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Nel 2014, leggo dal bollettino Istat, 1 milione e 470 mila famiglie (5,7% di quelle residenti) è in condizione di povertà assoluta, per un totale di 4 milioni 102 mila persone (6,8% della popolazione residente).
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Nel 2014, leggo dal bollettino Istat, 1 milione e 470 mila famiglie (5,7% di quelle residenti) è in condizione di povertà assoluta, per un totale di 4 milioni 102 mila persone (6,8% della popolazione residente).
Una situazione disastrosa se pensiamo che le risorse per poter sostenere questi cittadini in difficoltà scarseggiano di anno in anno per via della crisi economica, rendendo la povertà in Italia ancora più grave.
Il pensiero, non senza invidia, corre ai nostri vicini tedeschi che hanno il grande successo economico consolidato da anni nel colossale surplus commerciale, per la buona amministrazione e gestione delle imprese.
Insomma, un vero e proprio paradiso in terra, almeno per noi “meridionali” d’Europa, ma le cose non stanno proprio così.
Dai dati ufficiali pubblicati apprendiamo che i tedeschi che vivono sotto la soglia di povertà, è aumentata dal 14% del 2006 sono arrivati quest’anno al 15,5%, circa mezzo milione in più, in pratica 12 milioni e mezzo di persone.
Sono, dicono gli esperti, gli effetti della riforma Hartz, voluta dal cancelliere Gerhard Schroeder agli inizi del 2000,che ogni anno diminuisce il walfere con il pretesto del risparmio, una tendenza ormai avviata in tutto l’Occidente sviluppato in contesto capitalista quanto meno in crisi.
Insomma, nonostante sia una locomotiva economica tra le più importanti al mondo, la povertà cresce, malgrado i dati del governo di Angela Merkel che, come ogni premier, tende ad assicurare che il divario tra ricchi e poveri è in fase calante, ma c’è chi contesta.
“Un’asserzione semplicemente falsa”, ha dichiarato Ulrich Schneider, direttore di un’associazione chiamata Paritätischer Gesamtverband per l’assistenza sociale: “La povertà non è mai stata così alta in questo paese, e la frammentazione regionale mai così elevata come oggi”.
Ma la povertà non è legata solo agli individui e alle famiglie, anche tra i Lander abbiamo quelli che soffrono la crisi come la Meklenburgo-Pomerania o città come Brema e Berlino, mentre prosperano, ad esempio, la Baviera e la Sassonia-Anhalt e il nuovo contratto minimo con 8.50 euro l’ora non migliora certo la vita in una nazione molto cara tanto che anche loro con l’entrata nell’euro hanno perso il valore d’acquisto stimato nel 20%. Certamente, però quando si parla di soglia di povertà tedesca non possiamo generalizzarla per il resto d’Europa, bisogna sempre riferirsi al costo della vita nazionale.
È considerata indigente una famiglia tedesca sotto la soglia dei 1850 euro, roba da far passare per ricchi nababbi molti cittadini dell’Unione europea.
Ad esempio in Francia la povertà è quantificata sotto i 934 euro, in Italia 780 euro, in Grecia 500 euro e in Romania addirittura 180 euro.
Davanti a queste cifre c’è da fare qualche riflessione: spesso uno stipendio inadeguato è dato dalla mancanza di qualificazione che deprime il mercato del lavoro, ma ciò che stupisce gli analisti è che il fenomeno è assai esteso per tutta la zona euro che tende a non uscire ancora dalla crisi in modo definitivo anche dove la ripresa – a differenza del nostro misero +0.7 secondo le stime di Renzi – come la Spagna con il 2,8 o addirittura l’Irlanda con il 3,6 hanno creato è vero oltre mezzo milione di posti, ma sottopagati da 500 a 700 euro e sempre precari che a loro volta possono essere reversibili perché nell’area euro non abbiamo ancora una vera e propria ripresa, ma una ripresina non dovuta a situazioni interne di sviluppo, ma per accadimenti esterni come il crollo del greggio o le politiche della Bce che hanno abbassato i tassi d’interesse, ma se questo dovesse cambiare e i segnali, purtroppo ci sono tutti, rischiamo di entrare nel 2017 in una altra crisi economica con l’aggravio che abbiamo dato fondo a tutti i nostri risparmi, specialmente noi italiani. In conclusione ricordiamo le parole “profetiche” di Romano Prodi quando l’Italia entrò trionfalmente nell’euro: “Con l’euro – diceva – lavoreremo un giorno di meno guadagnando come se lavorassimo un giorno di più”. Mai illusione fu più ingannevole.
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