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Kerry in Kenya: una lezione di politica

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Secretary Kerry Meets Five Representatives of Somali Civil Society in Mogadishu 5-5-2015. Photo: US Gov.Un viaggio “a sorpresa” quello che ha portato il Segretario di Stato John Kerry a visitare, tra gli altri paesi, Kenya, Somalia e Djibouti nei primi di maggio ed ancora in corso, mentre scriviamo.

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Un viaggio “a sorpresa” quello che ha portato il Segretario di Stato John Kerry a visitare, tra gli altri paesi, Kenya, Somalia e Djibouti nei primi di maggio ed ancora in corso, mentre scriviamo.
Un poco meno “a sorpresa” è giunto l’annuncio dell’Amministrazione Obama di un sostegno (US$ 100 milioni) per puntellare il Kenya nel rafforzare la sicurezza delle sue frontiere.
Il 28 aprile scorso il Washington Post aveva pubblicato la notizia della minaccia del governo keniota di smantellare il più grande campo di rifugiati del mondo, quello di Dadaab, gettando nel panico le 350.000 persone attualmente ospitate e le organizzazioni umanitarie internazionali che vi operano.
Il motivo della minaccia era dovuto alla necessità di garantire la sicurezza nazionale del Paese non in grado di fronteggiare con successo la presenza nel campo di militanti di al-Shabab, il gruppo estremista somalo che aveva rivendicato l’assassinio di 148 ragazzi dell’università di Garissa lo scorso mese. Giova ricordare che il campo situato a Dadaab è vicino alla frontiera con la Somalia e fu costruito in quella località 25 anni orsono per ospitare rifugiati di provenienza somala, a seguito delle crisi che si succedevano ininterrotte fin da allora nella vicina Somalia.
L’annuncio shock del presidente era stato pronunciato poco dopo la notizia secondo cui al momento il numero globale dei rifugiati e delle popolazioni che hanno dovuto abbandonare i territori di residenza aveva raggiunto al più alto numero dalla fine della seconda guerra mondiale, cui aveva fatto eco la notizia shock della morte dei 700 migranti nel Mediterraneo.
Nel corso della sua visita in Kenya, il Segretario di Stato Kerry ha incontrato oltre che rappresentanti del governo, a cominciare dal presidente Uhuru Kenyatta, anche esponenti dell’opposizione. A tutte le parti è stato chiarito il significato del finanziamento americano per la sicurezza, con l’obiettivo della condivisione dell’intelligence e la cooperazione per le attrezzature, la formazione del personale militare e di sicurezza, la strategia antiterrorismo.
Fra i tanti problemi da affrontare, di rilievo appare quello della realizzazione di una strategia a lungo termine che miri a sviluppare il processo di integrazione della minoranza somala per concludersi con la sua stabilizzazione.
Ecco dunque che accanto al sostegno finanziario diretto per la sicurezza, gli USA donerebbero 45milioni di dollari all’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati per la protezione e l’assistenza dei 600mila rifugiati in Kenya.
Le notizie e le proposte di Kerry in Kenya hanno, però, incontrato anche richieste esplicite, come quelle di una presenza diretta di USA e Gran Bretagna in Somalia.

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::autore_::di Giorgio Castore::/autore_:: ::cck::567::/cck::

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