Scienza

Il futuro degli oceani

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L'anemone Epiactis prolifera "Broodinganemone 300". Con licenza Pubblico dominio tramite Wikimedia Commons - https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Broodinganemone_300.jpg#/media/File:Broodinganemone_300.jpg
Forse, pochi lo sanno, ma appena ventiquattro persone al mondo hanno il potere di dare un futuro al pianeta o distruggerlo.

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Forse, pochi lo sanno, ma appena ventiquattro persone al mondo hanno il potere di dare un futuro al pianeta o distruggerlo. Qualcuno si domanderà se queste persone fanno parte delle famigerata Spectre di 007, oppure hanno arsenali atomici di gruppi terroristici o ancora una setta religiosa di pazzi.
Nulla di tutto questo, sono dei seri e pacifici tecnici che sotto l’egida dell’Onu attraverso l’agenzia ISA che studia i fondali marini, analizza l’impatto ambientale che possono avere sulla vita degli oceani nuove trivellazioni alla ricerca non solo del petrolio, ma di minerali importanti per l’industria, con tutto quello che questo può significare per la biodiversità così delicata e preziosa dei mari in genere.
Molte associazioni ambientaliste nel mondo puntano il dito accusatore contro le “famigerate” multinazionali che non contente di aver distrutto foreste, inquinato fiumi e costretto intere popolazioni ad abbandonare le proprie terre ormai prive di vita, stanno puntando i loro interessi sui vasti giacimenti di materie prime nascoste in fondo ai mari della Terra, iniziando di fatto una vera e propria “corsa all’oro”.
Le grandi imprese minerarie affermano che ormai, eventuali scavi nelle profondità marine, non hanno alcun pericolo, sono sicure, ciò nonostante molti Paesi che fanno parte dell’ISA, hanno denunciato il pericolo di questi interventi e proibiti per i loro mari, come Nuova Zelanda e Australia che possiedono la più vasta superficie di barriera corallina del mondo, in assoluto la struttura più fragile dell’ecosistema marino.
Ora le trivellazioni potrebbero distruggere per sempre o almeno per qualche migliaio di anni questo capolavoro della natura insieme ad altre forme di vita per ora sconosciute che vivono nella profondità del mare.
Per molti scienziati si mette a rischio una ricchezza biologica immensa, pensiamo solo che si scoprono continuamente nuove e preziose specie animali che vivono a grandi profondità, e occorrerebbero decine di anni prima che il fondale oceanico si riprenda dagli scavi e dai detriti che inevitabilmente lascerebbero sul fondo senza contare tutti gli elementi inquinanti di cui nessuno può dire quanto possono incidere nell’inquinamento del mare.
Purtroppo talvolta ci rendiamo conto del valore degli ecosistemi più preziosi solo quando ormai è troppo tardi” è lo slogan di molti ambientalisti che stanno sensibilizzando l’opinione pubblica ad intervenire di fronte a questo nuovo scempio contro la natura attraverso una raccolta di firme, se ne sperano almeno qualche milione, affinché possa far riflettere i già citati ventiquattro scienziati da cui dipende l’approvazione o meno di questi scavi.
L’impegno degli ambientalisti è notevole come, dal lato opposto, quello delle multinazionali e la partita è ancora lunga per determinare la vittoria dell’una o dell’altra parte. Il problema però è proprio, a nostro avviso, nell’ISA.
A questa Autorità, nata nel 1994 sotto appoggio delle Nazioni Unite, per organizzare e controllare le attività connesse alla gestione delle risorse minerarie nell’area marittima esterna alle giurisdizioni nazionali, manca l’anello più importate per dargli un effettiva importanza: l’adesione degli Stati Uniti, la più grande potenza marina della Terra.
Gli Usa non hanno ratificato l’Unclos, la convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, principalmente per le clausole che rendevano indispensabile la richiesta di autorizzazioni e prescrivevano una tassazione sull’estrazione dei minerali dai fondali, ed anche l’obbligo di divulgazione delle tecnologie e il sistema di distribuzione delle risorse economiche incontravano la contrarietà di Washington.
Cose che una super potenza come quella americana difficilmente potrà mai accordare. Speriamo che questi ventiquattro scienziati sappiano fare la scelta giusta senza alcuna pressione ideologica, ma solo in favore del Pianeta.

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::autore_::di Michele Sermone::/autore_:: ::cck::847::/cck::

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