Economia

Italia a due velocità: rischia la sbandata

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Ormai, da tanti anni, l’Italia che viene descritta in ogni talk show televisivo, risulta essere una nazione in crisi permanente, siamo gli straccioni dell’Europa, nessuno ci si fila, per dirla alla romana, con la crisi economica e la corruzione come ciliegina sulla torta.

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Ormai, da tanti anni, l’Italia che viene descritta in ogni talk show televisivo, risulta essere una nazione in crisi permanente, siamo gli straccioni dell’Europa, nessuno ci si fila, per dirla alla romana, con la crisi economica e la corruzione come ciliegina sulla torta.
Siamo, insomma, un Paese frustrato, dove ogni calamità piccola o grande che sia, diventa emergenza con tutte le ricadute che questo comporta di inefficienza e malaffare.
Ma veramente siamo così disperati?
Vediamo alcuni dati: c’è, ad esempio, un territorio europeo dove troviamo la minore disoccupazione e un reddito pro capite tra i più alti del vecchi continente.
Non sforzatevi di cercare questo luogo tra Svezia, Germania o Danimarca, è, invece, la nostra provincia di Bolzano con una disoccupazione appena del 4,4% che insieme a Verona, con il 4,9%, superano la Germania che viaggia al 5% di disoccupazione.
Un caso eccezionale? Non proprio.
Nonostante una crisi tra le più drammatiche per l’economia mondiale, il mitico Nord Est si colloca ai vertici della classifica europea, con il Veneto accostato all’Olanda e il piccolo Friuli che incalza la Svezia.
Ci sono poi Lombardia ed Emilia Romagna che fanno meglio di Belgio, Finlandia, Polonia, ma non solo, insieme con le Marche e Toscana superano per pil e produttività pure la Francia.
Mentre Piemonte e Liguria battono Irlanda, Slovacchia e Croazia, nonostante la delocalizzazione e la bassa pressione fiscale e Cuneo ha una disoccupazione inferiore a quella dell’Austria con il 5,3%.
Risultati ottimi, peccato che c’è l’altra faccia della medaglia: il Mezzogiorno.
Qui la situazione è sempre più dolorosa tanto da far abbassare la media occupazionale e produttiva.
Sono i paradossi della disoccupazione, come afferma in uno studio la Confartigianato, con un crollo occupazionale di 520 mila unità nel Sud dal 2008 al 1012 mentre nel Nord 193 mila nello stesso periodo hanno perso il lavoro.
Leggendo con attenzione i dati del nostro meridione ci accorgiamo che la situazione è veramente da tragedia greca per l’occupazione in Puglia, nonostante i proclami del presidente uscente Vendola, in Campania, in Sicilia e in Calabria, tutte abbondantemente sopra la quota pericolosa per la stabilità sociale del 20% di disoccupati.
Dati ancora più sconfortanti se si pensa che lo scorso anno, nonostante la crisi, la Spagna aumentava di 1,6% l’occupazione e lo stesso, con l’1%, la disastra Grecia, mentre in Campania la disoccupazione è aumentata di 0,3%, in Sicilia e Calabria rispettivamente di 1,2% e addirittura in Puglia è salita al 1,7% a questo va aggiunto con un mercato del lavoro peggiore di quelle della Grecia a Crotone, disoccupazione al 27,2%, Cosenza 27,8% e nel Medio Campidano, Sardegna, 27,9%.
Ritornare a prima della crisi che non erano certamente dati già allora confortanti, non sarà facile. Il governo nel suo ultimo documento di economia e finanza (Def) ha previsto quest’anno un tasso di disoccupazione in discesa, ma ancora molto contenuta, dal 12,7 del 2014 al 12,3 per toccare l’11,7 nel 2016, l’11,2 nel 2017, il 10,9 nel 2018 ed il 10,5 nel 2019. Stime che comprendono anche l’effetto delle tante misure di sostegno varate negli ultimi tempi col Jobs act che valgono 0,1 punti di disoccupazione in meno nel 2016, 0,2 punti nel 2017-2018 e mezzo punto l’anno seguente. insomma la crisi sarà pure in via di guarigione, ma le ferite ancora sanguinano.
Ancora la Confartigianato la ripresa spiega che, nonostante i dati dei primi due mesi del 2015 abbiano visto il recupero del mercato del lavoro, mostra ancora una fragilità: tra il picco pre-crisi, aprile 2008 e il picco negativo di settembre 2013 si è registrata sul territorio nazionale una perdita di 1.098.000 di occupati, -4,7%, con una velocità di caduta di 17.000 occupati al mese, mentre la successiva fase di risalita ha registrato una crescita di 143.000 occupati +0,6%, con una velocità però dimezzata +8.000 occupati/mese.
Complessivamente dal 2008 a oggi gli occupati sono così scesi di 954.000 unità -4,1% mentre lo spread con l’Europa a fine 2014 ha toccato il massimo storico di 1,7 punti 1,4% a febbraio 2015.
Insomma, un Italia a due velocità economiche che rischia di precipitarci tutti nell’inferno senza fine della crisi o portarci piano, piano se non proprio in paradiso almeno in purgatorio.

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::autore_::di Matteo Ricciotti::/autore_:: ::cck::634::/cck::

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