::cck::542::/cck::
::introtext::
Le coste dell’Europa meridionale, approdo anelato da migliaia di disperati in cerca di una vita migliore, sono solo una delle tante mete interessate dai flussi migratori.
::/introtext::
::fulltext::
Le coste dell’Europa meridionale, approdo anelato da migliaia di disperati in cerca di una vita migliore, sono solo una delle tante mete interessate dai flussi migratori.
La guerra civile che si sta combattendo in Yemen, tra le milizie Houthi e le tribù sunnite, coadiuvate dalle forze aeree dell’Arabia Saudita, sta spingendo un numero consistente di civili a trovare rifugio aldilà dello stretto di Aden, nel piccolo ma sicuro stato di Djibouti.
L’enclave africana, da sempre base operativa delle forze speciali francesi ma anche di altri contingenti internazionali tra cui quello italiano, si sta riempiendo di migliaia di rifugiati in fuga dalle violenze che insanguinano lo stato più meridionale della penisola araba. Un esodo misconosciuto dalla maggioranza dell’opinione pubblica, ma che rischia di diventare una bomba ad orologeria, in uno dei quadranti geopolitici più incandescenti del pianeta.
Altra nazione che sta pagando un prezzo altissimo in termini di accoglienza di profughi è il Libano. Il paese dei cedri, dopo aver accolto negli anni 70′ e 80′ una fetta consistente del popolo palestinese privato della propria terra, è la prima meta per coloro che cercano riparo dalla guerra che dal 2011 sta sconvolgendo la Siria. Secondo le stime della croce rossa internazionale della mezzaluna rossa, oltre un milione e mezzo di persone sono confinate in campi profughi, in condizioni al limite della sopportazione. Numeri impressionanti, specie per un paese come il Libano abitato da cinque milioni di persone.
Altra situazione esplosiva, salita recentemente agli onori della cronaca, è la caccia all’uomo perpetrata in Sudafrica ai danni degli immigrati che giungono sempre in maggior numero dallo Zimbabwe e dal Mozambico. Veri e propri pogrom, messi in atto la parte della popolazione più povera del paese, che vede nell’ultimo arrivato un possibile concorrente nella lotta per la sopravvivenza.
Altro flusso di disperati che dal sud del mondo spinge verso i confini settentrionali, è quello che dall’America latina cerca di arrivare negli Stati Uniti. Per fronteggiare questo fenomeno i vari governi che si sono succeduti a Washington negli ultimi anni, hanno costruito un muro di contenimento lungo la lunghissima frontiera messicana.
Fenomeni globali che interessano tutti i continenti e che riguardano milioni di persone, forse miliardi. Mai come in questo inizio di secolo l’umanità è in movimento alla ricerca di una “terra promessa”, come sempre è stato e come sempre sarà. Sta a noi dunque attrezzare l’opinione pubblica ad una visione dell’altro improntata alla tolleranza, unico antidoto ai grandi sconvolgimenti planetari che stiamo vivendo, senza chiuderci in fortezze destinate per loro natura ad essere superate.
::/fulltext::
::autore_::di Diego Grazioli::/autore_:: ::cck::542::/cck::