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L’autunno caldo delle riforme

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Renzi interviene a Cernobbio alla 41esima edizione del Forum Ambrosetti. 5 Settembre 2015. Foto: Tiberio Barchielli. http://www.governo.it/Presidente/Fotografie/dettaglio.asp?d=79257Sono apodittici, definitivi, trancianti i termini che esponenti politici di ogni tipo impiegano in queste giornate che precedono il confronto sulle riforme che riparte con all’ordine del giorno il completamento della trasformazione del Senato.

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Sono apodittici, definitivi, trancianti i termini che esponenti politici di ogni tipo impiegano in queste giornate che precedono il confronto sulle riforme che riparte con all’ordine del giorno il completamento della trasformazione del Senato.
Come se non bastassero gli oltre 500 mila emendamenti presentati, ora il tormentone è quello dell’art. 2 che permetterebbe per i detrattori di ridiscutere tutta la riforma e per la maggioranza di andare dritti al voto definitivo. A dirimere la questione sarà il presidente di Palazzo Madama, Grasso, che procedure alla mano affermerà la praticabilità o l’impraticabilità della ridiscussione di tale articolo. Entrare nel senso di esso sarebbe esercizio improbabile ed inutile.
Ancora una volta, però, il nocciolo del confronto non è politico ma tattico. Chi approvò la prima stesura è ora dubbioso, chi era dubbioso ora sembra improvvisamente preso da certezze. Non è una cosa seria, verrebbe da dire, se non si parlasse dell’impianto costituzionale del paese, di un suo snodo cruciale come una camera alta a garanzia proprio della stabilità complessiva del sistema democratico.
Dunque è una cosa serissima. Purtroppo, però, sono gli attori sul proscenio che lasciano sbigottiti per superficialità, irresponsabilità e incapacità di andare alla conclusione del processo riformatore.
Abbiamo chi non vuole assolutamente la riforma come la Lega, Forza Italia (che aveva però approvato con il patto del Nazareno le linee guida), piccoli e medi gruppi, come Sel, ovviamente i Cinquestelle la cui capacità costituzionale è ancora tutta da dimostrare a parte pagliacciate e urla di cortile. E la minoranza del Pd, la ridotta di antica e ingiallita matrice marxista (dimentica che per Togliatti, il Senato poteva tranquillamente non esistere).
C’è chi la vuole fortemente, il premier, la sua maggioranza. E per arrivare allo scopo Renzi intende usare tutti gli strumenti a sua disposizione, sia procedurali che politici come la minaccia delle urne che vede tutti in difficoltà, Pd compreso e suoi critici interni soprattutto.
Una cosa è certa, anche se il governo vorrebbe concludere in tempi stretti, le difficoltà non mancheranno e si potrebbe anche accettare una sfida che il nuovo anno ci vedrà ancora nel guado delle riforme! Sarà comunque un autunno caldo, caldissimo, parafrasando il gergo sindacale anni settanta. La battaglia si fa campale perché se passa la linea del premier e le riforme vanno avanti, per minoranze e critici si tratterà di rivedere e riprogrammare atti e comportamenti. Se si arenerà, il rischio di elezioni sarà imminente in un paese in stato confusionale dal punto di vista politico e in stentata crescita dall’altro. Come a dire che una crisi di governo non risolverà nulla e se possibile darà un colpo micidiale ai tentativi di andare avanti!
Non si tratta qui da saggiare e vagliare le ragioni degli uni e degli altri, ma di decidere senza esitazioni se il Paese e le sue istituzioni vanno resi moderni ed efficienti, oppure condannare tutti al declino definitivo e senza ritorno, in un mondo che anche se ci guarda con simpatia, non accetta più bizantinismi e tatticismi come quelli che da decenni ci caratterizzano, con governi diversi per ogni stagione dell’anno.
Soprattutto, è ora che tutti, diciamo tutti, dicano con chiarezza che cosa vogliono. Se tutti come sembra sono d’accordo che lo Stato va riformato, si trovi un punto di forza per far girare il meccanismo in modo positivo. Continuare a giocare alla guerra di posizione, come si preannuncia, non fa bene al Paese, ma non fa neppure bene al sistema politico e a quel che resta di partiti. In gioco, oggi come mai prima, è la dignità stessa del nostro Paese. Non di fronte al mondo, ma di fronte agli italiani stessi che come sempre, quando si andrà a votare diranno in modo netto, pur variegato, che cosa non vogliono più! E la lezione per alcuni sarà dura, per altri definitiva!

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::autore_::di Roberto Mostarda::/autore_:: ::cck::759::/cck::

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