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Ferdinand era contento, anzi molto contento, di come andavano le sue cose. Non capiva bene come e perché, ma si sentiva molto meglio da quando aveva iniziato la cura con la dott.ssa Sessa.
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Ferdinand era contento, anzi molto contento, di come andavano le sue cose. Non capiva bene come e perché, ma si sentiva molto meglio da quando aveva iniziato la cura con la dott.ssa Sessa. E non riusciva a capire come mai non si ricordasse di come finivano le sedute.
Iniziavano, e questo lui lo ricordava bene, con il ritorno al pensiero della sua fidanzata ed all’eccitamento che ne conseguiva, poi lentamente, sprofondava in un lento oblio da cui si riprendeva alla fine della seduta. Ne usciva sempre meglio, anche se stranamente molto spossato, e la sua ossessione diminuiva sempre di più, tant’è vero che ci voleva sempre più tempo e concentrazione per avere una eccitazione degna di tale nome.
La dott.ssa Sessa era anche contenta dei risultati raggiunti, ma insisteva nel dire che, se volevano raggiungere la guarigione completa, bisognava andare avanti con le sedute. A dire il vero era molto dibattuta se continuare o meno.
Da una parte si sentiva tranquilla perché aveva capito che Ferdinand non ricordava niente della seconda fase della terapia quando lei lo baciava, anche se le avrebbe fatto piacere una partecipazione consapevole, dall’altra diventava sempre più difficile raggiungere quel piacere che aveva provato le prime volte.
E fu così che infine si decise a dichiarare terminata la cura. Ferdinand a questo punto le chiese di saldare il conto, ma ricevé un rifiuto netto dalla dott.ssa Sessa, la quale gli rispose che era stato un caso molto interessante ed in qualche modo anche piacevole per cui lo pregava di soprassedere.
Ferdinand era allibito da tutta questa premura ed il giorno dopo le riempì lo studio di rose. Non solo, facendosi coraggio, la invitava a cena il sabato successivo. Lei, anche se con una certa titubanza, accettò. Lui scelse di andare alla Bottega del vino.
Chi vive a Verona conosce la storia gloriosa di questo locale che una volta era una bottega, appunto, dove si andava a bere prima e dopo gli spettacoli dell’Arena e si mangiava anche qualcosa, più per accompagnare il vino che viceversa. Ora invece era un ristorante in piena regola, elegante e ben frequentato dove bisognava prenotare con largo anticipo, cosa che lui fece.
Ferdinand passò a prendere con un taxi la dottoressa sotto casa sua e disse all’autista dove volevano essere accompagnati. Lei era bellissima ed aveva una luce speciale negli occhi, molto diversi dal solito. “Beh sarà perché ormai mi conosce bene”, si disse Ferdinand.
La cena scorreva piacevolissima, il cibo eccellente ed il vino, di qualità pari al nome del ristorante, scorreva in abbondanza. Guarda caso, di fronte a Ferdinand sedeva una coppia bellissima; lui gli dava le spalle, lei il volto.
“Ohibò”, pensò Ferdinand, “questa scena l’ho già vista”. E incuriosito, cominciò a prestarci attenzione, cercando di non farsene accorgere dalla sua invitata.
La scena era identica alla volta precedente, lei cambiava continuamente espressione, passando dall’allegria alla noia, dalla gioia al compiacimento e così via, insomma sembrava di stare ad una scuola di recitazione. C’era però una differenza fondamentale rispetto all’altra volta.
La donna era sempre la stessa, era sempre lei, cambiava espressione ma restava fedele a s’è stessa, al suo essere. Mentre si decideva a comunicarlo alla dottoressa quale espressione di una guarigione definitiva, mise la mano in tasca e vi trovò uno scatolino, lo aprì incredulo e l’anello venne fuori scintillante.
A questo punto prese la mano della sua dame, che sedeva luminosa davanti al lui, e le chiese se poteva infilarglielo al dito. «Certamente, con grande gioia Ferdinand», rispose Anita, che se lo mangiava con gli occhi, pensando al proseguimento della serata.
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::autore_::di Mario Attanasio::/autore_:: ::cck::922::/cck::