La parola

Naufragio

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La parola di questa settimana non ci induce a ironie o a sottolineature, ma ci mette in contatto con l’ultima tragedia del Mediterraneo, a poche decine di miglia dalle coste del nostro paese

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La parola di questa settimana non ci induce a ironie o a sottolineature, ma ci mette in contatto con l’ultima tragedia del Mediterraneo, a poche decine di miglia dalle coste del nostro paese, indicata come la più grave in assoluto mai verificatasi a livello mondiale nel dramma dell’emigrazione prodotta dalle crisi, dalle guerre, dalle devastazioni di intere aree.
Le centinaia di vittime (un numero imprecisato ancora, ma di poco inferiore al migliaio) ci porterebbe ad usare il termine ecatombe dal greco antico per indicare stragi e tributi umani di dimensioni spaventose. Ci limitiamo però ad analizzare la parola naufragio. Letteralmente essa indica la rottura dello scafo di una nave (dal termine greco di nave). In gergo tecnico si intende per naufragio la rottura della carena d’una nave e la conseguente sommersione e perdita di questa, ma nell’uso s’intende qualsiasi perdita di nave, sia se essa cola a picco, sia se s’infrange sugli scogli o sulla riva, per qualsiasi accidente.
Le cause che possono determinare un naufragio sono di varia natura. Causa più o meno frequente in tutti ì tempi può esserne la negligenza o l’imperizia del comandante; qualche volta l’imperizia può trovare una discriminante per la persona e un’aggravante per le conseguenze nella imperfezione di carte nautiche, nelle quali in qualche località meno nota piccoli scogli o bassifondi non sono segnati o sono imprecisamente rilevati; o nella insufficiente illuminazione di alcune coste; ovvero anche, ora però molto più raramente, in qualche deficienza costruttiva.
Ma le cause più frequenti sono di natura fisica, alle quali non sempre la prudenza e la perizia del comandante può sfuggire. Tali cause hanno avuto ed hanno presa diversa nel tempo in relazione alla saldezza e alle dimensioni delle costruzioni navali, alla perfezione degli strumenti nautici e quindi dell’arte del navigare, alle provvidenze ed agli accordi internazionali per prevenire gli abbordi in mare, allo sviluppo delle radiocomunicazioni, e a molte altre cause.
Quello del quale parliamo, tuttavia, apre un’analisi molto più complessa. I naufragi nel Mediterraneo sembrano infatti sempre più risultato diretto dell’azione di bande senza scrupoli, mercanti di morte che sfruttano il bisogno, la paura, la ricerca della salvezza da guerre, carestie, miserie e povertà indicibili. E più è alto il livello della sofferenza, maggiore sembra essere il cinismo di chi ne approfitta. I naufragi arrivano spesso al termine non di viaggi, ma di spaventose odissee nel deserto, tra predoni, milizie, trafficanti di ogni risma, per donne, anziani, bambini, uomini di ogni età, privati di tutto, disposti a tutto pur di raggiungere il loro scopo. Persone che vengono trattate come schiavi, cui viene impedito qualsiasi contatto che non sia quello con il sistema criminale che dovrebbe loro assicurare il trasporto sino al mare e oltre il tratto di traversata. Negli ultimi tempi si è accertato che sovente i trafficanti lasciano soli gli scafi e li indirizzano a timone bloccato verso il mare aperto in direzione del punto di arrivo. In pratica creando veri e propri barconi “kamikaze” per così dire, ai quali e alle persone che su di essi vengono stipate si aprono orizzonti ad altissimo rischio che spesso si concludono con un naufragio, appunto. La stragrande maggioranza dei migranti spesso non conosce il mare e non sa nuotare e questo accresce rischi e pericoli.
Per comprendere poi quanto accade, occorre approfondire il passato di questa nuova forma di schiavismo nichilista. E ricordare come l’interesse ad una mano d’opera a buon mercato nei paesi europei ed oltre Atlantico, trovò perfetta consonanza nel mondo arabo e che sino al XIX secolo realizzò una delle pagine più vergognose per l’umanità: la tratta degli schiavi, condotta come un vero e proprio commercio ma con al centro esseri umani.
Oggi la schiavitù dovremmo considerarla abolita, non lo sfruttamento del bisogno e della miseria spesso venati anche di odio etnico e di disvalori pseudo religiosi. Quando non funzionali a disegni di vero e proprio terrorismo.
Per il mondo avanzato, che si ammanta di valori di rispetto umano e diritti della persona, la sfida è altissima. Ed è fatta di solidarietà, apertura e accoglienza. Senza tuttavia favorire o ammettere lo spregevole mercato che è sotto alla tragica odissea di milioni di persone. Il rischio più elevato per chi ha a cuore la dignità dell’uomo è infatti quello di un … naufragio … morale e storico. 

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::autore_::di Roberto Mostarda::/autore_:: ::cck::549::/cck::

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