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A due passi dall’uscita Valdichiana, sull’ autostrada A1, arroccato sulle colline senesi tra la Val d’Orcia e le Crete Senesi, troviamo uno dei comuni più piccoli (circa 1.300 abitanti) di cui ci siamo occupati finora: Trequanda
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A due passi dall’uscita Valdichiana, sull’ autostrada A1, arroccato sulle colline senesi tra la Val d’Orcia e le Crete Senesi, troviamo uno dei comuni più piccoli (circa 1.300 abitanti) di cui ci siamo occupati finora: Trequanda. E’ incerta la derivazione di questo nome. Alcuni la attribuiscono al mitico eroe etrusco Tarkonde, altri la fanno derivare dalla definizione latina “terram quandam”, una certa terra, terra particolare. Di certo i primi ad insediarsi sul territorio furono gli etruschi, dei quali si trovano tracce nei reperti archeologici raccolti nelle campagne circostanti. Anche i Romani, i Longobardi e i Franchi si avvicendarono nel dominio di questi luoghi, ma, la sua posizione strategica fu sempre una “golosa attrattiva” per la Repubblica di Siena che, finalmente, nel 1225, riuscì ad imporre la sua giurisdizione. Nel 1552 entrò a far parte del Granducato di Toscana insieme a Montisi, Asciano, Petroio e Castelmuzio. Questi ultimi sono due borghi medievali che ancora oggi fanno parte di comune di Trequanda.
Molte sono le curiosità storiche del paese, come la Torre del Mulino a Vento, antico “colombaio” di tre piani, costruito in mezzo ai boschi di lecci e cipressi. Sulle sue pareti sono ancora visibili più di cinquecento nicchie, disposte a scacchiera, nelle quali venivano allevati i colombi viaggiatori. Una scala a chiocciola di mattoni congiunge i piani e permette l’accesso fino alla sommità della costruzione.
Interessanti sono anche la Chiesa della Madonna della Rosa, della Compagnia dell’Immacolata Concezione, la Rocca e il Municipio. Di particolare suggestione è il piccolo borgo di Petroio, dove la possente Torre Piccolomini, posta al centro della frazione, domina tutto il circondario. La Torre è alta 22metri e composta da sei piani costruiti su mura spesse anche tre metri. Ogni piano presenta una diversa caratteristica come i soffitti differenti, la strutta in legno o in mattoni, le volte a crociera o a botte. Le ripide scale a pioli rendono, in alcuni tratti, difficoltosa la salita ed ogni piano è una conquista verso quel torrino panoramico che consente una vista a 360gradi sulla valle e, più da vicino, sui camini dei vecchi opifici e sui tetti coperti da coppi di terracotta, la cui lavorazione è ancora oggi una risorsa del territorio. Ormai privatizzata, la torre è stata restaurata conservando un carattere minimalista di ripristino contemporaneo che non alteri in alcun modo le antiche strutture. Il borgo si sviluppa lungo una via a spirale che sale verso la sommità della collina e che si ramifica in viuzze e piazzette, dove, antiche case di pietra, si affacciano, quasi ad invitare i turisti ad una più accurata e attenta visita degli interni sapientemente conservati.
L’allevamento di bovini di razza chianina che vivono allo stato brado, rendono la zona, prettamente agricola, un’invitante meta eno-gastronomica, un’oasi in cui i cibi conservano un sapore antico, dove il pane, senza sale, profuma di farina appena macinata, dove l’olio profuma di olive appena spremute.
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::autore_::di Luisanna Tuti::/autore_:: ::cck::856::/cck::