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Ricordo del rabbino Elio Toaff

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Fonte http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/b/b4/Synagogue_Rome_NE.jpg. Autore: JensensNei giorni scorsi, come riportato dalle cronache, è morto l’ex rabbino capo di Roma, Elio Toaff. Le stesse cronache hanno ricordato i non sempre facili rapporti del mondo cattolico con il mondo ebraico

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Nei giorni scorsi, come riportato dalle cronache, è morto l’ex rabbino capo di Roma, Elio Toaff. Le stesse cronache hanno ricordato i non sempre facili rapporti del mondo cattolico con il mondo ebraico, rapporti che trovarono un primo consistente motivo di avvicinamento nell’incontro di Giovanni Paolo II nella Sinagoga di Roma.
Ha raccontato Toaff che un suo primo incontro con Papa Giovanni Paolo II avvenne nel febbraio 1981 a Roma nella canonica della chiesa di San Carlo ai Catinari, a metà strada – guarda caso, come si vedrà in seguito… – tra il ghetto di Roma e la sede del Popolo, a corso Rinascimento. Nel 1986 il Papa espresse il desiderio di visitare la Sinagoga di Roma. L’invito fu accolto e il 13 aprile di quell’anno Toaff fu protagonista dello storico incontro. «Insieme – ha scritto Toaff nell’autobiografia – entrammo nel Tempio. Passai in mezzo al pubblico silenzioso, in piedi, come in sogno, il papa al mio fianco, dietro cardinali, prelati e rabbini: un corteo insolito, e certamente unico nella lunga storia della Sinagoga. Salimmo sulla Tevà e ci volgemmo verso il pubblico. E allora scoppiò l’applauso. Un applauso lunghissimo e liberatorio, non solo per me ma per tutto il pubblico, che finalmente capì fino in fondo l’importanza di quel momento… L’applauso scoppiò nuovamente irrefrenabile quando il papa disse: “Siete i nostri fratelli prediletti e, in un certo modo, si potrebbe dire, i nostri fratelli maggiori”».
Di quella visita, e di quello storico incontro, posso dire di essere stato testimone diretto, e in un certo senso organizzatore. Ero infatti, all’epoca, capo del servizio interni del Popolo, sotto la direzione politica, dal 1982 al 1986, di Giovanni Galloni, cattolico molto aperto al confronto. E era stato proprio lui ad essere designato dal vertice della Democrazia cristiana, di cui il Popolo era allora la voce ufficiale, a tenere i primi contatti con la Sinagoga per preparare la visita di Giovanni Paolo II. Dopo i preliminari telefonici, furono fissati il giorno e l’ora. Galloni mi chiese di accompagnarlo nella visita. Accettai, naturalmente: ancorché fossi un tradizionalista, dal punto di vista della partecipazione ai momenti religiosi, non potei negare a me stesso come quella presenza, quella visita sarebbe stata per me motivo di un’eccezionale, forse irripetibile, esperienza umana, culturale, professionale. Toaff accolse la nostra mini delegazione con molta affabilità, tipica della sua natura, se non ricordo male. Il ghiaccio era rotto. C’erano le premesse per l’abbraccio tra Cattolici ed Ebrei, nello spirito ecumenico voluto da papa Woytjla.
Il rapporto di Toaff con Giovanni Paolo II si mantenne poi stretto fino alla morte del pontefice, in occasione di incontri pubblici e privati. Toaff del resto è una delle tre sole persone nominate nel testamento spirituale di Giovanni Paolo II: con Toaff sono infatti citati il segretario don Stanisław Dziwisz e Joseph Ratzinger, suo successore.
D’altra parte, i rapporti di Toaff con il mondo cattolico e il suo impegno per il dialogo ebraico-cristiano sono sempre stati intensi. «Grazie all’insegnamento e all’esempio di mio padre – scrive Toaff – io imparai a non avere pregiudizi nei confronti dei sacerdoti cattolici. Nel periodo delle leggi razziali e della guerra… furono proprio i preti, quelli più semplici e modesti, che iniziarono generosamente a dimostrare ai perseguitati la loro solidarietà, con i fatti e non con le parole…». Il 10 ottobre 1958, nella circostanza della morte di papa Pio XII, Toaff affermò: «Più che in ogni altra occasione, abbiamo avuto l’opportunità di sperimentare la grande compassione e la grande generosità di questo papa durante gli anni della persecuzione e del terrore, quando sembrava non ci fosse per noi più alcuna speranza».
Nella sua autobiografia Toaff ricorda con particolare calore gli anni del pontificato di Giovanni XXIII, l’esperienza del Concilio Vaticano II con l’approvazione della dichiarazione Nostra aetate e l’amicizia che in quegli anni lo legò al card. Augustin Bea e a padre Cornelius Adriaan Rijk. Toaff ricorda ancora come «la notte in cui Giovanni XXIII entrò in agonia, sentii imperioso il bisogno di unirmi ai tanti cattolici che vegliavano in preghiera a piazza San Pietro». Le associazioni per il dialogo ebraico-cristiano in Italia – dal Segretariato Attività Ecumeniche alle Amicizie ebraico-cristiane, ai Colloqui ebraico-cristiani di Camaldoli – avrebbero trovato in Toaff un interlocutore attento, sensibile e partecipe.

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::autore_::di Fabrizio Cerri::/autore_:: ::cck::558::/cck::

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