::cck::629::/cck::
::introtext::
Il 29 maggio 2015 la Nigeria ha inaugurato il nuovo corso con l’insediamento del neo presidente Muhammadu Buhari nelle sue funzioni avvenuto con una parola d’ordine, nessuna tolleranza per la corruzione
::/introtext::
::fulltext::
Il 29 maggio 2015 la Nigeria ha inaugurato il nuovo corso con l’insediamento del neo presidente Muhammadu Buhari nelle sue funzioni avvenuto con una parola d’ordine, nessuna tolleranza per la corruzione, e l’invito a bandire l’animosità politica per consentire al paese di andare avanti in una scelta di campo: quella della “lega delle nazioni democratiche”.
Quanto agli obiettivi indicati, al primo posto egli colloca la riduzione della povertà, mentre in sottofondo aleggia lo spettro del disastro provocato dalla setta Boko Haram, che richiede un cambio di marcia immediato.
Infatti, è bastato il solo annuncio dello spostamento del comando militare delle operazioni antiterrorismo dalla capitale Abuja alla martoriata Maiduguri, capitale del Borno State, ritenuta il luogo di nascita della setta islamista, per provocare immediatamente una reazione terroristica rabbiosa costata altro sangue e distruzione.
Martedì 2 giugno, a quattro giorni dall’insediamento ufficiale del Presidente Buhari, si contava già il terzo giorno di strage a Maiduguri, ad opera, da ultimo, di un attentatore suicida nel mercato del bestiame che ha lasciato sul terreno più di 20 morti.
Poi, a distanza di due giorni, si è consumata, con la medesima tecnica, un’ulteriore strage costata più di 30 morti nella città di Jimeta Yola, nell’Adamawa State, non lontano dai confini tra Nigeria e Cameroon, città che negli ultimi anni era rimasta indenne dalle attività della setta.
Lunedì 8 giugno è stata la volta di Huyum, stato di Borno, non lontano da Chibok, divenuto famoso a livello internazionale per il rapimento delle 200 studentesse, sempre ad opera della setta islamica, e ripetutamente assaltato nelle ultime settimane. Il bilancio, secondo testimonianze locali è stato di 15 morti e 500 abitazioni bruciate: l’intero villaggio raso al suolo.
Alla crudeltà delle azioni terroristiche nei confronti della povera gente perseguitata dalle stragi messe in opera dalla setta, però, si aggiunge la denuncia sullo stato dei diritti umani nel Paese mossa da Amnesty International. I numeri pubblicati su https://www.amnesty.org/en/nigeria-military-report/ sono terrificanti: dal 2009, anno al quale si fa risalire l’avvio del conflitto ad opera di Boko Haram, 17mila sono i morti nel nordest della Nigeria, almeno 20mila sono gli uomini (e ragazzi) arrestati dalle forze militari, più di 7mila i morti per fame soffocamento o tortura durante lo stato di detenzione ad opera dei militari.
Pronta la reazione del ministro della difesa nigeriano, che ha accusato Amnesty International di volere ricattare l’élite militare. Ma il portavoce di Buhari riferisce che il presidente ha dichiarato che “il rispetto dei diritti umani e l’osservanza dello stato di diritto sono vita e anima del sistema democratico. Non tollereremo l’impunità e la totale indifferenza per i diritti umani”.
D’altra parte, una conferma indiretta delle accuse di Amnesty International era già pervenuta dagli USA quando lo scorso anno avevano bloccato la vendita alla Nigeria da parte di Israele dell’elicottero da attacco americano Cobra, con motivazioni fondate, da un lato, sulla incapacità nigeriana di mantenere ed utilizzare tale tipo di arma nel conflitto con la setta Boko Haram, e dall’altro sulla preoccupazione più volte manifestata in merito alla capacità nigeriana di agire nel rispetto dei diritti umani.
Pur con queste difficoltà, però, il neo presidente Buhari non ha trascurato il dovere di manifestare nei confronti dei vicini alleati del Niger, Chad e Cameroon il proprio riconoscimento per l’appoggio militare ricevuto nel conflitto contro la setta, non mancando di ringraziare e di ricordare i militari di quei paesi caduti nel conflitto, segnando, anche in questo campo una percepibile differenza con il suo predecessore.
E’ abbastanza chiaro che le difficoltà che attendono il presidente Buhari sono numerose e difficili da superare: i primi 100 giorni della nuova presidenza sono particolarmente attesi, non solo dagli elettori e dalla stampa locale, ma anche dalla comunità internazionale per la rilevanza che la Nigeria ha per la sua grandezza e popolosità e per il rilievo economico, particolarmente come paese produttore di petrolio.
Al risveglio dopo le elezioni ed i problemi straordinari che tengono banco sul fronte dell’antiterrorismo, la Nigeria deve fare i conti anche con quelli quotidiani, come ad esempio il recentissimo rapimento della principessa reggente di Akungba-Akoko, nell’Ondo State nel sudovest della Nigeria, avvenuto presumibilmente a scopo di riscatto, o quello dei periodici scioperi nei trasporti della benzina che paralizzano le attività produttive.
Insomma, il neo presidente Buhari ha, di fronte a sé, un compito difficile.
Indice di sviluppo umano. Le disuguaglianze.
L’ultimo indice di sviluppo umano dell’UNDP, United Nations Development Programme, disponibile, quello del 2013, http://www.undp.org/content/undp/en/home/librarypage/mdg/the-millennium-development-goals-report-2014/ pone la Nigeria, insieme al Cameroon, al 152° posto su 187.
Per avere dei riferimenti consideriamo che al primo posto si colloca la Norvegia, all’ultimo il Niger, mentre l’Italia si trova al 26° posto, immediatamente sopra la Spagna.
Tra i parametri che concorrono alla composizione dell’indice, ad esempio, quello dell’aspettativa di vita alla nascita vede la Nigeria con 52,5 anni a differenza di Norvegia (1° posto) con 81,5, l’Italia (26° posto) con 82,4 e Niger (187° posto) con 58,4.
Un altro importante indicatore che concorre alla composizione dell’Indice di sviluppo umano è quello relativo alla aspettativa media di anni di studio della popolazione. Questo indice per la Nigeria è di 9 anni, a fronte di 17,6 per la Norvegia (1° posto), di 16,3 per l’Italia (26° posto) e di 5,4 per il Niger (187° posto).
Il reddito nazionale lordo pro capite, ai valori del us$ del 2013 risulta di $ 5.353 per la Nigeria, a fronte di 63.909 per la Norvegia (1° posto), di 32.669 per l’Italia (26° posto) e di 873 per il Niger (187° posto).
::/fulltext::
::autore_::di Giorgio Castore::/autore_:: ::cck::629::/cck::