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Continua sotto i nostri occhi il walzer del dibattito sulle riforme istituzionali. Di fronte all’emergenza migranti, alle scelte storiche che ci attendono come paese europeo, dibattere e disquisire sull’art. 2 del progetto di riforma del Senato, sull’elettività diretta o indiretta dei futuri senatori, potrebbe sembrare eccessivo, persino inutile.
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Continua sotto i nostri occhi il walzer del dibattito sulle riforme istituzionali. Di fronte all’emergenza migranti, alle scelte storiche che ci attendono come paese europeo, dibattere e disquisire sull’art. 2 del progetto di riforma del Senato, sull’elettività diretta o indiretta dei futuri senatori, potrebbe sembrare eccessivo, persino inutile.
Stiamo però parlando dell’assetto che il nostro stato, il nostro paese potrebbe avere in futuro superando lentezze, ritardi, danni incalcolabili prodottisi in questi decenni, accanto all’indubbia crescita. Eliminare questi retaggi sarebbe scopo principale delle riforma e del cambiamento costituzionale.
La sensazione che si prova però dinanzi a balbettii, stentorei discorsi degni di miglior causa da parte dei politici di maggioranza e di opposizione, è spesso di spaesamento se non di indignazione. Il tessuto sociale, come dimostra quanto accaduto a Roma (specchio amplificato dell’intera nazione) pur forte mostra segni di sfilacciamento, criminalità varie aleggiano nell’aria. I problemi economici sono sotto gli occhi di tutti, i segnali stentati ma persistenti di riavvio dell’economia anche, così come l’interesse internazionale a investire di nuovo nel nostro sistema.
E, allora? Ogni giorno ci porta con sé il dibattito (parola altisonante ma stonata) interno al Pd e gli echi che questo provoca nelle altre forze politiche. A volte si ha la sensazione che i legislatori stiano osservando con minuziosa perizia il proprio ombelico, mentre intorno si svolge il turbine devastante dei cambiamenti epocali, climatici e sociali a livello mondiale. E si prova un senso di miseria etica e politica.
Ogni passaggio, ogni virgola, ogni parola sembrano appesi al filo di che cosa dirà il premier e poi di cosa risponderanno gli esponenti della minoranza Pd e in sequenza tutti gli altri da Forza Italia ai Cinquestelle, Quel che spaventa però non è il dibattito anche aspro, ma lo iato che separa l’interesse di fondo: un sistema costituzionale basato su una Camera e un Senato rinnovato e diverso da oggi, capace di rappresentare le istanze territoriali, è la sensazione di azzeccagarbugli che coglie nello stillicidio delle modifiche, degli emendamenti, nelle minacce di sfracelli, di tragedie che potrebbero derivare per la democrazia e la libertà.
Con tutto il rispetto ci sembra che la serietà e il senso delle istituzioni siano da un’altra parte. Nel messaggio di moderazione e spirito costruttivo sui grandi valori e sui grandi temi come va sottolineando ogni volta il presidente della Repubblica, chiamando a scelte chiare, comprensibili e legate all’interesse del paese e non di gruppi, caste o parti di esso. Un messaggio tanto chiaro nella sua essenza quanto difficile da veder realizzato in pratica, stante l’immanenza di una classe politica che non sembra comprendere il confine che si avvicina: quello della stabilità e del senso compiuto del nostro paese, nel consesso di un’Europa che deve integrarsi sempre di più, pena la sconfitta non di un’idea, ma di un continente dalle potenzialità enormi che rischia di sfilacciarsi in egoismi e particolarismi.
Intanto le date del redde rationem si avvicinano, la confusione regna sovrana e nessuno può dire cosa accadrà. Se cioè prevarrà lo spirito costruttivo, la sintesi intelligente di posizioni anche lontane ma in accordo su una modernizzazione del sistema, o il conservatorismo più ottuso e becero dell’esistente con tutto il suo bagaglio di doppioni, inefficienze, sprechi ormai non più accettati dagli italiani.
Le prossime settimane ci diranno se l’Italia si avvia a divenire una nazione normale capace di dare forza alla sua economia e alla sua capacità di saper fare o verrà condannata ad essere sempre più fanalino di coda di un continente variegato ma dove la ricerca dell’interesse nazionale spesso coincide con il rafforzamento delle istituzioni comuni, malgrado sembri il contrario. Da soli non si va da nessuna parte, insieme si costruisce il futuro, anche con l’apporto di quanti cercano di approdare nei nostri paesi e costituiscono una risorsa. Più sapremo integrarli, più avremo tutti loro compresi vantaggi tangibili.
Forse un occhio fuori dalle ovattate stanze e dai transatlantici aiuterebbe a decidere per il meglio, mentre il tempo corre e l’orologio non si ferma!
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::autore_::di Roberto Mostarda::/autore_:: ::cck::767::/cck::