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Senato: immagine di repertorioLa bufera che si è scatenata sulle rivelazione di un iscritto alla CISL, Fausto Scandola, pubblicate da Repubblica, relative alle retribuzioni di alti rappresentanti sindacali, “appassiona” l’opinione pubblica.

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La bufera che si è scatenata sulle rivelazione di un iscritto alla CISL, Fausto Scandola, pubblicate da Repubblica, relative alle retribuzioni di alti rappresentanti sindacali, “appassiona” l’opinione pubblica.
La materia è succulenta. L’antipolitica ha vinto un’altra volta e ritorna a porre nel mirino la CISL, nella persona della sua leader Anna Maria Furlan dopo il caso che ha investito Raffaele Bonanni, ex segretario generale della stessa organizzazione.
Non possiamo, per analogia, dimenticare Guglielmo Epifani, ex segretario generale della CGIL: anche lui iscritto tra coloro che sono ritenuti aver posseduto in ragione dell’incarico sindacale redditi sproporzionati quanto meno dal punto di vista etico.
Si può ritenere che tale sproporzione sia inaccettabile per molte ragioni, legate alla lunga e profonda crisi che si ostina ad affliggere i nostri pensieri, le nostre tasche, il nostro futuro, e per il perdurare della disoccupazione, ma il problema più grave è di metodo: se quanto accaduto è soggettivamente inaccettabile, come si può evitare il rischio che ciò accada ancora, rendendolo oggettivamente inaccettabile?
Qualcuno, per sostenere più efficacemente il proprio punto di vista, ha invocato il carattere non formalmente ma sostanzialmente pubblico che rivestirebbe la funzione sindacale: in tal modo le relative retribuzioni sarebbero ancorate all’attuale già regolamentato sistema, quanto meno rispetto ai valori.
La tesi ci sembra un po’ affrettata.
Intanto di cosa stiamo parlando? Del mondo del lavoro e di quello che lo rappresenta o dovrebbe rappresentarlo.
Parliamo allora dei lavoratori dipendenti e del sindacato confederale, cioè CGIL, CISL, UIL, ma non possiamo dimenticare anche CISAL, UGL, CONFSAL, e poi c’è il variegato mondo settoriale di ANPAC, GILDA, SNALS, RDB, CUB, ORSA, ANPCAT e così via.
La ragione principale per cui si considera non solo opportuno, ma addirittura necessario il sindacato, viene delineato negli articoli 39 e 40 della nostra Costituzione, ahimè non ancora attuati dopo 68 anni, per volontà di una parte dei sindacati. Con tale omissione non si è mai proceduto a rendere certificabile la rappresentatività dei lavoratori necessaria per poter definire contratti di lavoro con validità erga omnes, e neanche per procedere alla proclamazione e alla gestione delle forme di lotta, secondo le norme di legge.
Se vogliamo continuare ad occuparci di qualche scandalo ogni tanti a vantaggio dell’antipolitica, continuiamo pure a farlo. Se vogliamo affrontare a fondo la questione il Parlamento provveda all’attuazione degli articoli 39 e 40 della Costituzione.

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