d’Oriente.

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Parlare di ieri per rivolgersi all’oggi. È stata probabilmente questa la motivazione che ha spinto Papa Francesco a ricordare il genocidio compiuto nel 1915 dai turchi ottomani ai danni della comunità armena e delle chiese cristiane d’Oriente.
Parole che hanno profondamente indignato il governo di Ankara, che da sempre nega la natura e le dimensioni di quell’eccidio, derubricandolo a questioni interne senza una valenza di vera e propria persecuzione.
Una ferita aperta da un secolo, evocata già 14 anni fa da Giovanni Paolo II, ritornata prepotentemente alla ribalta proprio in questo “annus orribilis” per le comunità cristiane, vessate senza quartiere dalle terre del Levante alle foreste dell’Africa occidentale. Una situazione drammatica che ha spinto il pontefice a rinnovare il ricordo di quello che è tristemente diventato “il primo genocidio del XX secolo”, affinché questo nuovo millennio non debba cominciare con un altro abominio.
Il massacro di un milione e mezzo di persone di etnia armena, ultimo tentativo dell’esangue impero ottomano di trovare un capro espiatorio per giustificare la fine del suo secolare potere, rappresenta un tabù per il governo turco difficilmente superabile. Il contesto geopolitico mediorientale, che vede la Turchia esercitare un ruolo di primissimo piano nelle vicende che stanno causando migliaia di vittime e tremende devastazioni, non aiuta certo il governo di Ankara ad un’assunzione di responsabilità per questioni che sembravano archiviate.
Inoltre, l’opposizione interna, dalle proteste di Gezi Park all’assalto alle sedi del potere messo in atto da formazioni di esterna sinistra, spingono il governo Erdogan in un angolo politico che deforma ogni critica che metta in discussione il ruolo storico della Turchia.
Se dalle sponde del Bosforo arrivano risposte infuocate, dai monti dell’Armenia arriva invece il plauso per le parole pronunciate da Papa Francesco. Il presidente armeno Serz Sargsyan ha invitato il popolo turco a liberarsi dal peso della storia, condizione indispensabile per ripristinare un dialogo che consenta di fermare le atrocità che insanguinano l’intera regione.
Il popolo armeno, il primo a convertirsi al cristianesimo all’alba del IV secolo dopo Cristo, vive da secoli circondato da popolazioni di religione musulmana. In particolare il governo di Erevan è ancora alle prese con il conflitto che l’oppone all’Azerbaijan per la questione dell’enclave del Nagorno-Karabakh, normale dunque che il discorso papale venga letto come una presa di posizione inequivocabile sulle tensioni in corso.
Più caute invece le reazioni della comunità internazionale. Solo il nostro ministro degli esteri Paolo Gentiloni ha invitato la Turchia a non strumentalizzare le parole del Papa, invitando il governo di Ankara ad abbassare i toni. Un auspicio che difficilmente verrà raccolto da Erdogan che ormai ha perso ogni speranza di unirsi alla grande famiglia europea, continuando a coltivare invece il sogno di un neo ottomanesimo che possa ripristinare il ruolo perduto della Turchia.

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::autore_::di Diego Grazioli::/autore_:: ::cck::529::/cck::

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