Esteri

Le responsabilità della Turchia

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"Detailkarte der Marinebasis Tartus" di Bin im Garten - Opera propria. Con licenza CC BY-SA 3.0 tramite Wikimedia Commons - https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Detailkarte_der_Marinebasis_Tartus.svg#/media/File:Detailkarte_der_Marinebasis_Tartus.svg
Perché adesso? E soprattutto perché verso la nostra Europa che, come al solito in ordine sparso e con atteggiamenti assolutamente contraddittori tra i vari stati membri, sta rispondendo alla valanga di profughi che sta spingendo sui propri confini sud-orientali alla ricerca di una vita migliore?

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Perché adesso? E soprattutto perché verso la nostra Europa che, come al solito in ordine sparso e con atteggiamenti assolutamente contraddittori tra i vari stati membri, sta rispondendo alla valanga di profughi che sta spingendo sui propri confini sud-orientali alla ricerca di una vita migliore?
La guerra in Siria va avanti ormai da quattro interminabili anni tra atrocità e distruzioni di ogni tipo eppure solo da qualche mese il fiato dei migranti ha iniziato a farsi sentire prepotentemente tra le gole e le pianure dei balcani, cercando di sfondare i muri ignominiosamente eretti da stati che solo qualche anno fa hanno patito le stesse sofferenze dovute a guerre ed invasioni militari. Ungheria, Croazia, Slovenia, mete di passaggio di migliaia di profughi diretti verso paesi del centro e nord Europa, sembrano avere dimenticato la propria storia recente, rigurgitando invece un’idiosincrasia verso l’Islam figlia dei secoli di oppressione sotto il tacco dell’impero ottomano.
Ragioni antiche che non possono e non devono prevalere sulle architravi di accoglienza e tolleranza sui cui si basa il concetto di Unione Europea, una comunità di oltre 500 milioni di persone che sembra smarrirsi di fronte a poco più dei 400mila migranti giunti da noi in questo anno terribile. Eppure le cronache dai confini orientali ci parlano quotidianamente di attese interminabili, arresti arbitrari e respingimenti coatti. Ma in attesa dell’istituzione di una vera regia di coordinamento europea che sappia valutare le richieste e smistare proporzionalmente sul proprio territorio i profughi che abbiano i requisiti per accedere allo status di rifugiati, risulta difficile capire le ragioni per questo improvviso fiume di disperati alla ricerca di una speranza.
Alcuni commentatori hanno messo in relazione l’istituzione del cosiddetto stato islamico createsi tra Siria e Iraq con la fuga di migliaia di persone dalle proprie case, ma questa è solo una parte della verità. Le ragioni dell’aumento esponenziale dei flussi di profughi verso i nostri confini vanno invece ricercate nell’atteggiamento delle autorità turche e delle organizzazioni criminali che operano quasi impunemente nel paese governato sempre più inflessibilmente da Recep Erdogan. In questi anni di guerre infatti è stata inevitabilmente la Turchia ad accogliere suo malgrado il maggior numero di fuggitivi, stipandoli in enormi campi profughi spesso senza le più elementari misure di accoglienza: mense, acqua potabile e coperture adeguate per i gelidi inverni. Politiche studiate a tavolino che hanno creato le condizioni bomba che alimentano il traffico di questi esseri umani privati di ogni dignità che sempre più frequentemente si consegnano alle mafie locali che, per somme da capogiro, organizzano le fughe verso nord attraverso la Grecia e poi lungo la citata rotta dei balcani. Un vero e proprio contrabbando di carne umana che consente alle autorità turche di sbarazzarsi di migliaia di disperati foraggiando altresì con milioni di dollari le organizzazioni criminali colluse con alcuni settori delle autorità locali.
Altra ragione che spiega questi esodi sempre più imponenti dalla Turchia è invece da ricercare in una strategia di pressione del governo turco verso le autorità europee, artefici a suo avviso d’intralciare le politiche autoritarie messe in atto ultimamente dal governo di Ankara, in primis il sostegno ai partiti e alle organizzazioni curde, responsabili di aver impedito ad Erdogan grazie all’ottimo risultato nelle ultime elezioni, di riformare a suo vantaggio la costituzione. Una politica degna dei secoli più bui del califfato che i governi ed i servizi dei paesi dell’Unione europea dovrebbero comprendere ed affrontare, mettendo Ankara davanti alle proprie responsabilità. Solo così i flussi di disperati in fuga dalle violenze del medio-oriente potranno se non essere interrotti almeno limitati.

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::autore_::di Diego Grazioli::/autore_:: ::cck::793::/cck::

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