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Lo scorso settembre, avevo letto sul quotidiano parigino Le Figaro, un’intervista a Monsignor Dominique Rey, vescovo di Fréjus-Toulon, che oggi sembra quasi profetica.
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Lo scorso settembre, avevo letto sul quotidiano parigino Le Figaro, un’intervista a Monsignor Dominique Rey, vescovo di Fréjus-Toulon, che oggi sembra quasi profetica.
Le domande poste all’alto prelato avevano per argomento il tema dell’ondata migratoria soprattutto dopo che il presidente François Hollande aveva dichiarato che avrebbe accolto, nei prossimi due anni, ben 24 mila rifugiati che scappavano da guerre o regimi dittatoriali.
L’annuncio aveva sollevato molte perplessità ed anche non poche proteste, temendo sia una islamizzazione della Francia o la perdita della propria identità nazionale, e sia al costo elevato per questa accoglienza in questo periodo con un economia in recessione.
Monsignor Fréjus-Toulon affermava, non proprio in linea con i dettati vaticani:”L’urgenza umanitaria esige di mobilitare la nostra compassione, ma anche la nostra determinazione nell’agire”.
“Bisogna – aggiungeva il vescovo – trovare un punto di equilibrio: cuore e ragione devono parlare insieme. Il cuore ci deve spingere a rispondere all’urgenza umanitaria. La ragione ci obbliga a trovare delle soluzioni a lungo termine. Il nostro dovere morale, soprattutto in quanto cristiani, è di accogliere tutti” e fin qui nulla da eccepire, ma aggiungeva “le frontiere territoriali devono restare essenziali per proteggere l’identità di un Paese. I flussi devono essere regolati. Non si possono accogliere tutti a qualunque condizione“. In merito poi alla paura di una islamizzazione forzata della nazione, la risposta era molto chiara: “Davanti a questa paura di islamizzazione dell’Europa, io constato spesso una mancanza di identità dei cristiani: non dobbiamo aver paura di affermare con convinzione la testimonianza di fede in Gesù Cristo, anche tra i musulmani. Questa è la lezione che ho imparato in Siria” ed ha ricordato in proposito il suo recente viaggio pastorale in quella terra martoriata da dove scappano la maggior parte dei rifugiati, parlando di un doppio martirio dei cristiani di quell’area: “quello della pietra e quello della carne, il primo riguarda le case e le chiese distrutte e il secondo le migliaia di vittime, esodi forzati e propri famigliari uccisi“.
“Dobbiamo uscire dal nostro letargo – insiste ancora il vescovo – non possiamo più restare nell’inazione, in quell’inerzia confortevole che è la nostra sola politica da mesi. Lo status quo in Siria e Iraq non è più sopportabile“.
Un invito, dunque, a reagire davanti questa offensiva criminale e a riprendersi la propria identità nazionale.
Di tutt’altro avviso l’arcivescovo di Parigi, il Cardinale Vingt-Trois, impegnato in prima persona nell’accoglienza e che, proprio negli stessi giorni della pubblicazione dell’intervista di Fréjus-Toulon, scriveva una lettera ai propri sacerdoti dove invitava: “Anche se ognuno di noi non ha i mezzi per aiutare concretamente i rifugiati, almeno non possiamo aderire al terrore e rifiutare i messaggi che fanno riferimento a queste persone sfortunate come un pericolo per la società e una minaccia alla nostra civiltà. Che cosa sarebbe la nostra civiltà se esso ha rinunciato alla dignità umana? Che sarebbe l’eredità del cristianesimo, se si chiude prima il povero alla sua porta?”
Parole molto belle, ma che prendono un altro sapore proprio dopo i fatti di Parigi e in una intervista radiofonica afferma, inoltre, che: “Per primi i cristiani devono mobilitarsi ancora di più ed ospitare una parte di questi rifugiati“.
In pratica chiede ad ogni fedele di accogliere tutti i rifugiati, senza alcuna distinzione di razza o di religione, perché non ci sono scuse: “Non tutti possono fare cose straordinarie, ma tutti possono fare qualcosa.” ed in particolare, ritiene che “l’Europa, con centinaia di milioni di abitanti, ha la capacità di ospitare, se si vuole veramente” ed infine, un esame di coscienza per quei mediache “hanno dato per mesi e mesi, immagini per spaventare i cittadini” aggiungendo che “si fa troppo poco per questi migranti che potrebbero essere invece accolti e ricevuti in ben altro modo.”
Ora, proprio la sua città, Parigi, è stata ferita e violentata in nome di un’altra religione e di una visione del mondo. Non sappiamo se il card. Vingt-Trois sia ancora così aperto all’accoglienza insieme ai suoi fedeli, speriamo solo il tempo possa rimarginare queste ferite ancora sanguinanti e dare un nuovo volto alla nostra Europa.
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::autore_::di Antonello Cannarozzo::/autore_:: ::cck::896::/cck::